Allarme stress dai 3 agli 11 anni: depressione, ritiro sociale, drop out scolastico, autolesionismo e tentativi di suicidio. Lo studio. INTERVISTA a Rosa Cappelluccio

“Molti studi sperimentali evidenziano che i nostri piccoli si confrontano con sovraccarichi stressanti in misura maggiore rispetto ai bambini delle generazioni precedenti, con una pesante ricaduta sulla personale qualità della vita e su tutto l’ambiante circostante, traducendosi in una evidente disregolazione emotiva e comportamentale”.

A supporto di quanto appena enunciato, anche i dati Istat rispetto alla crescita e maturazione di bambini e adolescenti dai 3 agli 11 anni sono allarmanti e disarmanti poiché si registrano notevoli aumenti di ansia, depressione, ritiro sociale, drop out scolastico, comportamenti dirompenti, disturbi dell’attenzione e dell’iperattività, disturbi dell’alimentazione, autolesionismo, tentativi di suicidio, aggressività, mancato rispetto delle regole, bullismo e cyberbullismo.

Disagi che sono emersi dal recente studio della Dott.ssa Rosa Cappelluccio, Psicologa e Psicoterapeuta dell’età evolutiva, che ha condotto e concluso, in Campania, il primo progetto di sperimentazione e ricerca, condotto in 12 scuole secondarie di primo e secondo grado della Regione. Una ricerca che ha messo in luce i dati, confortanti, nell’utilizzo sia del protocollo DBT-Adolescenti che DBT-Bambini, “quest’ultimo messo a punto e strutturato personalmente con il fine di contribuire a modellare l’evoluzione psicologica, biologica e interpersonale dei piccoli intervenendo sulle persone che interagiscono con loro nei più svariati contesti: la famiglia, la scuola, il centro ricreativo e il setting terapeutico”.

Il programma DBT-Bambini al Primo Congresso Nazionale CBT-Italia (Società Italiana di Psicoterapia Cognitivo-Comportamentale) è stato presentato prima in Italia e pochi giorni fa anche in Corea del Sud, al 10th World Congress of Cognitive and Behavioral Therapies. Il suo innovativo lavoro è stato particolarmente apprezzato da tutta la Comunità Scientifica ed è stato richiesto anche in Romania. Rosa Cappelluccio ne ha parlato, in anteprima, a Orizzonte Scuola.

Dottoressa, intanto ci spieghi che cosa è esattamente la disregolazione emotiva?

La disregolazione emotiva è un costrutto transdiagnostico usato per indicare un’alterazione delle strategie che modulano la manifestazione delle emozioni e modellano le reazioni affettive e comportamentali in diverse situazioni. Come direbbe la Linehan, la disregolazione rappresenta il fallimento della regolazione emotiva manifestandosi con l’incapacità di regolare e di ricondurre all’equilibrio e al bilanciamento stimoli, esperienze, azioni, risposte verbali all’evento che ha innescato l’attivazione emotiva” (Linehan, 2015b).

È in pratica il concetto centrale nella Dialectical Behavior Therapy (DBT), terapia cognitivo-comportamentale ideata dalla stessa Marsha Linehan primariamente per pazienti borderline e con tendenze suicidarie, manualizzata in un secondo momento per molti altri disturbi. Secondo la teoria della Linehan, il nucleo centrale del disturbo è da ricercarsi nella disfunzione del sistema di regolazione delle emozioni, disfunzione che ha le sue radici nel triste connubio tra una vulnerabilità emotiva biologicamente determinata e un ambiente invalidante. Questo deficit determina un’imprevedibilità e un’impulsività nei comportamenti della persona. Inoltre, si verifica un fallimento del pensiero dialettico, si fallisce cioè nel riconoscere che esistono verità relative. Nei miei studi pilota ho deciso di applicare i principi della DBT sia come intervento di prevenzione con una popolazione infantile scevra da problematiche e sintomatologie, col chiaro fine di dotare diversi set di skills per equipaggiare, con efficacia, alla intrinseca difficoltà della vita. Il programma DBT-Bambini è, dunque, un intervento che può apportare giovamento anche in situazioni non problematiche poiché equipaggia i bambini e i relativi adulti di riferimento, di abilità e di strategie utili per regolare emozioni e comportamenti, per migliorare le relazioni interpersonali e le capacità di risoluzione dei problemi. La DBT-Bambini è, inoltre, particolarmente indicata in caso di difficoltà e di problemi di salute mentale, sia nella fase iniziale di insorgenza sia nella fase più acuta e nelle manifestazioni più gravi, angosciose e rischiose.

