Che cos’è l’intelligenza emotiva?

ARTICOLO SCRITTO DA: CRISTINA GALLOSTI,  AUTRICE SCUOLA OLTRE

L’intelligenza emotiva si potrebbe definire come quell’intelligenza volta alla conoscenza e alla valorizzazione delle emozioni, in modo tale che queste possano poi diventare nostre alleate e non un ostacolo al raggiungimento dei nostri scopi e obiettivi. Si dice che una persona è emotivamente intelligente quando è in grado di riconoscere le proprie emozioni, di saperle gestire e controllarle in pubblico, per esempio, ma è anche in grado di sapersi concentrare in vista dei propri scopi e dei propri obiettivi, riesce a entrare in empatia con gli altri e ad avere rapporti positivi che possono portare benefici nella propria vita.

L’intelligenza emotiva ci spiega come la parte razionale del nostro cervello e la parte emotiva non entrano in opposizione, ma possono armonizzarsi tra di loro. 

Le emozioni possono condizionare i nostri comportamenti e spingerci a fare qualcosa di positivo ma possono anche bloccarci. 

Nel rapporto con gli altri diventa fondamentale utilizzare l’intelligenza emotiva, in equilibrio tra la nostra parte razionale e la nostra parte sensibile ed emozionale.  Viceversa, l’emozione della paura si può attivare di fronte a un pericolo e ci permette di evitarlo. Se opportunamente gestite queste emozioni possono aiutarci nella vita quotidiana a compiere delle azioni per vincere o per evitare situazioni di pericolo. 

Queste componenti socio-emotive, non sono soltanto un dono naturale delle persone, una caratteristica, una predisposizione innata, ma si possono anche coltivare e migliorare, per esempio a scuola, con dei programmi scolastici adeguati e delle metodologie finalizzate proprio al favorire lo sviluppo dell’empatia. 

È un lavoro impegnativo che aiuta a migliorare sia le proprie relazioni interpersonali che raggiungere i propri obiettivi all’interno di un team di persone, di un gruppo di lavoro e nelle relazioni familiari. 

L’intelligenza emotiva è quindi la capacità di sviluppare delle competenze finalizzate a farci vivere meglio tutte le situazioni della vita attraverso alcune qualità fondamentali che non devono assolutamente mancare, come l’autocontrollo, l’entusiasmo, la capacità di auto-motivarsi e di relazionarsi positivamente con gli altri.

Per arrivare a queste qualità Daniel Goleman introduce il concetto di autoconsapevolezza: la capacità di sapersi guardare dentro, di saper analizzare i propri processi di pensiero e, soprattutto, le proprie emozioni, cercare di capirle e dar loro un nome, accettarle senza mai giudicarle.

Tutto questo significa riuscire a motivare sé stessi a persistere nel proprio obiettivo, malgrado gli insuccessi, per superare situazioni che possono generare frustrazione, per controllare i propri impulsi e modulare i propri stati d’animo, senza mai perdere di vista quello che è l’obiettivo.

L’intelligenza emotiva si basa su due grandi competenze di base: la competenza personale e la competenza sociale. La prima altro non è che la conoscenza e la consapevolezza di sé stessi, mentre la competenza sociale è determinata da come noi gestiamo le relazioni con gli altri, è cioè la nostra capacità di vestire i panni dell’altro, di entrare veramente in empatia.

Si può esercitare l’intelligenza emotiva, se si hanno tre caratteristiche principali: autoconsapevolezza, autocontrollo ed empatia.

La prima consiste nel saper riconoscere le emozioni quando si manifestano, il saper dare loro un nome e il saperle accettare. Questo vuol dire cercare di entrare in contatto con sé stessi e con quella che può essere definita l’intelligenza intrapersonale: leggere le proprie emozioni, cercare di capirle, riconoscerle e non giudicarle. Ciò implica un’analisi che porta a capire quelli che sono i propri punti deboli, i punti di forza, e a capire come potersi migliorare sapendo anche accettare di buon grado quelle che sono le critiche costruttive. Essere consapevoli delle proprie capacità vuol dire anche avere fiducia in sé stessi. La seconda condizione dell’intelligenza emotiva è l’autocontrollo, capacità strettamente legata all’autoconsapevolezza, che permette di riconoscere le proprie emozioni, accettarle e dominarle senza reprimerle, senza farsi travolgere. 

Succede spesso che le emozioni forti e anche negative siano accompagnate da pensieri totalmente illogici. Per esempio, tendiamo a generalizzare una situazione, quando c’è un’emozione negativa. L’emozione ci travolge talmente tanto che ci fa dire “io non ci riuscirò mai”, “capita sempre solo a me”, eccetera. Questi sono pensieri illogici che vanno assolutamente allontanati dall’emozione stessa, relativizzando l’emozione a quell’episodio, senza generalizzare.

