Dall’apostrofo alla geografia linguistica

A volte, l’attività didattica prevista in classe può “deragliare”. Segue gli stimoli offerti dai bambini e si inerpica per altri percorsi. Maria Concetta Messina li chiama “rivoli”, fili d’acqua che lasciano il letto del fiume per esplorare nuovi paesaggi, rendendo interessanti e vitali le lezioni.

Ho da poco raccontato di una lezione sull’apostrofo tenutasi nelle classi seconde in cui ogni tanto lavoro, per tenere in piedi una forma di ancoraggio alla didattica d’aula.

Gli alunni delle due classi, uniti per l’occasione in un’unica aula, erano chiamati alla lavagna a scrivere e a ragionare sull’uso dell’elisione nella nostra lingua e, di volta in volta, la corposa platea doveva intervenire per verificare e correggere il lavoro.

Nonostante non fosse facile contenere quell’orda eccitata dall’inaspettato trovarsi assieme, l’attività si stava svolgendo regolarmente sino a quando alla lavagna è stato invitato Lin.

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