Come si articola esattamente il progetto da lei condotto?

Il programma si compone di 16 incontri a cadenza settimanale per circa un’ora con due o tre operatori per classe, durante i quali s’insegnano le quattro abilità nucleari della DBT Mindfulness, Tolleranza della Sofferenza, Regolazione Emotiva ed Efficacia Interpersonale, adattate all’età evolutiva. Coerentemente con quanto emerso dalla letteratura, si è scelto di includere nel protocollo di insegnamento delle abilità sia insegnanti che genitori, affinché divenissero consapevoli dell’importanza di tali abilità di regolazione emotiva e ne diventassero esperti a loro volta, in un’ottica di empirismo collaborativo.

Quali sono stati i risultati?

I risultati preliminari dei primi studi pilota mostrano una forte riduzione in numerose aree sintomatologiche ed incremento di varie abilità, valutate dai questionari CBCL e BRIEF, mostrando come la DBT abbia sortito effetti statisticamente significativi, globalmente positivi sullo sviluppo dei bambini. È inoltre risultata fattibile e ben accettata da caregivers e dagli insegnanti. La positività dei risultati, pur solo iniziali, sottolinea come l’utilizzo della DBT in età evolutiva possa offrire evidenti opportunità per favorire e potenziare nei bambini e nei preadolescenti tutte le abilità e le strategie utili, non solo nella regolazione emotiva, ma anche e soprattutto nella gestione delle pressioni e degli stress di vita quotidiana, a cui i giovani vengono esposti sempre più frequentemente. Emerge infatti come la DBT abbia favorito l’incremento delle abilità interpersonali, della flessibilità cognitiva e della metacognizione, innescando un meccanismo virtuoso in bambini e adolescenti. Ma si è visto anche quanto possa aiutare nella prevenzione dei comportamenti impulsivi e aggressivi che coinvolgono sempre più giovani, e bambini, specie dopo l’isolamento dovuto alla pandemia. Mi lasci dire che i dati emersi permettono di ipotizzare un possibile futuro utilizzo sistematico, inteso in ottica di prevenzione primaria, da inserire in percorsi virtuosi di rete di sostegno allo sviluppo psicologico sano.

I dati Istat confermano come fenomeni di questo tipo siano in crescita esponenziale, quanto conta il supporto della famiglia e che ruolo deve avere la scuola?

L’ambiente familiare e scolastico è parte fondante nella maturazione dei piccoli poiché dalla nascita in poi si essi si regolano attraverso i caregivers. I grandi, sia nell’ambiente familiare che scolastico, insegnano la regolazione emotiva per cui è importante che siano adulti attenti, scrupolosi e consapevoli. Altresì, hanno la necessità di incrementare un ascolto attento, autentico, validante e non giudicante.

Il suo studio è stato presentato recentemente anche all’estero. Quale è la situazione negli altri paesi e quali sono le differenze con la scuola italiana?

All’estero (soprattutto in America ma non solo) programmi innovativi, completi ed esaustivi come la DBT-Bambini sono curriculari da svariati anni perché si agisce in un’ottica preventiva. Lavorare sulla costruzione della cultura della prevenzione significa incidere positivamente sulla maturazione psicofisiologica ed emotiva dei bambini prima ancora che il disagio o la patologia insorgano.

Qualche giorno fa il ministro dell’Istruzione Valditara ha incontrato il Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi per parlare proprio dell’aumento di problemi di salute mentale tra i giovani studenti. Focus dell’incontro gli episodi di violenza ai danni dei professori dopo l’ultimo ed efferato atto che ha sconvolto l’Italia ai danni della professoressa di Abbiategrasso. Quanto conta avere a disposizione della scuola uno psicologo e, soprattutto, che tipo di figura deve essere?

