Vivere la “selvatichezza” della natura

ARTICOLO SCRITTO DA: BARBARA BELTRAMI, AUTRICE SCUOLA OLTRE

L’ambiente naturale si configura come un contesto destrutturato che offre molteplici benefici al benessere, alla salute, allo sviluppo sensoriale, alla maturazione cognitiva, ai processi di apprendimento, alla socialità dei bambini, all’appartenenza e al legame con il mondo. I bambini sono attratti in modo spontaneo dal gioco all’aperto, amano correre, saltare, arrampicarsi utilizzando il corpo come primo strumento di conoscenza. Stare fuori e divertirsi insieme ad altri compagni presenta numerosi vantaggi per il loro benessere fisico e psicologico.

Attraverso l’esplorazione dell’ambiente, il gioco spontaneo, l’utilizzo dei sensi e il contatto diretto con gli elementi della natura, i bambini imparano a interrogare e conoscere la realtà che li circonda e a percepire se stessi in relazione agli altri. Il bambino non è solo, ma è insieme agli altri bambini in una relazione di scoperta in cui le strategie educative si attengono a regole semplici di mutuo aiuto e supporto reciproco.

Nel giocare, i bambini compiono gesti sperimentali che coinvolgono tutta la sfera sensoriale: toccano, annusano, verificano equilibri e disequilibri, consistenze, colori e tipologie. Attraverso la progettazione spontanea del gioco, che si modifica in virtù del modificarsi delle idee, i bambini esprimono teorie che vengono comprovate o smentite, ma sempre nella reciproca relazione tra sé, gli altri e l’ambiente. La natura, nella sua dimensione selvatica, valorizza l’azione e la sperimentazione, poiché “al centro non vi è più solo il pensiero o il linguaggio, sui quali purtroppo tendiamo ad appiattire l’identità del bambino, ma il suo sentire estetico cioè legato ai sensi, nella consapevolezza che non si può comprendere con il cervello senza fare intervenire anche l’occhio o la mano”.[1]

 Uno degli aspetti più significativi dell’educazione in natura è la possibilità di vivere veramente la natura in modo immersivo, costruendo una forte e intensa relazione con il territorio in cui si vive. Il parco diventa un luogo di esplorazione, ricerca e gioco per i bambini, un ambiente in cui osservare i continui mutamenti tipici della vegetazione e dei cambiamenti climatici.

C’è un diffuso bisogno di ritornare a seguire ritmi più naturali, in cui il tempo e lo spazio possano alimentare la consapevolezza nel bambino che i suoi interessi e le sue richieste meritano di essere esplorati a fondo. Oggi tutto è frenetico e veloce, non ci diamo il tempo di aspettare e contemplare ciò che stiamo facendo. In questo contesto, i bambini apprendono in modo diverso: i tempi di apprendimento si rallentano perché c’è il tempo di aspettare, osservare, fare esperienza, che sono più lenti ma più prolungati rispetto all’apprendimento in contesti scolastici tradizionali. Quello che tutti ci auguriamo è di riscoprire il piacere, il divertimento e lo stupore che la lentezza porta con sé, sperimentando una misura diversa del tempo, meno oggettiva, più introspettiva, un’idea di tempo più dilatato.

L’apprendimento è parte della dimensione ludica e attraverso l’esplorazione spontanea i bambini costruiscono la loro visione del mondo, agendo come piccoli scienziati, creando teorie, più o meno ingenui, alle quali cercano di dare significato: cercano sempre nuove sfide per andare costantemente oltre ciò che conoscono e arricchire il loro bagaglio di esperienze.

Il comportamento ludico, che ha aspetti creativi, di piacere e di scoperta, mette in atto pensieri e azioni che generano esperienze che talvolta sviluppano dinamiche imprevedibili.

In tale contesto, grande importanza riveste la creatività come processo che consente di usare l’immaginazione e il pensiero critico come generatori di nuove e originali idee, appropriate al contesto.

Quanta creatività c’è nella costruzione della conoscenza?

Stupore, intuizione, curiosità, coraggio, tensione esplorativa, ricerca personale, variazioni, connessioni, originalità, mutazione, innovazione… sono solo alcuni dei concetti che ci rimandano all’idea di creatività, parole che appartengono al mondo degli artisti, dei ricercatori ma anche dei bambini. Da quanto detto possiamo considerare la creatività come un elemento intrinseco all’apprendimento e al servizio della costruzione della conoscenza.

Quando parliamo di educazione in natura, ritengo sia opportuno sottolineare i Diritti naturali dei bambini, il manifesto nato più di 20 anni fa dall’appassionato e creativo pensiero di Gianfranco Zavalloni[2], che rimane una fonte di ispirazione e riflessione nel tracciare la strada verso un’educazione libera, a contatto con la natura, lenta e non violenta.

Parlare dei diritti naturali ci invita a trattare il tema dei doveri che spettano, nella maggior parte dei casi, agli adulti che si occupano dell’educazione. Si auspica che gli adulti stessi siano curiosi, competenti e capaci di riconoscere ai bambini la capacità di conoscere e di prendere dei rischi.

Da sempre la parola “bambino” è stata associata al concetto di sicurezza: quante volte ho sentito dire come insegnante “Ma è sicuro? Il bambino non rischia di farsi male?” Credo sia importante fare una distinzione tra pericolo e rischio, due concetti che spesso vengono usati in modo improprio.

Il pericolo è una circostanza, o situazione, da cui può derivare un grave danno; il rischio è la possibilità di subire un danno, una perdita, come eventualità generica o per il fatto di esporsi a un pericolo.[3]

I genitori o gli adulti regolano la sicurezza dei bambini, proteggendoli dai pericoli nei momenti di difficoltà, di bisogno e di sostegno, specialmente quando si trovano in una situazione complessa ed insolita. Tuttavia, la funzione del prendersi cura deve anche consentire al bambino di crescere, di rischiare, di apprendere e di essere aperto alle esplorazioni.

Spesso i bambini hanno bisogno di sfuggire allo sguardo preoccupato dei genitori, per mettersi alla prova e rischiare con prudenza, affrontando le esigenze di ognuno e trarre piacere e soddisfazione nell’apprendere abilità più complesse in situazioni avventurose.

L’auspicio è vedere i luoghi naturali abitati con un atteggiamento di ricerca e scoperta, con lunghe passeggiate nei boschi o nei giardini, lasciando la libertà di osare, di andare al di là del noto.

Pensare alla scuola come a un sistema che può offrirsi come luogo di educazione all’aperto apre a diverse considerazioni sull’ambiente, inteso come spazi interni ed esterni, co-protagonista dell’azione educativa, che si presta a sostenere la reciprocità dell’azione educativa, trovando luoghi di sperimentazione e ricerca.

 

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