Libri consigliati: 11 testi di crescita personale imperdibili

Sempre più insegnanti iniziano un percorso di crescita personale attraverso libri e corsi. Un insegnante ben preparato e consapevole della propria pratica didattica, favorisce il processo di crescita educativa degli studenti. Una ricerca pubblicata su Psychology Today ha evidenziato come l’attenta guida di un educatore nei primi anni di scuola aiuti il 75% dei bambini a migliorare le capacità di analisi critica. Inoltre, l’autovalutazione degli insegnanti rappresenta un fattore di crescita e di cambiamento fondamentale per migliorare l’insegnamento e favorire l’apprendimento degli studenti. Ovviamente la crescita personale è valida per tutti, e non solo per i docenti.

Libri di crescita personale consigliati

Oggi vogliamo proporvi una lista di 11 libri per la crescita personale da non perdere. Magari alcuni li avrete già letti, ma forse potete trovare qualche spunto utile per le vostre prossime letture. Non si tratta solo di libri di crescita personale pura, ma anche di psicologia e self-help. Soffermatevi sui titoli che vi attirano di più. La letteratura è ricca di libri interessanti su questa tematica, e la lista che segue sicuramente raccoglie 10 tra i migliori in assoluto.

  1. Come trattare gli altri e farseli amici – Dale Carnegie. Uno dei libri di crescita personale più letti in assoluto. Nonostante sia datato, resta sempre attuale e citato spesso nei corsi e da tutti i coach. Imperdibile.
  2. Massimo rendimento – Brian Tracy. Strategie, tattiche, idee, concetti e paradigmi usati da tutti i più grandi performer in ogni campo e in ogni tempo. Uno dei manuali più completi dello scrittore. Da leggere e rileggere.
  3. Le 7 regole per avere successo – Stephen R. Covey. Un best seller conosciutissimo, piccolo ed estremamente efficace. Un altro pilastro per tutti gli appassionati di formazione. Permette di aumentare la capacità di raggiungere obiettivi personali e professionali, ma anche di sviluppare migliori relazioni private e di lavoro
  4. The slight edge – Jeff Olson. Purtroppo questo libro è disponibile (al momento) solo in lingua inglese, ma se avete dimestichezza con la lettura in lingua straniera, vale assolutamente la pena.
  5. Psicosoluzioni – Giorgio Nardone. Nardone guida il lettore, mediante aneddoti, metafore, dissertazioni e storie di terapie, in un viaggio alla scoperta dell’arte di risolvere complicati problemi umani mediante soluzioni semplici.
  6. Una cosa sola – Gary Keller. Il multitasking è il peggiore nemico della produttività. E il prezzo da pagare è troppo elevato. Questo testo insegna che ‘una cosa sola’, basta e avanza.
  7. Il gabbiano Johnatan Livingston – Richard Bach. Romanzo breve e per certi versi infantile, ma con un grande insegnamento. Da consigliare anche agli studenti. Johnatan è il simbolo di chi ha la forza di ubbidire alla propria legge interiore; di chi prova un piacere particolare nel far bene le cose a cui si dedica. Come gli insegnanti.
  8. Pensa e arricchisci te stesso – Napoleon Hill. Questo libro non ha bisogno di presentazioni. Hill è stato un autore particolare, e non per forza deve essere apprezzato da tutti. Ad ogni modo, in diverse parti il libro resta uno dei capisaldi dello sviluppo personale e bisogna leggerlo, anche solo per capire il motivo del suo successo.
  9. La via del guerriero di pace – Dan Millman. Non è un manuale tecnico, ma è sicuramente un romanzo di ispirazione tratto da una storia vera. Se vi piace, potete leggere i libri che seguono dello stesso autore.
  10. Le armi della persuasione – Robert Cialdini. Le leve in grado di influenzare le decisioni delle persone: è questo il contenuto del libro di Cialdini. La conoscenza degli schemi di persuasione non solo consente di diventare un persuasore ancora più abile, ma permette anche di difendersi da coloro che, in maniera non sempre etica, cercano di influenzarci.
  11. La dittatura delle abitudini – Charles Duhigg. Impara come si formano le abitudini, come si sradicano quelle negative e si instaurano quelle positive. Uno dei migliori testi sull’argomento.

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La Ricerca-Azione

La Ricerca-Azione

Strumenti, metodologie e buone prassi

 di Bruno Lorenzo Castrovinci

L’insegnamento è un processo in continua evoluzione, in cui i docenti non si limitano a trasmettere conoscenze, ma si interrogano costantemente sull’efficacia delle proprie metodologie didattiche. La ricerca-azione si configura come uno strumento fondamentale per riflettere criticamente sulla pratica educativa, trasformando l’aula in un laboratorio di sperimentazione continua. Attraverso questo approccio, gli insegnanti non solo testano nuove strategie, ma sviluppano una maggiore consapevolezza delle dinamiche di apprendimento degli studenti. L’analisi e la riflessione sulle pratiche adottate consentono di individuare punti di forza e criticità, favorendo un costante adattamento metodologico. In questo modo, l’educazione diventa un processo vivo, in grado di rispondere con flessibilità ai bisogni specifici di ogni studente, migliorando la qualità dell’insegnamento e l’efficacia dell’apprendimento.

La ricerca-azione si basa su un processo ciclico che include l’identificazione di un problema, la progettazione di un intervento, la sua implementazione, l’osservazione dei risultati e la riflessione critica sulle modifiche necessarie. Ogni fase di questo ciclo è essenziale per garantire un miglioramento progressivo della didattica e una costante evoluzione delle pratiche educative. L’identificazione del problema avviene attraverso l’osservazione attenta delle dinamiche di classe e l’analisi delle difficoltà incontrate dagli studenti. La progettazione dell’intervento prevede la definizione di obiettivi chiari e strategie mirate, calibrate sulle esigenze specifiche del gruppo classe.