Negli ultimi tempi, lo psicologo scolastico si aggira con più spiccata leggiadria tra i banchi di scuola; fino a qualche anno fa si aggirava, anche se raramente succedeva, con timidezza poiché osservato in maniera guardinga e sospettosa. È una figura preziosa che mira ad occuparsi della prevenzione, della promozione e delle risorse psicologiche di allievi e allieve che troppe volte sono spaventati e disorientati anche quando sembra andare tutto bene. La situazione attuale è preoccupante perché intrisa di emergenze allarmanti basate sull’aggressività e sulla violenza a tutti i livelli. Gli adulti della scuola oggi sono disarmati e sentono di essere impotenti dinanzi a casi come quello della professoressa accoltellata poco tempo fa. La psicologia non può e non deve però operare in solitudine quanto piuttosto in collaborazione con gli altri adulti del sistema ed è per questo che informa e forma genitori e insegnanti, creando una squadra che possa prendere per mano i nostri bambini e ragazzi con sapienza e coscienza, senza giudicarli nel loro valore ma accompagnandoli nella ricerca di se stessi.

Continua la lettura su: https://www.orizzontescuola.it/allarme-stress-dai-3-agli-11-anni-depressione-ritiro-sociale-drop-out-scolastico-autolesionismo-e-tentativi-di-suicidio-lo-studio-intervista-a-rosa-cappelluccio/ Autore del post: Orizzonte Scuola Fonte: http://www.orizzontescuola.it

