La Costituzione: questa sconosciuta. Breve riflessione sulla somministrazione di un questionario di educazione civica in due classi quinte di un Liceo classico.
ARTICOLO SCRITTO DA: SILVIA SANGIOVANNI, AUTRICE SCUOLA OLTRE
Ore 11:30, suona la campanella di chiusura della ricreazione in una quinta Liceo classico. Inizia la somministrazione del questionario di Educazione Civica, o meglio, tengo a precisare, di Diritto Pubblico e Costituzionale. I ragazzi non hanno mai avuto lezioni su questi temi, ma hanno comunque svolto ore di Educazione Civica con docenti di altre discipline. Oh sì, si ragiona ancora, dopo più di 20 anni dai primi passi della ricerca e degli studi pedagogici sulla c.d. “società della complessità”, come ci ha insegnato E. Morin, in termini di interdisciplinarietà e non di disciplina, come vedremo.
I ragazzi hanno dunque un’ora a disposizione per rispondere a un questionario di 15 domande incentrato sulla Costituzione italiana, con domande come: “Quali sono gli organi costituzionali?”, “In quali fonti normative sono contenuti i diritti della persona?”, “Quali sono i vostri principali canali di partecipazione politica?” e “Cosa ne pensate della disciplina trasversale dell’Educazione Civica introdotta dalla legge n.92 del 2019?”.
I ragazzi leggono il questionario, sono incerti e si arrovellano in silenzio. Alcuni di loro battono nervosamente la penna sul banco e poi, dopo un po’ di tempo, cominciano timidamente a scrivere qualcosa. Chiedo loro come sta andando e mi rispondono che un’ora di tempo non è sufficiente per svolgere tutte le domande, che sono indietro e che il questionario non è semplice. Trasalisco: “Come? È basilare!”, non nascondo il mio sincero stupore.
Insomma, si impara sempre e quello che ho imparato io da questa esperienza è che non bisogna proprio dare niente per scontato, neanche l’acquisizione delle conoscenze e delle competenze culturali più basilari. Sfido chiunque a non ritenere un bagaglio, una cassetta degli attrezzi necessaria per coloro che dovrebbero essere dei cittadini attivi e consapevoli, prossimi all’esercizio del diritto di voto (si veda il fine della normativa in questione).
Dopo lo svolgimento del test, ho tenuto una lezione di vera e propria correzione in classe per evidenziare le numerose carenze culturali emerse, che riporto di seguito nei suoi tratti essenziali. Iniziando dalla prima domanda, tengo a precisare che questi studenti, e purtroppo non solo loro, arrivano tutti dalla Scuola Secondaria di Primo Grado pensando pervicacemente che la Costituzione sia “un insieme di leggi”. «Un Codice dunque?» chiedo loro con una certa e manifesta ironia, ma no, certamente. Dopo una breve riflessione su cosa sia un testo legislativo, emerge in tutta la sua semplicità che la Carta costituzionale è una legge, ossia la legge fondamentale, la madre di tutte le altre leggi, che deve essere rispettata da tutte le altre fonti normative e può essere integrata o modificata solo in alcune sue parti attraverso un procedimento complesso chiamato “revisione costituzionale” e così via.
Per la seconda domanda: “Quali sono i cosiddetti diritti umani e dove sono previsti?”, silenzio… Dentro di me penso: «Se io fossi un cittadino che vuole essere consapevole, vorrei saperlo!» Bene, questo concetto giuridico risulta un vero e proprio mistero. Solo uno studente azzarda con incolpevole titubanza la seguente risposta: «Nella Carta ONU!». Io, incoraggiata ma non del tutto sollevata, rispondo: «E basta?» Ebbene sì, la nostra povera Carta non è contemplata in questo senso, per non parlare delle leggi del Parlamento, mentre i decreti del Governo sono un vero e proprio tabù.
Meno male che la legge sull’Educazione civica prevede che agli studenti siano fornite le conoscenze di base sui fondamenti del funzionamento del nostro ordinamento costituzionale!
Continuo: se poi si va a chiedere loro come è strutturata la Carta e quali sono gli organi costituzionali, che in fondo non sono altro che le nostre principali istituzioni, allora la questione si complica, perché i nostri futuri elettori non solo non ne hanno la minima contezza, ma eufemisticamente presentano idee un po’ confuse, dal momento che per gli “sventurati” il Parlamento coincide con la Camera dei Deputati, mentre il Senato risulta essere… un corollario: alla faccia del nostro bicameralismo perfetto!