L’implementazione dell’intervento rappresenta il momento in cui la teoria incontra la pratica: i docenti sperimentano nuove metodologie, adattandole in tempo reale alle risposte degli studenti. L’osservazione dei risultati permette di raccogliere dati significativi, sia quantitativi che qualitativi, utili per valutare l’efficacia dell’intervento. La riflessione critica, infine, è un passaggio imprescindibile per analizzare i risultati ottenuti, individuare eventuali criticità e apportare le necessarie modifiche. Questo metodo evita di fossilizzarsi su strategie inefficaci e favorisce un adattamento dinamico alle esigenze della classe. La ripetizione del ciclo consente di perfezionare costantemente gli interventi educativi, garantendo una maggiore qualità dell’insegnamento e una risposta più efficace alle sfide didattiche in continua evoluzione.

I diari di Bordo

Uno degli strumenti più efficaci della ricerca-azione è il diario di bordo, un registro personale che permette ai docenti di annotare le proprie osservazioni, riflessioni e intuizioni sulla didattica quotidiana. La scrittura riflessiva aiuta a individuare pattern ricorrenti, difficoltà emergenti e possibili soluzioni per migliorare l’approccio educativo. Questo strumento consente di tenere traccia dell’evoluzione delle strategie adottate, facilitando un confronto con le pratiche precedenti e rendendo il miglioramento un processo documentato e misurabile. Un diario ben strutturato dovrebbe contenere descrizioni dettagliate delle attività svolte, le reazioni degli studenti, eventuali criticità e idee per modifiche future. Inoltre, può includere grafici, mappe concettuali e schemi di sintesi per rappresentare in modo visivo l’andamento delle osservazioni.

La costanza nell’uso del diario di bordo trasforma questa pratica in uno strumento di auto-valutazione e crescita professionale, permettendo ai docenti di sviluppare una maggiore consapevolezza del proprio metodo di insegnamento. La riflessione sistematica facilita il passaggio da un’educazione intuitiva a una pratica più strutturata e basata su dati concreti. In alcune scuole, i diari di bordo vengono condivisi tra colleghi o utilizzati come base per incontri di aggiornamento e confronto professionale, contribuendo alla creazione di una cultura della ricerca didattica e della sperimentazione educativa.

Le rubriche di Valutazione

Le rubriche di valutazione rappresentano un altro strumento fondamentale nella ricerca-azione, poiché permettono di rendere il processo valutativo più strutturato e oggettivo. Definendo criteri chiari e misurabili, le rubriche consentono di valutare in modo trasparente le competenze e i progressi degli studenti, evitando ambiguità e soggettività nel giudizio. Un aspetto chiave delle rubriche è la loro capacità di descrivere diversi livelli di padronanza di una competenza, fornendo indicazioni precise su ciò che ci si aspetta dagli studenti a ciascun livello di apprendimento.

Una rubrica ben costruita facilita la comunicazione tra docenti, studenti e famiglie, rendendo il processo di valutazione più equo e comprensibile. Gli studenti, attraverso il confronto con i criteri stabiliti, possono identificare i propri punti di forza e le aree su cui lavorare per migliorarsi. Questo approccio favorisce l’autovalutazione e l’autonomia nello studio, spingendo gli studenti a sviluppare una maggiore consapevolezza delle proprie capacità.

Inoltre, le rubriche non sono solo strumenti di valutazione, ma anche di apprendimento: forniscono una guida chiara su come raggiungere determinati obiettivi, stimolando l’impegno e la motivazione. I docenti, dal canto loro, possono utilizzarle per monitorare costantemente i progressi della classe e adattare la didattica in base alle necessità emerse. Questo strumento consente di trasformare la valutazione in un processo formativo e non meramente giudicante, contribuendo a creare un ambiente di apprendimento più costruttivo e orientato alla crescita.

La documentazione condivisa e gli annuari

La condivisione delle esperienze di ricerca-azione tra i docenti è essenziale per la diffusione di buone pratiche e il miglioramento collettivo della didattica. Questo processo non solo favorisce la crescita professionale degli insegnanti, ma crea anche un ambiente scolastico più coeso e innovativo. In molte scuole, la documentazione di queste esperienze avviene attraverso report interni, annuari pedagogici o archivi digitali consultabili dal corpo docente. Questi strumenti fungono da repository di conoscenze e pratiche educative, consentendo agli insegnanti di apprendere dagli esperimenti didattici dei colleghi e di integrare nuove metodologie nella propria pratica.

Gli annuari e i report interni, oltre a raccogliere dati sulle strategie adottate, offrono un’analisi critica delle esperienze vissute in aula, identificando punti di forza e criticità delle metodologie sperimentate. La sistematizzazione di questi documenti non solo facilita il confronto tra insegnanti, ma consente anche di rendere la ricerca-azione un elemento strutturale della cultura scolastica, promuovendo una didattica basata sull’evidenza e sul miglioramento continuo. In alcune scuole, questi archivi digitali vengono integrati in piattaforme di condivisione e-learning, permettendo l’accesso a una vasta gamma di risorse e casi studio utili per la formazione continua dei docenti. Inoltre, la possibilità di documentare e analizzare le sperimentazioni didattiche attraverso strumenti strutturati contribuisce a rendere la scuola un vero laboratorio di innovazione pedagogica, in cui l’esperienza pratica e la riflessione teorica si incontrano in un ciclo virtuoso di miglioramento educativo.

Gli strumenti e le piattaforme digitali per la rendicontazione

Con l’avvento delle tecnologie digitali, la raccolta e l’analisi dei dati relativi alla ricerca-azione possono avvalersi di strumenti avanzati che trasformano la gestione della didattica e il monitoraggio dei progressi degli studenti. Piattaforme come Learning Analytics, Google Classroom, Moodle e software di gestione scolastica consentono di tracciare in tempo reale le performance degli alunni, offrendo una panoramica dettagliata dei punti di forza e delle aree di miglioramento. Questi strumenti raccolgono dati quantitativi, come risultati delle valutazioni, frequenza di accesso alle piattaforme e partecipazione alle attività, ma anche dati qualitativi, come commenti personalizzati degli insegnanti e feedback degli studenti sulle proprie esperienze di apprendimento.

L’integrazione di strumenti digitali nella ricerca-azione permette non solo di ottimizzare la raccolta delle informazioni, ma anche di elaborare analisi predittive che possono supportare il docente nel prendere decisioni informate. Le dashboard interattive e i report personalizzati semplificano la visualizzazione dei progressi nel tempo, evidenziando eventuali criticità e suggerendo strategie di intervento mirate. Inoltre, la possibilità di confrontare dati su scala istituzionale consente di individuare modelli di apprendimento ricorrenti e adottare misure proattive per migliorare le metodologie didattiche.

