RELAZIONI: quanta fatica!

ARTICOLO SCRITTO DA: GABRIELLA FANARA E ANNABELLA COIRO FORMATRICI SCUOLA OLTRE

“Il trasmettere è uno spedire che sovente ignora chi lo riceverà.

Il comunicare presuppone partecipazione personalizzata,

attiva nell’esprimere e al contempo nell’ascoltare, nel ricevere”.

Danilo Dolci

Jonathan questa mattina è entrato in classe ombroso e accigliato. Non rivolge la parola a nessuno. Prende a calci lo zaino di un compagno che, a suo parere, gli ha impedito di passare. Siede al suo posto e sistema il materiale con lo sguardo assente. L’inizio della lezione non cambia il suo cattivo umore; devo riprenderlo più volte per un esercizio banale, mentre oggi dovrei andare avanti con gli Etruschi…

Sono le 10.00, Lucia ed Elisabetta stanno giocando tranquillamente nell’intervallo con le amiche. D’un tratto abbandonano il gioco e mi chiamano a gran voce. Si lamentano l’una dell’altra per gioco scorretto e sollecitano il mio intervento perché vogliono avere entrambe ragione. Cerco di capire cosa sia successo, ma Lucia con un gesto di stizza si allontana piangendo e mi accusa di dar sempre ragione ad Elisabetta…

E siamo solo a metà mattinata! 


Quante volte a scuola viviamo la frustrazione di non riuscire a fare quello che avevamo programmato, perché il “fuori” entra prepotentemente in classe assieme ai nostri alunni e alunne. C’è capitato almeno una volta di sentirci forzatamente messi nel ruolo di giudice che deve stabilire i torti e le ragioni in qualunque disputa, nelle attività didattiche come nell’intervallo, mentre vorremmo avere strumenti efficaci per aiutare bambini e bambine a cavarsela da soli. E quanto spesso percepiamo di non essere ascoltati e ci tocca dover ripetere sempre le stesse cose. L’elenco potrebbe essere infinito. Se in classe ci fosse un termometro emotivo a rilevare la temperatura in certi momenti della giornata, noteremmo quanto spesso le emozioni come ansia, paura, rabbia finiscano per salire così tanto da far diventare tutto estremamente complicato e in grado di alterare l’atmosfera faticosamente conquistata, quando non addirittura compromettere le relazioni. Il clima sereno e collaborativo che abbiamo cercato di costruire sembra vacillare e, come ne «La Grande Onda» di Hokusai, la nostra classe improvvisamente assume la gamma cromatica della tavolozza di un pittore impressionista, con sfumature emozionali così varie da lasciarci disorientati.

In questi momenti non è facile condurre una lezione, e una tipica reazione “a caldo” rischia di prendere il sopravvento: 

  1. A) Alzare la voce e, con tono deciso, adottare la soluzione di chi ha la responsabilità in classe? In fin dei conti siamo noi a dover avere il polso della situazione… o no?
  2. B) Ignorare il problema sperando che si risolva da solo, come già capitato altre volte? 

Per quanto ci arrampichiamo sugli specchi, le alternative A e B non ci convincono. Non potrebbe essere altrimenti, poiché non sono soluzioni durature.

Sappiamo, infatti, che non esiste una ricetta valida per ogni situazione e che le strategie adottate in precedenza non è detto che funzionino sempre. Anche se, nella migliore delle ipotesi, ci adoperiamo a tamponare il problema estraendo il classico “coniglio dal cappello” e proviamo ad adottare scorciatoie intuitive che le nostre convinzioni individuali, o le esperienze pregresse, ci permettono di utilizzare, ci ritroviamo sempre allo stesso punto… Perché il problema non è solo trovare una soluzione “ora”, ma individuare una modalità duratura che, oltre a risolvere una situazione temporanea, possa aiutare a migliorare le competenze trasversali necessarie per una convivenza sana di futuri cittadini e cittadine.

Gestire il conflitto e, meglio ancora, trasformare il conflitto è strettamente legato agli aspetti relazionali quotidiani che sono anche alla base della didattica e, in ogni caso, della vita scolastica.