Articoli Correlati

Cyberbullismo: impatti psicologici e strategie di prevenzione

La declinazione tecnologica del bullismo, ossia il cosiddetto cyberbullismo, è caratterizzata da tutti gli atti di prevaricazione e di molestia effettuati attraverso media digitali come social network, e-mail, chat, blog, forum, telefoni cellulari, siti e qualunque altra forma di comunicazione riconducibile al web. i giovani “bulli” digitali fanno circolare foto, mail denigratorie che contengono materiale offensivo e potenzialmente destabilizzante per la vittima[1].Indice degli argomenti
Le statistiche sul cyberbullismo: dagli Usa indicatori di valenza globaleIl miglior modo per comprendere un fenomeno e la sua incidenza sull’ambiente è attraverso la rilevazione statistica. Il Cyberbulling Research Center, partendo da questo presupposto, da tempo, con cadenza annuale, sta effettuando diversi studi e inchieste sul cyberbullismo. Le statistiche USA dal 2007 al 2019 sono tra le ultime ricerche effettuate da questo prestigioso Istituto.L’indagine offre un’interessante analisi sul bullismo online. Il motivo di tale rilevanza risiede in una specifica circostanza; gli Stati Uniti possono essere presi come riferimento, circa l’incidenza del cyberbullismo, anche per il resto del mondo. Essi, infatti, sono considerati tra i maggiori fruitori di apparati tecnologici, l’arma dei cyberbulli. Costoro, proprio attraverso gli apparati online, veicolano e fanno viaggiare le vessazioni, i maltrattamenti e le umiliazioni tipiche del cyberbullismo.Incidenza e dati del fenomenoPartendo da questo presupposto, tali statistiche sul cyberbullismo costituiscono un valido indicatore per chi si interessa del bullismo online. Risulta poi di particolare importanza una caratteristica delle ricerche condotte. Esse riferiscono non solo i dati relativi alle vittime del cyberbullismo ma anche le cifre di coloro che lo hanno praticato verso altri soggetti.Il centro di ricerca sul cyberbullismo ha lavorato su tredici progetti. Il range è considerevole, raccoglie infatti i dati dagli studenti delle scuole medie e superiori dal 2007 in poi, esaminando più di 25.000 allievi. In media, circa il 28% degli intervistati ha dichiarato di essere stato vittima di tale fenomeno.Le percentuali di coloro che hanno offeso ricorrendo al cyberbullismo sono differenti, come si evince dagli studi condotti. In media, circa il 16% degli studenti che hanno partecipato al sondaggio, ha ammesso di aver compiuto atti di cyberbullismo verso altri in un certo momento della vita[2].In Europa più di 1 ragazzo su 4 di età compresa tra gli 11 e i 19 anni è vittima del cyberbullismo. In Italia oltre il 24% degli adolescenti subisce minacce e molestie tramite rete, social, blog e forum[3].Caratteristiche distintive del cyberbullismoIl cyberbullismo ha delle caratteristiche particolari, ecco le principali:Anonimato del “bullo”: in realtà colui che esercita cyberbullismo non resta nell’anonimato, in quanto ogni forma di comunicazione elettronica lascia delle tracce, ma il filtro dello schermo spersonalizza la molestia in atto e per la vittima è difficile risalire al molestatore.Indebolimento delle remore morali: agendo sul web (quindi dietro uno schermo) il persecutore può assumere un’altra identità, dire e agire come non farebbe mai nella vita reale.Assenza di limiti spazio – tempo: mentre il bullismo tradizionale ha luoghi e tempi ben precisi (ad esempio la scuola, i gruppi, le comunità ecc.) il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico e quindi potenzialmente potrebbe essere continuo, fiaccandone la resistenza psicologica[4].Le diverse declinazioni del cyberbullismoEcco tutte le diverse declinazioni del fenomeno:Flaming: messaggi on line violenti e volgari che mirano a scuotere battaglie verbali sui social e sui forum;Cyberstalking: molestie e denigrazioni ripetute, persecutorie e minacciose che incutono timore.Cyberbashing o happy slapping: comportamento criminale che ha inizio nella vita reale e prosegue online con caratteristiche diverse; le immagini pubblicate sul web sono potenzialmente visualizzabili da milioni di utenti che possono condividerle e viralizzarle, a volte corroborate da commenti che ne accrescono gli effetti negativi[5].Denigrazione: “sparlare” di qualcuno, danneggiando la sua reputazione per mezzo di e-mail, messaggistica istantanea, blog e forum.Sostituzione della propria personalità: consiste nel cambiare identità (molto spesso inventata e irreale) che invia messaggi e pubblica post offensivi.Inganno: ottenere la fiducia della persona molestata e poi condividere sui social o con altri mezzi elettronici informazioni private.Esclusione: emarginare una persona dal «gruppo on line», attuando una sorta di ghettizzazione e isolamento digitale che si riflette nella vita reale. Nel bullismo tradizionale in genere la vittima