Questi strumenti favoriscono anche la collaborazione tra insegnanti e istituti, rendendo la condivisione delle esperienze più accessibile ed efficace. Attraverso ambienti di apprendimento virtuali, i docenti possono scambiarsi buone pratiche, analizzare congiuntamente i dati raccolti e co-progettare percorsi educativi basati sull’evidenza. La digitalizzazione della ricerca-azione rappresenta dunque un’opportunità unica per personalizzare l’insegnamento, aumentare l’efficacia delle strategie didattiche e costruire una scuola più reattiva e innovativa.

L’IA nella ricerca-azione

L’intelligenza artificiale sta emergendo come un’innovazione significativa nel campo della ricerca-azione educativa, rivoluzionando il modo in cui gli insegnanti analizzano i processi di apprendimento e personalizzano l’insegnamento. Grazie a sistemi di machine learning e analisi predittiva, l’IA è in grado di individuare schemi ricorrenti nel comportamento degli studenti, suggerendo strategie didattiche personalizzate e adattando il livello di difficoltà in tempo reale. Strumenti avanzati di tutoring basati su IA possono identificare lacune cognitive e proporre esercizi mirati, migliorando significativamente l’efficacia dell’apprendimento.

Oltre alla personalizzazione didattica, l’IA può supportare i docenti nella valutazione automatizzata di compiti e test, riducendo il carico di lavoro scolastico e consentendo di dedicare più tempo all’interazione diretta con gli studenti. Sistemi di analisi semantica e riconoscimento del linguaggio naturale consentono di valutare risposte aperte con maggiore precisione, fornendo feedback immediato e dettagliato agli studenti.

Un’altra applicazione innovativa dell’IA nella ricerca-azione è la capacità di elaborare grandi volumi di dati raccolti tramite piattaforme digitali, evidenziando trend e aree critiche che potrebbero altrimenti passare inosservate. Attraverso dashboard interattive e strumenti predittivi, i docenti possono ottenere un quadro dettagliato delle performance degli studenti, permettendo di intervenire tempestivamente per prevenire difficoltà di apprendimento o disimpegno.

Tuttavia, per sfruttare appieno il potenziale dell’IA nella ricerca-azione, è fondamentale che gli insegnanti abbiano accesso gratuitamente a questi strumenti attraverso convenzioni stipulate dal Ministero dell’Istruzione e del Merito e ricevano una formazione adeguata a integrare questi strumenti in modo efficace e critico. L’uso consapevole dell’IA non deve sostituire il ruolo educativo del docente, ma piuttosto fungere da supporto strategico per migliorare la qualità dell’insegnamento e l’efficacia delle strategie pedagogiche. Grazie a sistemi di machine learning e analisi predittiva, l’IA è in grado di individuare schemi ricorrenti nel comportamento degli studenti, suggerendo strategie didattiche personalizzate.

Ad esempio, strumenti di tutoring basati su IA possono adattare i contenuti alle esigenze specifiche di ciascun discente, migliorando l’efficacia dell’apprendimento. Inoltre, l’IA può supportare i docenti nella valutazione automatizzata di compiti e test, riducendo il carico di lavoro e consentendo di concentrarsi maggiormente sull’interazione diretta con gli studenti.

La pubblicazione su blog e riviste come disseminazione

Un aspetto cruciale della ricerca-azione è la disseminazione dei risultati e delle esperienze didattiche. La pubblicazione su blog educativi, riviste accademiche e piattaforme specializzate non solo permette di condividere le buone pratiche con una platea più ampia, ma contribuisce anche alla creazione di un patrimonio di conoscenze accessibile a tutta la comunità educativa. Questo processo genera un circuito virtuoso di confronto e aggiornamento tra docenti, fornendo opportunità di crescita professionale e facilitando il trasferimento di modelli didattici efficaci tra scuole e contesti formativi differenti.

Scrivere e pubblicare articoli sui metodi sperimentati in classe non solo valorizza il lavoro dei singoli insegnanti, ma aiuta anche a diffondere approcci innovativi, offrendo spunti e ispirazione ad altri educatori. La condivisione delle esperienze attraverso piattaforme digitali, social network e gruppi di ricerca pedagogica amplia ulteriormente il raggio d’azione della ricerca-azione, permettendo una disseminazione capillare delle innovazioni didattiche.

Inoltre, la documentazione pubblica delle esperienze favorisce un maggiore riconoscimento istituzionale della ricerca-azione, stimolando ulteriori investimenti nella formazione e nell’innovazione didattica. La collaborazione con enti di ricerca, università e istituti di formazione può trasformare i risultati ottenuti in progetti di sviluppo a lungo termine, con un impatto significativo sulla qualità dell’istruzione. Integrare la pubblicazione con webinar, conferenze e workshop consente di rafforzare ulteriormente la rete di diffusione, coinvolgendo un numero crescente di professionisti dell’educazione e incentivando la sperimentazione di pratiche didattiche basate su evidenze scientifiche.

L’osservazione come metodo di analisi

L’osservazione sistematica delle dinamiche di classe consente agli insegnanti di raccogliere dati preziosi sull’interazione tra gli studenti e sull’efficacia delle strategie didattiche adottate. Questo approccio, noto come osservazione partecipante, si basa sulla presenza attiva del docente nel contesto di apprendimento, consentendogli di rilevare non solo gli aspetti evidenti delle interazioni, ma anche quelli più sottili, come le dinamiche di gruppo, le emozioni e i livelli di coinvolgimento degli studenti.

Attraverso l’osservazione, i docenti possono identificare le difficoltà emergenti e intervenire in modo mirato, adattando le strategie didattiche in tempo reale. Un’osservazione efficace implica anche la raccolta di dati strutturati attraverso strumenti quali schede di rilevazione, griglie di osservazione e registrazioni delle lezioni, che permettono di documentare con precisione le dinamiche osservate e di analizzarle a posteriori.