Considerando poi che in questo momento il sistema scolastico si trova sotto pressione per vari motivi, il rischio di esplosioni della conflittualità implicita ed esplicita è altissimo. 

Sarebbe un grande vantaggio se potessimo avere consapevolezza di alcuni strumenti di base, una sorta di grammatica relazionale che poi possiamo applicare a situazioni professionali, ma anche personali. La nostra esperienza ci conduce raramente a conoscere questi strumenti perché non sono stati parte dell’educazione familiare o della nostra formazione scolastica e spesso nemmeno di quella professionale. 

Dal 2012 le Indicazioni Nazionali hanno sottolineato l’importanza delle competenze trasversali, che sono state poi ribadite nel 2018; inoltre, con l’introduzione dell’Educazione Civica si è ancor più rafforzata la necessità di costruire una società in cui si è in grado di vivere una relazione democratica ed evolutiva. Sono diventati tutti temi da approfondire a scuola. Purtroppo le modalità sono rimaste nel cassetto di qualcunə… infatti le iniziative sono a carico di docenti volenterosə e sensibili a questi argomenti che, con i propri strumenti, trovano il modo di far sviluppare queste competenze.

In tale direzione è stata costruita la rete ED.UMA.NA (Educazione Umanista alla Nonviolenza Attiva) fondata da docenti, dirigenti e persone con varie professionalità, che hanno voluto mettere le relazioni non-violente al centro del benessere bio-psico-sociale di alunni e alunne e di ogni soggetto della comunità scolastica. Nello specifico, l’intento è stato quello di costruire una mappa di azioni, metodi, strumenti, che modificano l’ambiente educativo partendo dalle modalità relazionali degli adulti tra di loro e degli adulti con bambinə e ragazzə. Questo contesto educativo agisce preventivamente  e in modo significativo sulla  diminuzione delle azioni discriminanti e violente di ogni tipo. 

Da questa sperimentazione sono nati alcuni strumenti applicabili in classe, alcuni dei quali in grado di dare una forma anche alla trasformazione dei conflitti, per allenare al dialogo e all’ascolto dell’altro come princìpi prioritari nella relazione tra esseri umani. 

Tra questi strumenti, per esempio, le ‘Carte del Dialogo’ sono un percorso concreto da scoprire insieme ad alunni ed alunne in classe. Attraverso alcuni passi ci si allena ad esercitare le modalità che conducono ad una relazione empatica, a un pensiero creativo che tenga conto delle emozioni e dei bisogni propri e dell’altro, imparando a comunicare in modo generativo e nonviolento.

I passi sono stati costruiti coniugando diverse esperienze, studi di pedagogistə contemporanei, regole sapienziali e filosofie africane.

Scopriamone alcuni:

  • NON GIUDICARE, NON GIUDICARSI: è essenziale per iniziare un dialogo senza pregiudizio.
  • RICONOSCERE la SITUAZIONE EMOTIVA distinguendo la propria da quella altrui.  
  • SAPERSI FERMARE, per calmare quello stato di particolare confusione che non permette alla corteccia prefrontale di esprimersi al meglio.
  • COMPRENDERE LE PAURE che sono alla base del proprio conflitto.
  • VERIFICARE cosa si è capito delle parole dell’altro, momento cruciale in ogni dialogo.
  • CERCARE PROPOSTE CREATIVE al plurale, perché non c’è mai una sola soluzione. 
  • TRATTARE L’ALTRƏ COME SI VUOLE ESSERE TRATTATƏ è la Regola d’Oro, il jolly di ogni situazione alla base della nonviolenza secondo l’Umanesimo Universalista, tanto semplice quanto poco applicata. Fondata sul mutuo riconoscimento, essa identifica la relazionalità dell’essere umano ed è alla base di tutte le principali correnti religiose e sapienziali, fino ad essere definita come etica universale. Tutt’altro che teorico, questo principio non prescrive cosa devi fare all’altro in modo determinato, ma educa a trovare nel Sé autentico il modo con cui guardare sé stessə e l’altro. Identità e alterità non sono altrove, ma sono dentro di noi.

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