e il bullo sono persone che si conoscono, che si frequentano. Hanno avuto almeno qualche contatto relazionale. Nel bullismo digitale invece le persone possono anche essere sconosciute. L’empatia e la solidarietà che sono le basi di una dinamica relazionale si mitigano quando di fronte a noi c’è uno schermo e le reazioni, i sentimenti, i bisogni dell’altro ci sono negati o si confondono, restano ambigui, sfocati o semplicemente ignorati. La “dimensione online” sdogana e concretizza comportamenti e gesti che nella realtà risulterebbero più oculati, pensati, magari evitati[6].Le conseguenze psicologiche del cyberbullismoIl cyberbullismo si differenzia dal bullismo classico, grazie all’immanenza dematerializzata delle tecnologie digitali che catalizza un’amplificazione ormonata e devastante degli effetti del messaggio. Cambia l’ambiente, cambiano le vittime ed il bullo crede di agire protetto da in assoluto anonimato e quindi attualizzare minacce, ingiurie, diffamazione che perdono la percezione e il significato della compresenza, della corporeità percepita e vessata, ma, di contro, acquisiscono un’ipervisibilità, potenzialmente globale, che attiva processi deresponsabilizzanti come “l’effetto spettatore”, in cui, in un folto gruppo di utenti, nessuno interviene per difendere la vittima nella fallace convinzione che se non c’è nessun aiuto in questo senso, molto probabilmente, il proprio intervento non è necessario o, addirittura, non esiste il pericolo stesso. Un fenomeno complesso e articolato che si declina in diverse fattispecie: ad esempio i giuristi anglofoni distinguono il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne[7].Gli attori del cyberbullismoMa chi sono gli attori del cyberbullismo?il bullo, ragazzo/a che compie l’atto;le vittime, coloro che subiscono;gli osservatori che assistono, in maniera più o meno passiva secondo il cosiddetto “effetto spettatore”, all’atto vessatorio[8].É importante sottolineare che dietro ad ogni episodio di cyberbullismo ci sono, per la maggior parte dei casi, bambini e adolescenti, che assorbono le conseguenze dell’essere vittima, ma anche attori o spettatori, e che dovendosi rapportare, a computer spento, con la vita reale di tutti i giorni, trovano enormi difficoltà nell’accettare sé stessi, integrarsi con il gruppo dei pari e a declinare nella quotidianità le dinamiche relazionali attuate in Rete.Le due ulteriori categorie del cyberbullismoIl cyberbullismo si divide in due ulteriori categorie:e-bullying diretto che consiste nell’uso di Internet per inviare messaggi minacciosi alla vittima;e-bullying indiretto che consiste nel diffondere messaggi dannosi o calunnie sul conto della vittima che ledono la sua reputazione e la sua moralità[9].L’aspetto preoccupante del fenomeno è che i ragazzi che non hanno il coraggio di interpretare il ruolo dei “bulli” nella vita reale, trovano attraverso il computer il modo di immettere, dribblando la coscienza e l’autosanzione morale, la propria quota di violenza in Rete, senza uscire allo scoperto, in assoluto anonimato ma con conseguenze psicologiche del tutto simili al bullismo[10].Attraverso computer, smartphone e tablet, utilizzati soprattutto delle generazioni più giovani, come confermano i dati Istat, è possibile agire nell’anonimato; reiterare la condotta; usufruire di una diffusione immediata, con una cassa di risonanza altissima, dell’azione lesiva; che esclude anche la possibilità di controllo da parte degli insegnanti e/o genitori[11].I bulli, nell’accezione totalizzante del termine, possono presentare un calo nel rendimento scolastico, difficoltà relazionali, disturbi della condotta. L’incapacità di rispettare le regole può portare, nel lungo periodo, a veri e propri comportamenti antisociali e devianti o ad agire comportamenti aggressivi e violenti in famiglia, costituendo il pregresso embrionale di una futura carriera criminale.Per le vittime il rischio è quello di manifestare il disagio innanzitutto attraverso sintomi fisici, ad esempio mal di pancia o mal di testa, oppure segnali psicologici, quali incubi o attacchi d’ansia. Alla lunga, le vittime mostrano una svalutazione di sé e delle proprie capacità, insicurezza, difficoltà relazionali, fino a manifestare, in alcuni casi, veri e propri disturbi psicologici, tra cui ansia, depressione e asocialità.I ruoli degli osservatori nel fenomeno del cyberbullismoGli osservatori[12], infine, vivono in un contesto caratterizzato da difficoltà relazionali che aumenta l’insicurezza, la paura e l’ansia sociale. Il continuo assistere ad episodi di “violenza” può rafforzare una logica di indifferenza e scarsa empatia, portando i ragazzi a negare o sminuire il problema, contestualizzandolo nell’ambito di una sedicente, mendace pseudonormalità.Le tre dimensioni del cyberbullismoNella definizione proposta da Olweus[13] il bullismo e il cyberbullismo risulta caratterizzato da tre dimensioni fondamentali:l’intenzionalità;la persistenza nel tempo;la dimensione del potere esercitato sulla vittima.La situazione italiana e il profilo psicologico del cyberbulloIn Italia il fenomeno è stato definito grazie alla legge 71/17 entrata in vigore il 18 giugno 2017, dopo un iter durato 3 anni. I dati italiani mostrano come l’incidenza del fenomeno nel nostro paese sia in linea con il panorama internazionale.  