L’analisi delle reazioni degli studenti consente ai docenti di individuare i metodi didattici più coinvolgenti e di identificare quelli che necessitano di adattamenti per ottimizzare il processo di apprendimento. Inoltre, l’osservazione partecipante può essere affiancata da interviste e momenti di riflessione con gli studenti, al fine di ottenere una comprensione più approfondita delle loro percezioni e dei loro bisogni educativi.

Il coinvolgimento degli studenti nel processo educativo

Un aspetto fondamentale della ricerca-azione è il coinvolgimento diretto degli studenti, che non solo permette di raccogliere feedback sulle attività didattiche, ma stimola anche un maggiore senso di appartenenza e partecipazione al proprio processo di apprendimento. Attraverso strumenti quali interviste, questionari e focus group, i docenti possono comprendere più a fondo le difficoltà, le percezioni e le aspettative degli studenti, adattando di conseguenza le strategie didattiche.

Favorire un dialogo aperto tra docenti e discenti non solo migliora la qualità dell’insegnamento, ma aiuta anche gli studenti a sviluppare capacità metacognitive, spingendoli a riflettere sulle proprie modalità di apprendimento e sui metodi più efficaci per migliorare le proprie prestazioni. Il coinvolgimento attivo degli studenti nella valutazione della didattica contribuisce a renderli più consapevoli del loro percorso formativo, rafforzando la loro motivazione intrinseca e aumentando il loro impegno nelle attività scolastiche. Inoltre, dare voce agli studenti e renderli partecipi delle scelte educative accresce il loro senso di autonomia e responsabilità, preparando futuri cittadini più critici e consapevoli del loro ruolo nella società.

Valutazione dell’efficacia degli interventi

Per comprendere l’impatto delle strategie educative adottate, è essenziale confrontare i livelli di competenza degli studenti prima e dopo l’introduzione di un nuovo metodo didattico. L’uso di test pre e post intervento fornisce dati oggettivi sui progressi compiuti, consentendo di valutare in modo scientifico l’efficacia dell’approccio sperimentato. Tuttavia, la semplice misurazione quantitativa non è sufficiente: è fondamentale integrare tali dati con strumenti qualitativi come interviste, osservazioni strutturate e analisi dei processi di apprendimento.

Un’analisi approfondita deve considerare non solo i risultati ottenuti, ma anche i fattori che possono aver influito sul cambiamento, come il livello di motivazione degli studenti, il contesto educativo e la qualità dell’interazione con l’insegnante. Inoltre, confrontare i dati con gruppi di controllo che non hanno seguito la nuova metodologia consente di isolare meglio gli effetti dell’intervento, evitando distorsioni interpretative.

Questo tipo di analisi permette di apportare eventuali modifiche mirate per affinare ulteriormente le metodologie utilizzate. Attraverso un monitoraggio costante e un approccio flessibile, i docenti possono adattare le strategie didattiche in modo dinamico, garantendo che l’innovazione adottata risponda realmente ai bisogni educativi degli studenti.

La ricerca-azione come motore di innovazione scolastica

L’applicazione della ricerca-azione nelle scuole promuove un ambiente di apprendimento più dinamico e flessibile, in cui docenti e studenti crescono insieme in un percorso di continua evoluzione. Attraverso l’analisi costante delle metodologie didattiche e la sperimentazione di nuove strategie, si sviluppa una cultura dell’innovazione che non solo migliora i risultati di apprendimento, ma stimola anche una maggiore motivazione e coinvolgimento da parte degli studenti. Questo approccio consente di adattare la didattica alle esigenze mutevoli della società e di valorizzare le diversità presenti nelle classi, promuovendo un’educazione più inclusiva ed equa.

Conclusioni

La ricerca-azione si configura come una leva fondamentale per il miglioramento della didattica e l’innovazione scolastica. La sua applicazione consente di superare un modello statico di insegnamento, trasformando le classi in contesti di apprendimento attivo e collaborativo. Gli strumenti analizzati, come i diari di bordo, le rubriche di valutazione e le piattaforme digitali, dimostrano come l’osservazione, la documentazione e la riflessione sistematica possano generare pratiche educative più efficaci e adattabili.

L’integrazione di strumenti digitali e intelligenza artificiale apre nuove possibilità per monitorare i progressi degli studenti e personalizzare i percorsi di apprendimento, migliorando la qualità dell’insegnamento. Tuttavia, affinché la ricerca-azione possa realmente incidere sul sistema scolastico, è necessario un accesso gratuito alle piattaforme digitali e all’IA e una formazione continua degli insegnanti, nonché un supporto istituzionale che ne favorisca la diffusione e l’applicazione.

In un mondo in costante trasformazione, la scuola deve essere un laboratorio di innovazione didattica, dove l’apprendimento non è solo trasmissione di conoscenze, ma anche esplorazione, riflessione e crescita condivisa. Solo attraverso un approccio dinamico e basato su evidenze, la ricerca-azione potrà diventare un pilastro per una scuola più efficace, inclusiva e capace di rispondere alle sfide educative del futuro.

La valutazione partecipativa o come apprendimento

La valutazione partecipativa o come apprendimento

di Pietro Boccia

Per quanto concerne la valutazione è da considerare che essa nella storia della scuola ha avuto connotazioni diverse, in base alla visione educativa della società. Sicuramente si è affermata, come modalità di monitoraggio e di controllo, quando lo Stato ha incominciato a erogare istruzione. Storicamente la scuola italiana, nel campo della valutazione, ha attraversato tre fasi, vale a dire: autoritaria e selettiva, democratica ed egualitaria, equa e inclusiva.

La prima (autoritaria e selettiva) è la fase nella quale la valutazione è stata misurazione delle conoscenze attraverso i voti. Il rapporto educativo è stato, in tal caso, un paradigma selettivo, impostato, a livello didattico, sui programmi ministeriali e a livello psicologico sullo stimolo/ risposta (comportamentismo). La seconda (democratica e egualitaria) è la fase che inizia negli anni Sessanta del Novecento e introduce il paradigma dell’uguaglianza delle opportunità educative all’interno della società. Non è più sufficiente valutare le conoscenze ma bisogna anche considerare le abilità, concentrando l’attenzione sugli allievi. A livello didattico ai programmi ministeriali si accompagna la programmazione, elaborata dai docenti sui bisogni degli studenti, e a livello psicopedagogico chi apprende acquisisce centralità e diventa attivo (cognitivismo-attivismo).

