Che (s)fortuna essere uomini!
Proprio nel giorno della cosiddetta “festa della donna”, della quale non ho mai trovato alcuna giustificazione non essendo le donne una “categoria” speciale da proteggere ma più della metà del genere umano, ad un anticonformista come me è venuta l’idea di scrivere un articolo sui presunti vantaggi degli uomini nella nostra società moderna. Sì, presunti, perché nella realtà è difficile vedere dove stiano le millantate difficoltà delle donne a far carriera o ad avere gli stessi diritti dell’altro sesso, dato che abbiamo una donna Presidente del Consiglio, un’altra segretaria del maggior partito di opposizione, altre che sono ai vertici dello Stato, delle Istituzioni, della Magistratura e via dicendo. Non sarà che questa lotta per la “parità” è diventata un luogo comune senza consistenza, visto che in certi casi dovremmo essere noi uomini a lamentarci di essere discriminati?
Gli aspetti da sottolineare sarebbero tanti, e bisogna limitarsi a fare qualche esempio, partendo dal mondo del lavoro. Questa storia che le donne sarebbero pagate di meno per svolgere le stesse mansioni è una sciocchezza, perché in base all’art. 3 della Costituzione non può esistere un contratto lavorativo che faccia differenze retributive tra i sessi; se a volte gli uomini guadagnano di più è solo perché sono più disponibili a fare straordinari o a compiere compiti particolarmente impegnativi. Ma a livello di diritto non può esserci differenza, altrimenti i datori di lavoro assumerebbero solo donne, visto che sarebbero pagate di meno. Eppure questa storiella gira da tanto tempo e nessuno la contraddice.
Caso mai è vero il contrario: non solo le donne svolgono ormai tutti i lavori un tempo solo maschili, ma vi sono ambienti e compiti in cui sono chiaramente privilegiate. Quanti uomini ci sono negli asili nido e nelle scuole materne? Quasi nessuno, eppure la Costituzione parla chiaro sull’uguaglianza dei generi; in tal caso, però, non è da insistere più di tanto, perché in effetti questo tipo di lavoro è sempre stato tipicamente femminile, ed io stesso faccio fatica ad immaginare un uomo che gioca con i bambini di un anno, dà loro la pappa o cambia il pannolino. So di essere retrogrado, ma io sono di quelli che ancora ritengono che esistano mansioni più maschili ed altre più femminili, visto che uomini e donne sono diversi non solo fisicamente ma anche dal punto di vista mentale e psicologico. In altri casi poi l’essere donna, soprattutto se di bella presenza e con poche inibizioni, costituisce un altro indubbio vantaggio per entrare in certi ambienti e svolgere determinate professioni; ma qui non è necessario specificare ulteriormente, chi vuol comprendere comprenda.
Nella vita quotidiana accade spesso che la mentalità comune tenda ad essere dalla parte delle donne, anche quando la verità è incerta. Prendiamo i casi di separazione tra coniugi. In tali casi, specialmente quando ci sono figli, la stragrande maggioranza dei giudici tende pregiudizialmente a dare ragione alla moglie, considerata il coniuge più debole: accade così che la casa coniugale, magari di proprietà del marito, viene assegnata alla moglie che spesso vi riceve anche il nuovo “compagno” e vi alleva i figli mettendoli contro il padre. Alcuni di questi uomini, privati di tutto dalle mogli, si riducono a dover tornare a casa dei genitori o peggio a vivere in macchina, oltretutto senza poter vedere i figli se non quando piace alla signora ex moglie. E’ giustizia questa, mi chiedo? E c’è da valutare anche un’altra cosa: che talvolta le donne ricorrono ad una ignobile vigliaccheria, quella di accusare falsamente il marito di maltrattamenti in famiglia (e spesso persino di violenza sessuale verso di loro o le figlie) per rovinare l’uomo e magari mandare in galera un innocente. Casi di questo genere, cioè di accuse false, ce ne sono a centinaia, e le accusatrici sono quasi sempre donne. Ci sono alcuni avvocati che si occupano esclusivamente di questo argomento e raccontano storie terrificanti di mariti condannati e disprezzati dall’opinione pubblica quando erano del tutto innocenti. Con ciò io non intendo affatto nascondere l’effettiva esistenza della violenza sulle donne, che va condannata con il massimo rigore ma non ritenuta unica nel suo genere, perché la violenza purtroppo si esercita verso chiunque e in svariatissime forme.
La mentalità comune, nutrita delle fobie trasmesse dalla televisione, ha spesso condannato moralmente gli uomini anche quando non vi era da parte loro alcuna cattiva intenzione. Un esempio: la bellezza, l’ingenuità e la dolcezza dei bambini piace a chiunque abbia un animo sensibile. Se perciò una donna fa una carezza o dà un bacio a un bambino o una bambina, nessuno trova nulla da ridire; ma se lo fa un uomo si sente subito guardato male, con ostilità e disprezzo dagli astanti, perché la perversione della gente ignorante nutre verso questo gesto spontaneo l’orribile sospetto della pedofilia. Perciò un uomo deve stare attento a non guardare neanche i bambini, né tanto meno scattare loro una fotografia, perché subirebbe un’aggressione morale e forse anche fisica. A questo siamo arrivati a causa delle menzogne propagate dalla televisione, per le quali la colpa di qualche singolo malato mentale viene rigettata su tutto il genere maschile, diventa la colpa di tutti i maschi. Basta essere uomini per essere investiti da una serie di pregiudizi e di falsità che è difficile, se non impossibile, scrollarsi di dosso.
In conclusione, continuare a chiamare maschilista la nostra società è, secondo me, un luogo comune privo di consistenza. Se in alcuni ambienti le donne sono poche è perché sono meno interessate a quel tipo di attività, mentre nella realtà nessuno impedisce loro di far carriera; anzi, tengono tanto alla carriera che molte di loro si sono dimenticate della loro femminilità ed hanno rinnegato la maternità, il che fa sì che oggi nel nostro Paese nascano pochissimi bambini e che presto saremo soppiantati dai figli degli immigrati. Se una società del genere sembra giusta a qualcuno, meglio per lui (o lei); io la vedo diversamente ma, lo sa chi mi conosce, io sono un inguaribile reazionario, uno che vive in un’epoca che non esiste più.
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