Elementi da osservare: cambi di umore improvvisi, disturbi emotivi, problemi di salute fisica, dolori addominali, disturbi del sonno, nervosismo e ansia[14]. Nei casi più disperati l’epilogo di tale processo può essere il suicidio, come diretta conseguenza dell’idea intrusivo-ossessiva, percepita e fattuale, di non poter gestire, arginare ed eliminare vessazioni e violenze che inficiano la qualità dell’esistenza antropica. In questo senso i dati sono significativi: Il 31% dei tredicenni, percentuale che sale al 35% quando si tratta di ragazze, dichiara di aver subito una o più volte atti di cyberbullismo. Il 56%, poi, dichiara di avere un amico che è stato vittima di attacchi online. Sui social network, la percentuale dei protagonisti degli episodi sale dal 31 al 45%[15].Il profilo psicologico del cyberbullo Il profilo psicologico del cyberbullo evidenzia una mania del controllo, un tentativo di imporsi, attraverso il quale egli tenta di mettersi in mostra: è un incompetente sociale, non conosce le regole di una normale socialità e si palesa, in molti casi, come un analfabeta emotivo: è una persona immatura dal punto di vista affettivo, che presenta un’incapacità di gestione delle emozioni come il senso di colpa o la vergogna, sia provata che indotta[16].Nei criteri di elezione della vittima infatti, la diversità, nelle sue varie declinazioni, gioca un ruolo centrale. In genere compie azioni di prepotenza per ottenere popolarità all’interno di un gruppo, per divertimento, autogratificazione o semplicemente per noia.Strategie di prevenzione e intervento contro il cyberbullismoÈ fondamentale che le agenzie di socializzazione, famiglia, scuola ma anche la Rete, aiutino i ragazzi a sviluppare una consapevolezza sul fenomeno del bullismo e del cyberbullismo e a non sottovalutare gli effetti negativi che ne conseguono. Gli adulti sono chiamati a educare, più che a istruire: potenziando le abilità sociali con particolare attenzione alla consapevolezza emotiva e all’empatia. Un’attenzione particolare va data all’alfabetizzazione emozionale: è importante far lavorare in gruppi per aiutare il confronto, la capacità di problem solving relazionale e la cooperazione[17].Le vite online e il potere percepito da dietro uno schermoGli episodi di bullismo, come spiegato, non riguardano più solo la vita reale, contestualizzata nelle sue dinamiche relazionali. Sempre più spesso i soprusi accadono anche nello spazio virtuale dei media digitali usati per diffondere messaggi, immagini o filmati diffamatori. Le vite online influenzano direttamente i comportamenti, agiti e subiti, nella realtà. Attraverso lo schermo il cyberbullo si pone come attore egemone in un evidente squilibrio di forze: sente di avere potere, perché protetto da un anonimato percepito e illusorio, perseguita la sua vittima prevaricandola, vessandola e isolandola in un clima di ricatto reiterato e meschino. Tale potere si rafforza in modo progressivo, perché la persecuzione si diffonde nella Rete in modo invasivo, obbedendo a logiche piramidali tipiche dei paradigmi di quantità su cui si basa il web e quindi può raggiungere una platea potenzialmente illimitata di visualizzatori[18].Tale dinamica rende difficoltoso individuare luoghi e tempi in cui il cyberbullismo si attualizza, secondo una logica multitiming e multiplacing, con la conseguenza che il fenomeno appare meno riconoscibile e, quindi contrastabile, sia per gli organi competenti sia per le famiglie delle vittime. Un primo discriminante tra bullismo tradizionale e cyberbullismo risiede nel rapporto che lega vittima e bullo: Nel primo cado si conoscono ed è plausibile che abbiano avuto almeno qualche contatto relazionale. Nel bullismo digitale invece gli attori del fenomeno possono anche non conoscersi. L’empatia, il sentimento sociale fondamentale per essere soggetti socialmente attivi, si neutralizza davanti alla luce di uno schermo e le reazioni, i sentimenti, i bisogni dell’altro vengono negato, si mitigano, si confondono, restano ambigui e sfocati e il soggetto che bullizza si deresponsabilizza e distorce, edulcorandola, la propria visione della realtà.Scuola, famiglia, istituzioni: serve consapevolezzaLa “dimensione online” sdogana e esteriorizza comportamenti e gesti che nella realtà risulterebbero più oculati, pensati e magari evitati. Per contrastare tali criticità è fondamentale riattivare e