In tale fase già si ha la necessità di stabilire che l’apprendimento non può essere misurato con un voto ma deve essere descritto (Art. 4 della Legge n. 517/1977). L’ultima, quella equa e inclusiva, è la fase, nella quale ogni allievo deve essere costruttore della propria conoscenza (psicologia e pedagogia del costruttivismo) per diventare, attraverso l’acquisizione dei contenuti, delle abilità e delle competenze, autonomo e responsabile. A livello didattico, lo Stato, all’avvento del Regolamento dell’autonomia (DPR n. 275/1999 e della riforma costituzionale (Legge n. 3/2001), non può più imporre i programmi ministeriali con la relativa programmazione delle singole istituzioni scolastiche, ma stabilire soltanto i livelli essenziali di prestazione attraverso le Indicazioni nazionali e le Linee guida.

Con la terza fase, la valutazione non può più immaginare di poter misurare solo gli apprendimenti, ma deve anche promuovere l’autovalutazione, facendo acquisire ad ognuno la consapevolezza critica non solo della propria identità, dell’autonomia e delle competenze ma anche della cittadinanza attiva. La valutazione diventa, così, un processo dinamico e circolare, che implica la padronanza consapevole della progettazione educativa e didattica; essa precede, accompagna e segue tutto il percorso dell’acquisizione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze. L’atto valutativo, come processo, esplicita, in maniera permanente, una valenza formativa attraverso l’osservazione, il riconoscimento e la valorizzazione degli apprendimenti acquisiti, a livello formale, non formale e informale.

Il comma 4 dell’art. 2 del DPR. n. 249/1998 stabilisce che lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola. I dirigenti scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto, attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di programmazione e definizione degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale didattico. Lo studente ha, inoltre, diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento. Per tale motivo la valutazione, oltre ad essere diagnostica o iniziale, formativa o per l’apprendimento e sommativa o dell’apprendimento, deve essere partecipativa o come apprendimento, coinvolgendo l’intero gruppo o classe e gli allievi, soggetti a verifica su tutti gli argomenti progettati e svolti nel curricolo, al processo dell’attribuzione della valutazione del docente. Nell’attuare tale metodologia, ho dovuto personalmente constatare l’obiettività nell’attribuire la valutazione sia delle classi, interessate e attente durante la verifica, sia degli allievi coinvolti. Una valutazione, intesa in tal modo, nella sua articolazione:

attiva le azioni di progettazione da intraprendere per perseguire gli obiettivi di apprendimento e per sviluppare le competenze (valutazione iniziale o diagnostica);

orienta e regola le azioni per permettere di documentare a chi apprende lo sviluppodell’identità personale, concorrendo all’apprendimento permanente e al successo formativo (valutazione in itinere e formativa o per l’apprendimento). “La valutazione – è scritto nella Certificazione delle competenze della Nota ministeriale n. 312/2018 per il primo ciclo ma validissima anche per il secondo ciclo – diventa formativa quando si concentra sul processo e raccoglie un ventaglio di informazioni che, offerte all’allievo, contribuiscono a sviluppare in lui un’azione di autorientamento e di autovalutazione”;

promuove, in base all’art. 1 del D.lgs. n. 62/2017, al DPR n. 122/2009 e all’art. 4 del DPR n. 249/1998, riformato dal DPR n. 235/2007 con l’introduzione all’art. 5 bis del Patto educativo di corresponsabilità, l’autovalutazione, attraverso una valutazione autentica, e, pertanto, la partecipazione attiva di chi apprende, facendo assumere a ciascuno consapevolezza critica in relazione all’acquisizione del successo formativo (valutazione partecipativa o come apprendimento).

Gli allievi, supportati da chi insegna, devono gradualmente assumere, con un approccio metacognitivo, la competenza personale, sociale e la capacità di imparare a imparare dell’Unione europea (22 maggio 2018) per valutare con equilibrio gli altri e se stessi (autovalutazione);

– favorisce il bilancio critico sulle azioni operate e condotte a termine per regolare e migliorare l’apprendimento (valutazione sommativa o dell’apprendimento).

La valutazione sommativa o dell’apprendimento, nella sua dinamicità e nella circolarità, è, come processo, la base per un nuovo apprendimento e, quindi, è anch’essa formativa.

La valutazione diventa, in tal modo, un processo, che, nel coinvolgimento di tutti gli attori della comunità scolastica, sicuramente migliora gli apprendimenti e concorre al successo formativo. Il valutare esige, però, saper progettare.

 La progettazione è, oggi, uno strumento indispensabile nelle istituzioni scolastiche. Fino a poco tempo fa nella scuola superiore è mancata totalmente una cultura della progettazione. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento l’insegnamento, in Italia, ha incominciato a subire un forte cambiamento, passando dalla logica dei programmi ministeriali a quella della progettazione organizzativa, educativa e didattica.

La legislazione scolastica già nel 1974 con i “Decreti delegati” aveva in ogni modo prospettato che:

la progettazione organizzativa deve essere varata, a ogni livello, dagli Organi collegiali,per agevolare il funzionamento delle scuole e per rendere più flessibile e più proficua l’attività d’insegnamento e quella di apprendimento (co. 1);

la progettazione educativa deve anche fissare le finalità e gli obiettivi del processo formativo.

A tal proposito, il d.P.R. n. 416 del 31 maggio 1974, all’art. 4, recita che il Collegio dei docenti deve elaborare e curare la progettazione “dell’azione educativa anche al fine di adeguare, nell’ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato, i programmi d’insegnamento alle specifiche esigenze ambientali e di favorire così il coordinamento interdisciplinare. Esso esercita tale potere nel rispetto della libertà d’insegnamento garantita a ciascun insegnante” (co. 2).

La progettazione didattica riguarda, invece, le singole discipline nella loro peculiarità ed è elaborata e varata, per le sue implicazioni interdisciplinari, dal Consiglio di classe (co. 3).

