Valutazione finale e processo formativo della persona
L’anno scolastico 22/’23 volge al termine e gli Organi Collegiali sono chiamati ad “emettere” atti importanti propedeutici alla valutazione finale degli apprendimenti. E’ cosa buona e giusta che tale deliberazione collegiale (Consiglio di classe e Collegio dei docenti) sia calibrata dai docenti stessi nel pieno rispetto della loro autonomia, con ampia possibilità di diversificazione, utilizzando indicatori idonei e criteri condivisi. E’ bene altresì evidenziare che, con il “recupero applicativo” del Decreto 62/2017, la valutazione degli apprendimenti, nelle sue varie sequenze e articolazioni formative, ripresenta la sua propria funzione “pluridimensionale e regolativa” rispetto all’azione didattica. Infatti, in tale orizzonte docimologico-pedagogico, l’utilizzo di indicatori e criteri diversi, ha la finalità di assicurare alla valutazione finale:
- la validità, cioè un buon grado di precisione e coerenza;
- l’affidabilità –‘fedeltà’, vale a dire l’effettiva rispondenza agli obiettivi conseguiti o meno dagli studenti/esse;
- l’oggettività, cioe’ il grado di concordanza tra giudizi dati da docenti diversi, indipendenti l’uno dall’altro.
Per rispondere ai requisiti sopra elencati, la valutazione finale degli apprendimenti non dovrebbe mai avere una natura autoreferenziale ma sempre collegiale da parte dei docenti, che agiscono come un’ èquipe pedagogica conseguendo il massimo grado di oggettività, relazionalità e assiologicità, categorie fondamentali di ogni processo culturale ed educativo.
Questa specificità valutativa si differenzia sostanzialmente dalla valutazione selettiva e relativa, così definita dagli studiosi, in quanto non analizza nè l’attività di insegnamento, che viene interpretata come trasferimento di sapere in modo direttivo, nè “il come- il quando –il perchè” dell’ avvenuto o non avvenuto apprendimento, ma certifica il prodotto finale in termini quantitativi, attribuendo allo studente la responsabilità di apprendimenti parziali, carenti o addirittura non avvenuti. Pertanto la valutazione selettiva-relativa risulta ben lontana dall’essere autentica, come richiedono le nuove concezioni pedagogiche e docimologiche maturate nel ventunesimo secolo (si veda in tal senso l’opera pedagogica dello statunitense Grant P. Wiggins).
In sostanza, per gli assertori della valutazione autentica, questa deve consentire di esprimere un “giudizio” sulle capacità che ogni studente ha maturato a livello di “pensiero critico, problem solving, metacognizione, efficienza nelle prove, lavoro di gruppo, ragionamento e apprendimento permanente”. Ne conseguirà una valutazione finale degli apprendimenti non di rigida classificazione, ormai desueta e improponibile dopo il periodo critico del lockdown, bensì di coinvolgimento degli stessi nel processo valutativo, in modo che essi stessi:
- ne comprendano l’equità;
- si sentano motivati ad impegnarsi per conseguire una successiva valutazione educativa migliore;
- apprendano, proprio attraverso il coinvolgimento partecipativo, ad autovalutarsi.
Nel centenario della nascita di Don Lorenzo Milani, mi piace concludere con le sue profetiche parole sulla scuola come laboratorio di autoformazione degli studenti:
“Se si perde loro [i ragazzi più difficili] la scuola non è più scuola. É un ospedale che cura i sani e respinge i malati”.
prof. Andrea Canonico
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