aggiornare le old agency di socializzazione come la scuola e la famiglia, istituzioni prodromiche di qualunque forma di aiuto verso i soggetti coinvolti, con la finalità di sviluppare una consapevolezza critica sul fenomeno stesso, di non sottovalutare gli effetti negativi, pericolosi e potenzialmente letali che ne conseguono. Famiglia e scuola sono spesso disorientate di fronte al cyberbullismo, alle sue fattispecie e alle conseguenti evoluzioni, tuttavia, rimangono i postulati educativi a cui spetta la missione di potenziare le abilità sociali degli individui, in sinergia con la socializzazione spesso autoguidata nel web, con particolare attenzione alla consapevolezza identitaria, alla crescita emotivo-cognitiva e all’empatia[19].Nelle azioni persecutorie online è infatti la dimensione della socialità quella che viene colpita. Le vittime frequentemente sviluppano un’autostima bassa, depressione, ansia, paure, problemi di rendimento scolastico e interrompono, in molti casi, la frequentazione della scuola o del gruppo di pari e di qualunque forma di socialità, percepita come uno scenario di azione e relazione potenzialmente pericoloso[20].ConclusioniL’era internettiana degli smartphone, dei social network e dei forum digitali, ha dato ulteriori armi in mano ai bulli, pronti a intuire le risorse della rete, come un luogo virtuale, ma concreto, dove compiere atti violenti. Per gli adolescenti delle società tecnologicamente avanzate, Internet rappresenta infatti un contesto di esperienze e socializzazione irrinunciabile. Tuttavia, le nuove tecnologie nascondono lati oscuri, come ad esempio l’uso distorto e improprio che ne viene fatto per colpire intenzionalmente persone indifese e arrecare danno alla loro reputazione, facilitato dall’anonimato e dalla potenziale diffusione planetaria delle offese.Bibliografia1. Bauman Z., Modernità liquida, Roma, Laterza 2006.2. Bilotto A, Ghiretti G., Internet babylon, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Mernet Babylon. Cyberbullismo e dipendenza on-line, Lupetti, Milano 2021.3. De Kerchkove D., L’intelligenza connettiva. L’avvento della Web Society, Roma, Aurelio De Laurentiis multimedia 2019.4. Jenkins H., Convergence Culture. Where Old and New Media Collide, New York University Press, New York 2006.5. Lévy P., 2002, L’intelligenza collettiva. Per Un’Antropologia Del Cyberspazio, Milano, Feltrinelli.6. Menesini E., Nocentini A., Palladino E., Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo, Il Mulino Bologna 2017.7. Olweus D., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Milano 2007.8. Pennetta A.L., Zilotto G., Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza, Gappicchelli, Torino 2019.9. Scaringella A., Comunicare sulla rete. Complementi di informatica per scienze della comunicazione, Universitalia, Roma 2016.10. Tonioni F., Cyberbullismo, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Milano 2014.[1] Pennetta A.L., Zilotto G., Bullismo, cyberbullismo e nuove forme di devianza, Gappicchelli, Torino 2019.[2] Dati consultabili sul sito Cyberbullying Research Center: https://cyberbullying.org[3] Ministero della salute, Bullismo e cyberbullismo, 2023 consultabile su www.salute.gov.it[4] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[5] Bilotto A, Ghiretti G., Internet Babylon. Cyberbullismo e dipendenza on-line, Lupetti, Milano 2021.[6] Bilotto A, Ghiretti G., op. cit.[7] Menesini E., Nocentini A., Palladino E., ibidem.[8] Bilotto A, Ghiretti G., op. cit.[9] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[10] Bilotto A, Ghiretti G., Internet babylon, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Mernet Babylon. Cyberbullismo e dipendenza on-line, Lupetti, Milano 2021.[11] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[12] Olweus D., Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono, Giunti, Milano 2007.[13] Olweus D., ibidem.[14] Pennetta A.L., Zilotto, op. cit.[15] Ministero della salute, Bullismo e cyberbullismo, 2023 consultabile su www.salute.gov.it[16] Tonioni F., Cyberbullismo, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Milano 2014[17] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[18] Pennetta A.L., Zilotto G., op. cit.[19] Tonioni F., Cyberbullismo, come aiutare le vittime e i persecutori, Mondadori, Milano 2014.[20] Menesini E., Nocentini A., Palladino E., Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo, Il Mulino Bologna 2017.

Vuoi rimanere aggiornato sulle nuove tecnologie per la Didattica e ricevere suggerimenti per attività da fare in classe?

Sei un docente?

soloscuola.it la prima piattaforma
No Profit gestita dai

Volontari Per la Didattica
per il mondo della Scuola. 

 

Tutti i servizi sono gratuiti. 

Associazione di Volontariato Koinokalo Aps

Ente del Terzo Settore iscritta dal 2014
Tutte le attività sono finanziate con il 5X1000