Ogni forma di progettazione dovrebbe rendere protagonisti del processo educativo e formativo non solo gli insegnanti/docenti, ma anche gli allievi e il territorio. Essa dovrebbe, perciò, comportare che ogni insegnante/docente conosca il territorio in cui è inserito e opera l’allievo, sia per comprenderne la situazione delle condizioni di partenza sia per stabilire, da un lato, le finalità e gli obiettivi educativi e formativi e, dall’altro, le necessarie metodologie, i sussidi, le risorse e le disponibilità umane, psicologiche e intellettive; è, in tal modo, che si potrebbero rendere proficui ed efficaci l’insegnamento e l’apprendimento. La progettazione, elaborata e governata dagli Organi collegiali, implica, quindi, continui controlli e verifiche e, con opportune rettifiche, anche eventuali adattamenti. Bisogna, pertanto, scandirla in alcune fasi:

analisi della situazione di partenza;

scelta degli obiettivi di apprendimento per lo sviluppo delle competenze;

scelta e organizzazione delle conoscenze e delle abilità di apprendimento per lo sviluppodelle competenze;

scelta dei metodi per l’acquisizione degli obiettivi di apprendimento per lo sviluppo dellecompetenze;

verifica dei risultati, attribuzione dei punteggi nelle prove, valutazione degli apprendimentie certificazione delle competenze.

 L’analisi della situazione di partenza consiste in un rigoroso accertamento dei prerequisiti (già in possesso o potenziali) degli allievi. Essa, perciò, è la fase che esige un sistematico impegno di organizzazione, di ricerca e di analisi dei dati riguardanti le condizioni e le variabili che concorrono, nella scuola, a individuare e a definire, in modo globale, la situazione educativa. Le condizioni e le variabili che intervengono nella situazione di partenza devono essere analizzate e classificate preliminarmente.

   Il Consiglio di classe e i singoli insegnanti dovrebbero conoscere, per fare una progettazione adeguata, i seguenti elementi:

Il territorio e l’ambiente extrascolastico in cui vive l’allievo.

L’ambiente familiare di ogni allievo, come i livelli di scolarità, la caratterizzazione socialee culturale, gli stili educativi dominanti (autoritarismo, permissivismo, rapporto dialogico) e l’atteggiamento d’interazione scuola-famiglia oppure di non partecipazione e di disinteresse.

L’ambiente educativo e l’organizzazione scolastica, ovvero la scuola dovrebbe diventareun ambiente educativo accogliente e rispondente alle esigenze formative della società attuale (aule adeguate, laboratori, biblioteche, cineteche, videoteche, ludoteche e così via).

Bisognerebbe conoscere anche i prerequisiti cognitivi e socio/affettivi di ogni singolo allievo, affinché si possa impostare una progettazione del curricolo che rispecchi pienamente la situazione. I prerequisiti cognitivi sono rappresentati non solo dalle conoscenze, già in possesso degli allievi (prerequisiti di apprendimento), e dalle abilità comunicative (codici linguistici), ma anche dalle modalità personali di acquisire conoscenze (stili cognitivi).

I prerequisiti socio/affettivi sono, invece, rappresentati sia dai livelli di aspirazione e d’interesse degli allievi nell’apprendimento, che dalla loro capacità di instaurare rapporti di relazione empatica con gli insegnanti e con gli altri elementi della classe. Solo dopo aver analizzato, con la somministrazione dei test d’ingresso, la situazione di partenza dei singoli allievi e dell’intera classe attraverso la valutazione diagnostica, si può, dunque, passare alla seconda fase: scelta degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze.

L’impianto del sistema degli istituti professionali è diretto alla promozione di un insieme di competenze descritte nel profilo educativo, culturale e professionale sia generale, sia relativo ai singoli indirizzi. Per quanto riguarda il biennio iniziale, vengono assunte, per la parte comune, le competenze incluse nell’impianto normativo riferibile all’obbligo di istruzione. Tale quadro di riferimento sollecita la progettazione e l’attuazione progressiva di una coerente pratica didattica. A questo fine vengono proposti alcuni criteri di riferimento. Una competenza si manifesta quando uno studente è in grado di affrontare un compito o realizzare un prodotto a lui assegnato, mettendo in gioco le sue risorse personali e quelle, se disponibili, esterne utili o necessarie. Naturalmente la natura del compito o del prodotto caratterizza la tipologia e il livello di competenza che si intende rilevare. Questo può essere più direttamente collegato con uno o più insegnamenti, oppure riferirsi più direttamente a un’attività tecnica e/o professionale. Comunque, esso deve poter sollecitare la valorizzazione delle conoscenze, delle abilità apprese e delle altre caratteristiche personali in maniera non ripetitiva e banale. Il livello di complessità e di novità del compito proposto rispetto alla pratica già consolidata determina poi la qualità e il livello della competenza posseduta.

 La scelta degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze è una fase di fondamentale importanza per la progettazione del curricolo. Bisogna individuare con essa, tenendo conto delle indicazioni ministeriali, quali risultati di apprendimento gli allievi dovrebbero, in modo misurabile, raggiungere. Gli obiettivi educativi s’intersecano anche con le finalità formative di un’intera comunità scolastica. Essi rappresentano l’orizzonte e la prospettiva entro cui l’istituzione scolastica intende muoversi e compiere le sue scelte.

 Gli obiettivi didattici rappresentano, invece, la concreta acquisizione di conoscenze, di abilità, di competenze e di comportamenti, che l’allievo, durante il percorso educativo, dovrebbe realizzare e raggiungere nell’ambito dell’area disciplinare. Essi dovrebbero non solo essere permanentemente osservabili e misurabili, ma, in base alla sequenza di apprendimenti, anche immediati, intermedi e terminali. È, così, che tali obiettivi potrebbero assolvere la funzione di orientamento delle scelte programmatiche e di predisposizione a favore di eventuali piani di interventi integrativi e di recupero. Potrebbero anche permettere di progettare i percorsi didattici in modo tale da adeguare a essi non solo contenuti e metodi, ma anche tecniche di verifica e di valutazione.

 L’articolazione dell’insegnamento in conoscenze e abilità deve essere determinata come orientamento per la progettazione didattica del docente in relazione alle scelte compiute nell’ambito della progettazione collegiale del Consiglio di classe. I contenuti, per realizzare gli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, dovrebbero essere scelti e organizzati, tenendo conto dell’analisi della situazione di partenza della scolaresca. Cercare di far acquisire i contenuti di una disciplina, complessivamente più elevati del livello delle capacità di apprendimento della classe, è antieconomico. I risultati, alla fine dell’anno scolastico, non verrebbero, in tal modo, raggiunti e il tempo sarebbe stato vanamente trascorso. Cercare di far apprendere, poi, i contenuti del curricolo che sono al di sotto del livello delle capacità e delle potenzialità della classe è antieducativo.