Se poi, con incuriosita testardaggine, continuo nell’impresa e chiedo loro: «Ma quali sono gli elementi che caratterizzano uno Stato democratico?», allora la questione si fa veramente seria, perché essi navigano dapprima nell’approssimativa convinzione che la forma di Stato democratica coincida con la sovranità popolare, ma cos’è questa “sovranità”? E solo in un secondo tempo qualcuno pensa anche al suffragio universale e ancora, «mettiamoci il diritto di voto, prof.!» Benissimo, dico loro un po’ rincuorata, poi aggiungo «ma non si tratta di elementi-monade, sporadici, perché tutte queste caratteristiche, e altre, sono condizioni necessarie e sufficienti per fare uno Stato realmente democratico, se così si può dire».
Ora siamo quasi in dirittura di arrivo, tiro un sospiro di sollievo pensando che siamo arrivati alle domande sull’attualità e sulla loro personale esperienza di ricerca di informazioni, ma il mio per così dire entusiasmo dura poco, perché leggo e trovo poi conferma nel corso della lezione di correzione, che nessuno di loro sa che le fonti più serie e affidabili si trovano sui siti istituzionali degli organi costituzionali, delle organizzazioni internazionali come l’ONU, delle ONLUS e dei partiti politici; molto meglio il “passaparola”, magari da parte di coetanei “provetti esperti di politica” o di familiari spesso distratti dalle loro fatiche lavorative e da approssimative cronache giornalistiche.
Infine, il mio personale calvario termina con la lettura delle risposte date dagli studenti su altri due temi che ritengo imprescindibili: 1. La loro partecipazione politica alla vita pubblica o politica nel senso letterale del termine e 2. Il loro pensiero e la loro esperienza sull’insegnamento dell’educazione civica come “disciplina trasversale”.
Sul primo tema, la diffidenza verso i consueti canali di rappresentanza politica indiretta, quali i partiti, è desolante e sembra avvalorare la sfiducia di cui si legge spesso sui giornali e che alimenta quell’astensionismo che ormai da decenni affligge le nostre democrazie; sull’argomento dell’Educazione civica, invece, i pareri sono molteplici circa la valenza formativa dell’esperienza fatta, ma ruotano tutti intorno all’insoddisfazione verso le poche ore svolte, la frammentarietà e la permanente autoreferenzialità delle discipline.
“Non tutto il male vien per nuocere”, si suol dire, pertanto alla fine di questo faticoso iter, sono ineluttabilmente contenta di rilevare che diversi alunni, tranne qualcuno che si contano sulle dita di una mano, sembrano convinti che la presunta trasversalità della disciplina rischi di essere facilmente dispersiva e auspicano che un docente “specializzato” insegni loro a conoscere i fondamenti dello Stato, in particolare il funzionamento delle istituzioni.
A quanto segue, dunque, va il mio pensiero e la mia breve riflessione, dopo aver ripetuto lo stesso personale calvario in un’altra rispettabile classe quinta del Liceo. Perché non introdurre un’ora a sé stante di Educazione civica, insegnata con i contenuti previsti dall’attuale normativa da docenti specializzati, essendo così rilevante formare cittadini attivi e consapevoli, oggi quanto mai nella complessa società della globalizzazione?
Questo è solo un umile interrogativo, ma riflettiamo per gradi. Prima considerazione: la caratteristica della trasversalità senza un’ora appositamente dedicata, posto che la trasversalità dovrebbe averla ogni disciplina ormai, può portare facilmente alla dispersione, alla frammentarietà slegata dei contenuti e al rafforzamento di quell’autoreferenzialità sterile che ancora impera in diverse realtà scolastiche ed è difficile sgretolare senza una riforma coraggiosa e lungimirante. Seconda riflessione: la disciplina, che può benissimo accogliere nel suo seno la trasversalità, come ogni altra del resto lo ribadisco, acquisirebbe una maggiore rilevanza se concepita e attuata come ora a sé stante, purché svolta da insegnanti specializzati, formati su tematiche che richiedono prerequisiti specifici e tecnici e che necessitano una preparazione che porti ad affrontare non solo le origini storiche, ma anche i contenuti giuridici della Carta, che è il nostro principale strumento giuridico di sviluppo e tutela dei diritti della persona. Solo in tale ottica, gli studenti, e aggiungerei a ragion veduta anche i docenti, percepirebbero l’identità specifica dell’Educazione civica, la sua valenza formativa al servizio di una cittadinanza realmente attiva e attendibile.
Last but not least, mi sento senz’altro di concludere, alla luce della mia docenza sull’argomento, che, con un po’ di buon senso e nel quadro del dibattito tenutosi in Commissione sulla Legge n.92/2019, dove si ricorda come Aldo Moro in Assemblea Costituente ne auspicò l’inserimento nei curricula scolastici, sarebbe senz’altro opportuno inserire l’Educazione civica come disciplina con una sua precisa identità in ogni ordine e grado di istituzione scolastica, così da introdurre una solida base di cultura civica per i nostri studenti. Come dico sempre loro da docente di un Liceo classico: «l’Educazione civica va studiata, come il greco e il latino!». Ad maiora.
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