Dress code a scuola, pugno di ferro in un altro istituto a Roma: stop a ciabatte, canotte e bermuda

Di redazione

Ancora restrizioni in tema di abbigliamento a scuola. Un altro istituto scolastico ha deciso di prendere una posizione chiara e netta riguardo a cosa gli studenti possono e non possono indossare durante le attività scolastiche.

Le motivazioni dietro questa scelta, come esplicitato dalla dirigente scolastica, non sembrano però basate su una visione restrittiva o bigotta, ma piuttosto sul desiderio di promuovere un ambiente di apprendimento sereno e inclusivo, lontano dalle pressioni esercitate dalle mode effimere e dal consumismo.

Nonostante ciò, la questione ha suscitato non poche polemiche, soprattutto a Roma, dove la questione dell’abbigliamento a scuola è un tema caldo.

È evidente che il tema è delicato e richiede un equilibrio tra il rispetto dell’individualità degli studenti e la necessità di mantenere un ambiente di apprendimento favorevole e rispettoso. Le scuole stanno cercando di

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Dress code scuola, stop a jeans strappati, top e ciabatte. Il pugno di ferro della preside: “Potrei mai io ricevere in pareo, costume da bagno e infradito?”

Di Andrea Carlino

Confermato il pugno di ferro al liceo classico “Palmieri” di Lecce. La dirigente scolastica, Loredana Di Cuonzo, ha  imposto regole precise riguardo l’abbigliamento e l’uso dei telefoni cellulari all’interno dell’istituto.

Il codice di condotta si rivolge non solo agli studenti ma a tutta la comunità scolastica, un passo inusuale che riflette l’intento di mantenere un’atmosfera rispettosa e professionale all’interno della scuola.
La dirigente scolastica ha chiarito che l’abbigliamento inappropriato come jeans eccessivamente strappati, top che scoprono l’ombelico, e ciabatte non saranno tollerati. Queste linee guida sono state imposte per assicurare che l’ambiente scolastico mantenga una certa formalità e rispetto per l’istituzione che rappresenta, distinguendo chiaramente la scuola da un’atmosfera balneare o domestica. La preside sottolinea che queste regole non intendono limitare la libertà personale, ma piuttosto promuovere la consapevolezza che differenti contesti richiedono differenti norme estetiche.
Parallelamente, è stata ribadita la regola che vieta l’uso dei telefoni cellulari durante le lezioni, nei corridoi, con eccezione dei momenti di ricreazione. Questa norma mira a ridurre le distrazioni e prevenire violazioni della privacy, come la registrazione non autorizzata. La dirigente ha ricordato che l’uso improprio del cellulare costituisce una infrazione disciplinare, con relative sanzioni determinate dal consiglio di classe in base alla gravità dell’infrazione.
Il pugno di ferro della preside
In un’intervista a Tele Bari, la preside spiega: “Il provvedimento nasce dalla necessità di richiamare un po’ l’attenzione di tutti i ragazzi e le ragazze perché fino a che erano dei casi isolati, beh, allora si poteva intervenire a persona, ma poiché è ormai una moda diffusa, ho dovuto ricordare ai ragazzi che la scuola, e la scuola non è né uno stabilimento balneare, né una discoteca, è una questione di opportunità”.
E ancora: “Quando andranno a fare un colloquio di lavoro non sarà possibile presentarsi né con la pancia di fuori, né con il cappello, né con i jeans strappati. Nella circolare c’è anche un riferimento anche agli adulti in generale, quindi anche ai visitatori che spesso si presentano con un abbigliamento da spiaggia. Non andremo mai dal prefetto, penso, in ciabattine da mare e con uno striminzito top o con i jeans strappati”.
“Se io come preside dovesse ricevere i miei interlocutori in pareo, costume da bagno e ciabatte, beh, probabilmente mi direbbero che ho avuto un colpo di sole“, conclude la dirigente scolastica.

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No a canotte e bermuda a scuola, i genitori contro il preside: “Con un caldo così opprimente divieto inutile”

Di redazione

Con il primo caldo divampa la polemica in merito all’abbigliamento a scuola degli studenti. Così come segnala La Repubblica, l’ultimo caso arriva dalla provincia di Varese. Genitori contro la circolare dal dirigente scolastico.
“La scuola è un ambiente educativo e un luogo istituzionale che merita adeguato rispetto e ciò implica che ciascuno lo frequenti con un abbigliamento sobrio e decoroso – si legge nella circolare – Andranno evitati bermuda, pantaloni corti, canotte e ogni altro tipo di abbigliamento adatto a contesti non scolastici”.
La circolare del preside riguarda la scuola primaria e la scuola media e sono proprio i genitori degli alunni più piccoli a manifestare la loro perplessità: “In una scuola in cui bisogna indossare le mascherine ancora oggi e con i 30 gradi abbondanti di questi giorni, merita un plauso il richiamo del dirigente all’abbigliamento consono” è il commento affidato da un padre ai social. E la madre di due bambini afferma: “Non mi sembra normale diffondere una comunicazione del genere proprio in questi giorni. Posso capire il divieto di pantaloncini corti, ma perché proibire ai bimbi di indossare i bermuda? Mia figlia mi chiede da giorni di poter mettere vestiti più leggeri”.
Secondo il preside “queste sono le classiche questioni di lana caprina. Ci si fissa su specifiche parole ignorando il contenuto del messaggio, che aveva chiaramente nelle mie intenzioni una finalità educativa – spiega – Intendevo dire che non è appropriato arrivare in classe vestiti come se ci si trovasse in spiaggia. Ho sbagliato a scrivere ‘bermuda’ e ‘pantaloni corti’, avrei dovuto utilizzare i termini ‘pantaloncini cortissimi’ e ‘bermuda da mare con le palme stampate sopra’, allegando anche documentazione fotografica di alcuni degli outfit osservati negli ultimi giorni”.
Il dirigente scolastico sottolinea di aver ricevuto la solidarietà dell’intero corpo docente.

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