Negli allievi si abbasserebbe il livello di motivazione allo studio. Il miglior modo per ottenere i risultati positivi e per raggiungere gli obiettivi didattici e educativi programmati, nonché i traguardi per lo sviluppo delle competenze, è, quindi, una scelta intelligente dei contenuti previsti dal curriculum della disciplina. I contenuti dovrebbero essere anche organizzati in una struttura connettiva, altrimenti con molta probabilità sarebbero dimenticati facilmente: una serie sconnessa di fatti e di informazioni ha una breve durata. Tali fatti e informazioni dovrebbero, per rendere più efficace la memorizzazione, essere organizzati in principi e in idee, da cui potrebbero, in un secondo momento, essere ripresi attraverso il processo di deduzione. Tutti gli argomenti del curriculum dovrebbero avere, dunque, una loro coerenza e una loro struttura. È, in tal modo, che si ha un feedback capace di conferire a tutti i contenuti trasparenza e semplicità.

 Scegliere e organizzare i metodi per l’acquisizione degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, nella progettazione per il curricolo, dovrebbe significare una corretta impostazione nel saper individuare un procedimento metodologico; questo dovrebbe soprattutto tener conto, all’interno della classe, della diversità tra gli allievi

Non si può, comunque, tralasciare l’attività della didattica laboratoriale e prescindere dal metodo dell’apprendimento cooperativo. Dire metodo, quindi, vuole significare adeguamento. Tramite un metodo adeguato chi insegna, infatti, potrebbe interpretare correttamente i bisogni di un allievo o di una classe e commisurare, così, all’uno e all’altra i contenuti della disciplina che insegna.

 Siccome gli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo sono osservabili e misurabili, allora le verifiche dei risultati raggiunti in un percorso del curricolo educativo saranno fatte in itinere non solo per certificare le competenze ma anche per colmare eventuali criticità e per modificare, correggere e integrare, quando i risultati non sono adeguati alla progettazione, alcuni interventi didattici. Esse possono essere fatte per accertare gli obiettivi sia con le tradizionali interrogazioni sia con prove oggettive (test).

 La valutazione per l’attribuzione dei punteggi nei test di verifica è una prova pedagogica non solo per orientare ma anche per costruire in itinere la progettazione. Essa, poiché ha una valenza diagnostica e una funzione formativa, è uno degli strumenti fondamentali affinché possano essere messe a disposizione dell’allievo le risorse necessarie, che gli permetteranno di raggiungere pienamente gli obiettivi di apprendimento programmati nel curricolo. La valutazione, perciò, non dovrebbe essere considerata soltanto come un momento della progettazione, ma come un processo, scandito in tappe, che si concluderà, senza alcuna sorpresa per l’alunno, alla fine dell’anno scolastico, con la certificazione delle competenze e con un atto valutativo finale.

 Il docente, così, attraverso le quotidiane verifiche, potrebbe controllare il conseguimento degli obiettivi di apprendimento e intervenire, se necessario, in ogni momento, per recuperare eventuali carenze; anche l’alunno, poi, attraverso l’autovalutazione, potrebbe verificare continuamente il proprio andamento didattico e di apprendimento. Anzi, gli allievi non sarebbero costretti a vivere così la valutazione come un’operazione puramente fiscale, ma come un loro processo formativo. Nel processo valutativo è, infine, significativo, per rendere l’attività educativa qualitativamente migliore, il clima di fiducia nel rapporto interpersonale tra gli insegnanti/docenti e gli allievi. Per l’attribuzione, nelle prove, dei punteggi alle risposte non ci sono regole assolute, ma esistono, tuttavia, alcune indicazioni operative, che possono essere utilizzate.

La verifica e la valutazione del successo formativo (apprendimento formale, non formale e informale) conducono alla certificazione delle competenze e si conseguono con le prove semistrutturate (saggio breve, rapporto di ricerca, riassunto, simulazione di contesto, a domande strutturate, colloquio strutturato, compiti di realtà o autentici, osservazioni sistematiche e biografie cognitive), impiegando rubriche di valutazione.

La prova maggiormente impiegata, per certificare le competenze, è il compito di realtà o autentico; questo prevede che gli allievi costruiscano il loro sapere in modo attivo e in ambienti sia reali sia complessi, dimostrando di possedere autonomamente e responsabilmente una determinata competenza.

Nel percorso che ha come esito finale la certificazione delle competenze, i docenti tengono, come processi, presenti la verifica e la misurazione (calcolare gli errori ed esprimere un voto), la valutazione (esame della prova riepilogativa e conclusiva di uno studio e di una ricerca attiva – giudizio) e la certificazione, che è, invece, come risultato finale del processo, un attestare l’esito di un lungo periodo di osservazioni sistematiche (attestato).

Le competenze sono, perciò, significative (Ausubel parla di apprendimento significativo), persistenti (apprendimento stabile e reimpiegabile) e trasferibili (la conoscenza che non si riesce a convertire in strutture concettuali non è praticamente utilizzabile). L’apprendimento per competenze si attua, inoltre, con una didattica laboratoriale e attiva, in altre parole con un docente che “non faccia lezione”, ma che predisponga le attività di apprendimento.

Verificare i risultati raggiunti, dal momento che gli obiettivi sono osservabili e misurabili, è un atto basilare che viene svolto durante un’attività “in itinere”; deve avvenire con il coinvolgimento attivo, attraverso il lavoro di gruppo e la discussione partecipata, della classe o gruppo classe. Tale atto non solo permette di colmare eventuali lacune, ma anche di cambiare, migliorare e perfezionare, quando i risultati non sono adeguati agli obiettivi dell’attività progettata, alcuni interventi didattici.

