Dispersione scolastica, sintomo di un disagio che sembra inarrestabile, a meno di cominciare a cambiare davvero la scuola – INTERVISTA

Ogni anno, in corso d’opera, decine di migliaia di studenti che hanno iniziato il proprio percorso post “licenzia-media” nei licei, decidono di passare ad un istituto tecnico o un professionale.
Spesso si tratta di studenti che “non ce la fanno” e che quindi pensano di andare in una scuola meno impegnativa, dove “si studia di meno”.

Ma è proprio così?

Ne parliamo con Aluisi Tosolini, filosofo dell’educazione e già dirigente di un liceo scientifico e musicale di Parma, e Pievincenzo Di Terlizzi, dirigente di un professionale di Pordenone.

Questa interpretazione – spiegano insieme – oltre che riduttiva rispetto ai casi individuali di disagio e fragilità, oltre che generica (è una spiegazione che può andare bene in tanti altri tempi e contesti) è anche ingenerosa nei confronti delle altre scuole, e pare basarsi implicitamente sul trito e insuperato assunto socioculturale per cui esistano i contesti “di serie A” (Licei)

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