Carta del docente 500 €: il prossimo anno spetterà anche ai precari?

Il prossimo anno scolastico i precari della scuola riceveranno la carta docente? La domanda sul bonus da 500 euro per la formazione nasce spontanea dopo le ultime sentenze favorevoli ai docenti precari che hanno presentato ricorso in tribunale. Interessante l’osservazione fatta proprio in questi giorni dalla sezione Lavoro del Tribunale di Roma, che in seguito ad un ricorso patrocinato da Anief, ha fatto notare che dal momento in cui la Corte di Giustizia europea ha detto che la Carta del docente va anche ai precari, i giudici nazionali non possono che prenderne atto e dare seguito a quella posizione.

Carta docente ai precari: se gli spetta perché non darla?

Il giudice ha spiegato che “è noto che l’interpretazione delle norme comunitarie è riservata alla Corte di Giustizia, le cui pronunce hanno carattere vincolante per il giudice nazionale, che può e deve applicarle anche ai rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa. A tali sentenze, infatti, siano esse pregiudiziali o emesse in sede di verifica della validità di una disposizione, va attribuito il valore di ulteriore fonte del diritto della Unione Europea, non nel senso che esse creino ex novo norme comunitarie, bensì in quanto ne indicano il significato ed i limiti di applicazione, con efficacia erga omnes nell’ambito dell’Unione (per tutte, Cass. 8.2.2016, n. 2468)”. Se la posizione dei tribunali è questa, ovvero che dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea si può solo accogliere la richiesta di chi si rivolge ai giudici per ottenere la carta docente, non sarebbe più semplice se il Ministero decidesse di assegnarla loro sin dal prossimo anno?

Ai precari non si può negare la Carta del docente

Anche Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief (che tempo fa avevamo intervistato su questa tematica), ribadisce che l’Ordinanza della Corte di Giustizia europea 450/22 non può essere smentita dai giudici, in quanto ha una valenza troppo elevata per essere contraddetta. Il Consiglio di Stato, con la sentenza 1842 del 16 marzo 2022, ha detto che ai precari non si può negare la Carta del docente. E’ naturale pensare che tutti vogliano ricorrere in tribunale a far valere i propri diritti. Il che comporta per il Ministero, non solo il pagamento degli arretrati spettanti, ma anche delle spese.

E se tutti i precari chiedessero al giudice di ricevere gli arretrati della carta docente? Immaginate quanto verrebbe a costare al Ministero dell’Istruzione. La via più naturale e corretta non sarebbe quindi colmare la lacuna della legge che la prevede solo per il personale di ruolo, e darla ai precari sin dal prossimo anno scolastico? Purtroppo non sempre ciò che appare più logico e corretto è ciò che poi viene fatto. E a pensarci, aver deciso che un docente solo perché precario non ha diritto alla formazione come uno di ruolo, ha già dell’incredibile.

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PREVIDENZA – Quota 41 o 64 in arrivo? Anief: l’importante è introdurre un pre-pensionamento di 4 anni senza penalizzazioni, nella Scuola è necessario

“Sono due gli interventi che il Governo sta attuando sulle pensioni con la Legge di Bilancio per evitare il ritorno alla Fornero: Quota 41 e Quota 64 anni. L’importante è che l’Italia intraprenda quello che si fa negli altri Paesi economicamente sviluppati: mandare i cittadini lavoratori in pensione a 63 anni con il massimo dei contributi”. A sostenerlo è Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, che chiede quindi un pre-pensionamento di almeno quattro anni rispetto alla legge che tornerebbe in vigore dal 1° gennaio prossimo.

 
Intervistato dall’agenzia Teleborsa, il sindacalista autonomo ha detto che se lo Stato ha giustamente deciso che “si deve accedere al lavoro con dei titoli di studio di formazione superiore, allora è giunto il momento di riconoscere gratuitamente il riscatto degli anni di studio”, come ha più volte detto anche il presidente Inps Pasquale Tridico. Secondo Pacifico, si tratterebbe di “due operazioni importanti per svecchiare non solo la Pubblica Amministrazione e tutto il mondo del lavoro, non solo per aprire le porte ai giovani e ringiovanire il personale della scuola, dato che abbiamo la classe docente più vecchia del mondo, ma questa operazione servirebbe a garantire una parità di trattamento tra i lavoratori dei paesi economicamente più sviluppati”.
Secondo il leader dell’Anief, infine, c’è un ultimo punto fondamentale: “le donne che lavorano devono avere qualcosa di riconosciuto, un qualche contributo importante, in particolar modo se hanno dovuto affrontare anche la maternità: se il Governo italiano ha introdotto, giustamente, un Ministero della Natalità, allora bisogna anche intervenire concretamente per garantire il diritto delle donne ad essere pienamente madri e lavoratrici” adeguatamente tutelate delle leggi.
 
Il giovane sindacato chiede, in particolare, che docenti e personale Ata vengano equiparati, a livello di previdenza, ai lavoratori delle forze armate, permettendo così loro di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. “Non è una concessione – conclude Pacifico – considerando l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a  burnout  e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, molto presente tra coloro che operano nei nostri istituti scolastici”.
 
Anief ricorda che, in convenzione con Cedan, anche quest’anno è stato avviato il servizio di consulenza per chi è interessato al pensionamento: è possibile contattare via web la sede sindacale più vicina.
 
 
 
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