Il raggiungimento dei requisiti viene documentato con prove oggettive (test di verifica e così via). Dopo aver corretto i test e stabilito una griglia oggettiva per la correzione, si passa, coinvolgendo gli allievi nella discussione partecipata sulle risposte corrette e su quelle sbagliate, alla valutazione, che viene espressa in decimi. Il valutare è una prova pedagogica, utile non solo per orientare ma anche per riformulare, se è necessario, la progettazione. Esso è un atto, che, poiché ha tanto una valenza diagnostica quanto una funzione formativa, diventa uno degli elementi fondamentali, affinché possano essere messe a disposizione dell’allievo le risorse necessarie, atte a far raggiungere gli obiettivi progettati.

La valutazione non va, perciò, pensata soltanto come un momento della progettazione educativa e didattica, elaborata all’inizio dell’anno, ma anche come un processo “in itinere” (formativo e per l’apprendimento), scandito in tappe, che possa concludersi, senza alcuna sorpresa per gli allievi, alla fine dell’anno scolastico, con un atto valutativo finale (sommativo o dell’apprendimento). Con la verifica e la valutazione, viene accertato e avvalorato il conseguimento degli obiettivi didattici progettati; nello stesso tempo, l’una e l’altra offrono la possibilità d’intervenire, se necessario, in ogni momento delle attività scolastiche, per recuperare eventuali carenze; gli allievi poi, attraverso la valutazione, verificano continuamente il loro andamento didattico e si autovalutano. Anzi, ognuno non sarebbe, in tal modo, costretto a vivere la valutazione come un’operazione solamente fiscale, ma come un processo formativo.

Nel processo della valutazione diventa anche sintomatico, per rendere l’attività educativa qualitativamente migliore, il clima di fiducia, che s’instaura in un rapporto interpersonale tra il docente e il discente. In sintesi, la verifica, la valutazione e la certificazione delle competenze (Legge n. 169/2008, DPR n. 122/2009, D.lgs. n. 62/2017, O.M. n. 172/2020) sono tappe diverse, ma interconnesse. Il certificare le competenze implica saperle valutare; il valutare implica la capacità di verificare adeguatamente gli apprendimenti; la verifica degli apprendimenti implica una corretta e adeguata progettazione.

Il verificare significa, infatti, accertare in che misura sono stati raggiunti gli obiettivi degli apprendimenti progettati. La valutazione è, invece, un processo dinamico, che precede, accompagna e segue tutto il percorso di apprendimento. Essa attiva le azioni da intraprendere (valutazione iniziale o diagnostica), regola le azioni avviate (valutazione formativa o per l’apprendimento), promuove il bilancio critico sulle azioni condotte a termine (valutazione sommativa o dell’apprendimento), fa assumere consapevolezza critica e responsabilità sulle proprie azioni (autovalutazione o valutazione come apprendimento).

La verifica e la valutazione del successo scolastico (apprendimento formale) si realizzano con prove strutturate (Vero/falso, corrispondenza, completamento, a scelta multipla, a risposta multipla, sequenza logica), utilizzando griglie. Bisogna, poi, avvalersi di griglie di osservazione per valutare l’impegno, l’interesse, la partecipazione e la collaborazione. La griglia deve essere perfezionata e aggiornata con un feedback costante dal docente.

Prova strutturata

                                                     Risposta esatta   Astensione      Risposta errata 

         Vero/falso o Sì/No                      + 2                      0                        – 1 

         Risposta strutturata                     + 3                       0                       – 1

         Risposta aperta                 + 5 Risposta sufficiente               – 1 Risposta insufficiente  

Griglia di valutazione, relativa a prove strutturate

La verifica e la valutazione del successo formativo (apprendimento formale, non formale e informale) conducono alla certificazione delle competenze e si conseguono con le prove semistrutturate (saggio breve, rapporto di ricerca, riassunto, simulazione di contesto, a domande strutturate, colloquio strutturato, compiti di realtà o autentici, osservazioni sistematiche e biografie cognitive), impiegando rubriche di valutazione.

La prova maggiormente impiegata, per certificare le competenze, è il compito di realtà o autentico; questo prevede che gli allievi costruiscano il loro sapere in modo attivo e in ambienti sia reali sia complessi, dimostrando di possedere autonomamente e responsabilmente una determinata competenza.

Rubrica di valutazione analitica, relativa alle prove semistrutturate

                           Livello iniziale          Livello base    Livello intermedio  Livello avanzato

         Metodo di studio        1                             2                              2                             3

Correttezza:                         2                             2                             2                             4

Coerenza logica                   1                             2                             3                             3      

RUBRICA di Valutazione sintetica o olistica

I livelli per certificare le competenze, secondo la C.M. n. 3 del 13 febbraio del 2015, sono descritti nel seguente modo:

Iniziale: L’allievo/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note.

Base: L’allievo/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese.

Intermedio: L’allievo/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità.

Avanzato: L’allievo/a svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli.

La Legge n. 92/2019 e il D.M. n. 35/2020 dispongono che l’insegnamento trasversale dell’Educazione civica (Costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale) sia oggetto delle valutazioni periodiche e finali previste dal D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 62 per il primo ciclo e dal DPR 22 giugno 2009, n. 122 per il secondo ciclo.

I criteri di valutazione deliberati dal collegio dei docenti per le singole discipline e già inseriti nel PTOF dovranno essere integrati in modo da ricomprendere anche la valutazione dell’insegnamento dell’educazione civica.

Il docente coordinatore dell’insegnamento, in sede di scrutinio formula la proposta di valutazione, espressa ai sensi della normativa vigente, da inserire nel documento di valutazione, acquisendo elementi conoscitivi dai docenti del gruppo o del Consiglio di classe cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica. Tali elementi conoscitivi sono raccolti dall’intero gruppo e dal Consiglio di classe nella realizzazione di percorsi interdisciplinari.

La valutazione deve essere coerente con le competenze, abilità e conoscenze indicate nella programmazione per l’insegnamento dell’educazione civica e affrontate durante l’attività didattica.

I docenti e il Consiglio di classe possono avvalersi di strumenti condivisi, quali rubriche e griglie di osservazione, che possono essere applicati ai percorsi interdisciplinari, finalizzati a rendere conto del conseguimento da parte degli allievi delle conoscenze, delle abilità e del progressivo sviluppo delle competenze, previste nella sezione del curricolo dedicata all’educazione civica.

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