L’insostenibile leggerezza del green
ARTICOLO SCRITTO DA: ANNA PIRATTI, FORMATRICE E AUTRICE DI SCUOLA OLTRE
Il 25 settembre 2015, le Nazioni Unite hanno approvato l’Agenda Globale per lo Sviluppo Sostenibile, comprensiva di 17 obiettivi da raggiungere entro il 2030. Con questo documento, l’accezione di sostenibilità si amplia da un concetto legato all’ambiente a una nozione che coinvolge tutti i settori della vita, dall’economia al sociale. I 17 obiettivi sono universali e si rivolgono sia ai paesi in via di sviluppo che a quelli avanzati.
In questa prospettiva, l’educazione allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale svolgono un ruolo cruciale. Sebbene il concetto di cittadinanza globale assuma sfumature diverse nei vari paesi del mondo, che riflettono le differenti realtà politiche, storiche e culturali, esso si riferisce in generale al senso di appartenenza di ciascuno a una comunità ampia, all’intera umanità e al pianeta Terra.
Esprime l’interdipendenza tra il locale e l’universale, presupponendo un comportamento sostenibile, empatico e solidale.
Facciamo un passo indietro e entriamo in classe: se un insetto, ignaro del suo fascino, ronzasse in aula, catturerebbe all’istante l’attenzione degli studenti, a prescindere dal concetto fondamentale di cui si stia discutendo. Se poi cominciasse a piovere, non importerebbe se si stesse impegnati in ragionamenti profondi, l’evento sarebbe di gran lunga più interessante dei nostri discorsi. Infine, se bussasse alla porta, non ci sarebbe cittadinanza globale che tenga: sarebbe necessario ricominciare.
Un collega di matematica, un giorno, sentenziò laconicamente: “Noi insegnanti emettiamo onde sonore…”. Con questa frase, ha espresso la piena consapevolezza che esiste una zona variabile, non governabile, tra i contenuti che siamo chiamati a trasmettere e la loro effettiva presa sulla classe. Tuttavia, c’è una cosa in cui tutti crediamo: la motivazione.
Alla luce di queste premesse e pienamente consapevoli della sfida, proponiamo alcuni elementi per introdurre il concetto di senso di appartenenza, guardando al mondo delle arti e avanzando poi una proposta operativa.
Alla luce delle previsioni degli esperti del clima, immaginare il futuro diventa sempre più arduo. Se ne è occupato l’artista svizzero Klaus Littmann che ci provoca con il suo progetto del 2019 For Forest – The Unending Attraction of Nature. (For Forest – Il fascino infinito della Natura.).
È un’installazione vegetale ispirata al disegno del 1970 dell’artista e architetto austriaco Max Peintner.
Il progetto avveniristico di Peinter vede ritratta una città futura in cui gli abitanti vanno allo stadio a vedere gli alberi anziché la partita. Tutto intorno è una distesa di fumi e acciaio. Littmann, folgorato da questo disegno, l’ha messo in pratica facendo letteralmente piantare una foresta dentro lo Wörthersee Stadion.
Per un certo lasso di tempo, proprio come si trattasse di un evento espositivo, dagli spalti dello stadio è stato possibile ammirare un bosco composto da trecento alberi, alcuni dei quali pesanti fino a sei tonnellate. Il Wörthersee Stadion, che può ospitare fino a 30mila persone, è rimasto aperto tutti i giorni, dalle 10 alle 22 e il pubblico ha potuto godere il panorama di giorno e di notte, con luce naturale o riflettori, ma senza poter percorrere la foresta, era obbligatorio restare sugli spalti.
Finiremo con il dover pagare un biglietto per vedere un albero?
A questo link un approfondimento del progetto
https://www.artribune.com/dal-mondo/2019/09/foresta-stadio-installazione-klaus-littman-austria/
L’installazione “For Forest – The Unending Attraction of Nature” dell’artista svizzero Klaus Littmann dentro lo Worthersee Stadium, a Klagenfurt (Epa/Christian Bruna/Ansa)
La questione si affronta da un altra angolatura osservando la proposta dell’artista spagnolo SpY. http://spy-urbanart.com/.
È un autore contemporaneo che sviluppa progetti di arte pubblica su vasta scala e su piccole dimensioni. Parliamo di queste ultime.
Leaves (foglie) è un’ installazione vegetale del 2009 realizzata con le foglie cadute dagli alberi su un campetto di basket di una periferia. Il lavoro è stato eseguito in autunno quando la caduta delle foglie è al suo apice. I diversi tipi di albero creavano differenze tonali all’interno del cerchio. È un lavoro sulla vulnerabilità, basta una folata di vento per scompaginarle. Perché lo fa se può rovinarsi in un attimo e soprattutto, chi se ne accorge?
a questo link il reportage fotografico del progetto https://spy-urbanart.com/work/leaves/
Agli occhi dei nostri studenti appare più d’impatto un progetto centrale come For Forest – The Unending Attraction of Nature, piuttosto che uno periferico come Leaves.
La valenza di entrambi i progetti non è in discussione, qui si intende evidenziare come le nostre azioni non hanno valore nella misura in cui sono visibili, certo, anche quelle visibili!, ma ne hanno altrettanto quelle non visibili, che si compiono indipendentemente dalla loro fragilità (foglie), dalla loro precarietà (folata di vento) dalla loro collocazione sul piano sociale (periferia) e del consenso (non c’è nessuno).
Su questi presupposti, resi plastici dalla visione delle opere, affrontiamo il significato di senso di appartenenza, con una proposta operativa che sposa i temi della cittadinanza attiva e risponde ai quesiti suscitati dalle installazioni vegetali.
Si intitola “Ci Sto? Affare Fatica!” https://cistoaffarefatica.it/
È un progetto rivolto a ragazzi dai 14 ai 19 anni, presente per il momento solo in alcune regioni d’Italia. Chiama a raccolta i giovani nel periodo estivo: sotto la supervisione di guide esperte vengono impegnati in attività di utilità pubblica a fronte di un incentivo in buoni da spendere in selezionati esercizi commerciali del territorio.
Qui le parole si traducono in fatti e dove non arriva l’astrazione del concetto di senso arriva la sensazione di avere la fronte imperlata di sudore perché si agisce in modo sostenibile, empatico e solidale.
Il progetto è finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale del Terzo Settore e della responsabilità sociale delle imprese.
Un’idea concreta, ben organizzata, un’esempio di scuola oltre!
“Il nostro pianeta” è il fazzoletto di terra che ho sotto i piedi: la mia casa, la mia scuola, il parco dove vado con gli amici, il mio quartiere, la mia città.
Tutti questi spunti promuovono un ragionamento per celebrare la giornata della Terra, partendo dagli indirizzi dell’agenda 2030, passando per l’arte pubblica e finendo con l’azione nei territori.
Insomma, onde sonore interdisciplinari.
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