La terza caratteristica è l’empatia. Una volta lavorato sulle emozioni, sul riconoscimento di esse, si può finalmente cominciare il lavoro con gli altri, quello di relazione: permettersi di vestire i panni dell’altro, cercando di capire i motivi che hanno spinto la persona a reagire in un determinato modo di fronte a una situazione. Questo vuol dire cercare di capire i sentimenti o le emozioni che hanno generato quel comportamento. Ciò si può attuare soltanto attraverso un ascolto attivo e partecipativo, dove non ci si concentra solo su ciò che la persona dice, ma soprattutto sul linguaggio non verbale e paraverbale. Il processo empatico si basa proprio sulla connessione emotiva con l’altro cercando di percepirne i sentimenti e le emozioni senza lasciarsi travolgere. Si tratta di un cercare di vestire i panni dell’altro, rimanendo però fedeli ai nostri valori, alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti.  

Detto questo, come possiamo cercare di migliorare la nostra capacità empatica, verso noi stessi e gli altri, per comprendere il mondo nel suo insieme

“Questa comprensione richiede un pensiero sistemico, che vada oltre il semplice “A causa B”, quel modo di pensare “c’è sempre una risposta giusta” caratteristico del sistema educativo tradizionale[…]. Come dimostrano molte ricerche, gli strumenti di autogestione e autoconsapevolezza offerti dall’educazione sociale ed emotiva migliorano l’efficienza di ogni tipo di apprendimento: se un ragazzo può calmare le proprie emozioni disturbanti può anche pensare più chiaramente ai sistemi.”

See Learning è un programma internazionale ideato per promuovere l’apprendimento sociale, emotivo ed etico, rivolto ad alunni di tutto il mondo, dalla Scuola dell’Infanzia a quella Secondaria. 

Una struttura pedagogica per insegnare competenze cognitive emotive e sociali a persone di ogni età e in tutto il mondo. Il See Learning include tre ambiti che sono aspetti di esperienza della nostra vita come esseri umani:

TRE AMBITI TRE DIMENSIONI
Personale ATTENZIONE E CONSAPEVOLEZZA DI SÉ COMPASSIONE PER SÉ STESSI AUTOREGOLAZIONE
Sociale CONSAPEVOLEZZA INTERPERSONALE COMPASSIONE PER GLI ALTRI COMPETENZE RELAZIONALI
Sistemico COMPRENDERE L’INTERDIPENDENZA RICONOSCERE LA NOSTRA COMUNE UMANITÀ IMPEGNO PER LA PROPRIA COMUNITA’ E PER IL MONDO

Sicuramente l’empatia è una dote innata che sviluppiamo tutti crescendo nelle interazioni sociali e può essere sostenuta sin da bambini. Ci sono alcune attività, che propongo anche in sezione, utili per aiutare a incrementarla e a migliorarne la qualità.

  1. Riconoscere le nostre emozioni.  In sezione abbiamo creato un pannello ispirandoci al libro I colori delle emozioni. Durante l’appello, i bambini e le bambine scelgono dei cartoncini del colore corrispondente all’emozione e li mettono in appositi barattoli. L’insegnante li stimola attraverso domande, per esempio: “Come mi sento in questo momento? Mi sento triste, felice, arrabbiato, impaurito o calmo? Perché? Che cosa è successo? Prova a spiegarlo agli amici”. Questo permette ai bambini di entrare in contatto con le emozioni, indentificarle e provare a parlarne.

2. Proporre attività come ascoltare una canzone o leggere un libro tenendo un quaderno dove disegnare le emozioni, o rappresentare attività che suscitano alcuni tipi di emozioni. Questo può essere molto utile perché mette i bambini in contatto con tutto il loro vocabolario emotivo, lo allarga, può aiutare a riconoscere le emozioni.

3. Un altro punto fondamentale è quello dell’ascolto. Sembra banale dirlo perché se nella vita frenetica di ogni giorno guardiamo da una parte all’altra, siamo bombardati di informazioni e spesso trovare il tempo di ascoltare gli altri diventa quasi un’impresa. In realtà se vogliamo migliorare il nostro modo di porci in ascolto attivo, dobbiamo osservare a 360° il bambino, mentre sta interagendo con noi, cercando di cogliere le emozioni che ci vuole comunicare anche attraverso il linguaggio del corpo, senza interromperlo fin quando non abbia finito di parlare. Laddove abbiamo ancora qualche dubbio, è importante porre delle domande di interesse, di approfondimento, per avere un quadro più completo rispetto a quello che ci è stato comunicato. Nel momento in cui restituiamo all’interlocutore un nostro pensiero rispetto a quello che ci è stato detto, la cosa fondamentale è quella di evitare il giudizio. Il giudizio passivo è fine a sé stesso e può anche inibire il processo empatico che si stava formando. 

 In conclusione, con lo sviluppo dell’alfabetizzazione emotiva diventiamo capaci di:

• riconoscere e identificare le emozioni che sperimentiamo. Le emozioni sperimentate da noi e dagli altri sorgono in base a condizioni, contesti e bisogni diversi;

• discernere gli effetti di diverse emozioni su noi stessi e sugli altri, distinguendo tra emozioni salutari e rischiose;
• gestire e autoregolare le nostre emozioni e reazioni con efficacia e intelligenza per il benessere proprio e altrui.

Tutto ciò è fondamentale per accrescere anche le nostre competenze sociali e arricchirci dal confronto con l’altro.

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