Dietro le quinte di un’esposizione
ARTICOLO SCRITTO DA: ANNA PIRATTI, AUTRICE E FORMATRICE SCUOLA OLTRE
Conversazione con Antonio Espias
È fine giugno e fa un caldo torrido. Sto aspettando Antonio Espias all’ombra degli aranceti dell’antico giardino del Carmen, nel cuore di Valencia. Si tratta di un ex convento del XIII secolo con chiostro gotico, oggi sede del CCCC – Centro del Carmen de Cultura Contemporánea.
https://www.consorcimuseus.gva.es/centro-del-carmen/
Antonio Espias è un montatore di esposizioni che allestisce mostre di disegno, pittura, scultura, fotografia, installazioni video e cinetiche, nonché assemblaggi di ogni tipo. Tra le sue mani sono passate opere di Jean Dubuffet, Fernand Léger, Mario Merz e molti altri. Ha trasportato manufatti di ogni genere, dai dipinti a olio ai dispositivi contemporanei, in diverse località tra Spagna, Italia, Oman, Nigeria e Francia. In questo periodo si trova impegnato proprio al Carmen, dove mi ha dato appuntamento.
Oman https://www.nm.gov.om/en/home
Nigeria https://oopl.org.ng/
Italia https://www.labiennale.org/it/arte/2024
Eccolo che arriva, cordiale come il sole di Spagna, ci accomodiamo nel giardino e avvio la conversazione chiedendo ciò che un bambino chiederebbe dopo questa introduzione: come si diventa un montador de exposiciones?
Antonio parla perfettamente italiano, sorride e dice: “Per me è stato un caso. Circa 25 anni fa sono entrato a far parte di un’équipe di tecnici che allestivano grandi mostre. Intendo mostre che raccontavano un’epoca, con opere di valore inestimabile, come la straordinaria mostra ‘Felipe II, un monarca y su época’ che ha avuto luogo al Monasterio de San Lorenzo del Escorial nel 1998. Oppure ‘El oro y la plata de las Indias’ al Centro cultural de la Villa a Madrid nel 1999 (https://www.teatrofernangomez.es/programacion/exposiciones) o ancora ‘Prerafaelitas, visión de la naturaleza’, al C.C la Caixa, a Madrid nel 2004.”
“In casi come questi, le professionalità impegnate nel montaggio sono molte e diverse tra loro: si va dall’imbianchino, al carpentiere, all’elettricista, all’architetto, al curatore. Ho iniziato dal basso. Ho così potuto partecipare all’intero processo, osservando tutti i soggetti coinvolti, mi sono fatto un’idea globale.”
In questa orchestra di professioni, capita che qualche volta le cose non vadano come previsto?
Eccome! Parte del tempo è proprio dedicato al trovare soluzioni a problemi inattesi. Penso a quella volta in cui, insieme ai miei soci, dovevamo installare una scultura all’interno di un chiostro. Si trattava di assemblare blocchi di pietra del peso di circa 300 kg l’uno. Giunti sul posto, ci accorgiamo dai documenti che il curatore non ha considerato che il braccio della gru non ha l’estensione sufficiente per arrivare all’interno del chiostro. Che fare? Abbiamo spinto a braccia un carrello con sopra un masso alla volta fino alle 2 del mattino… Vedi come il dubbio o la chiarezza del curatore facciano la differenza. E ancora gli accessi ai musei, le altezze delle porte, la portata dei montacarichi, la collocazione di scale e finestre, giocano un ruolo determinante per la buona riuscita di un evento espositivo. Ecco, forse potremmo dire che il mio lavoro è una mediazione tra il concetto e la pratica, tra il progetto sulla carta e la sua fattibilità. La prudenza non è mai troppa, orari massacranti non giovano, sono un rischio per la salvaguardia delle opere. Qualche volta, però, bisogna dare il tutto per tutto!
In tutto questo, com’è il rapporto con gli artisti?
Anche qui vale il discorso precedente, si tratta di mediare tra le loro desiderata, specie nei linguaggi contemporanei, dove si spazia dall’assemblaggio alla video installazione, e la fisicità dello spazio. Confesso che amo molto lavorare con gli artisti più anziani. Non si prendono troppo sul serio, soprattutto, non hanno fretta. Progettano con rigore, sono meticolosi, allo stesso tempo si fidano dei montadores. Sono pronti ad ascoltare se proponi una soluzione tecnica diversa dalla loro. Annette Messeger o Mona Hatoum per esempio, sono due artiste con le quali ho lavorato bene e per le quali nutro rispetto.
https://ivam.es/es/exposiciones/
La tua professionalità coniuga il saper leggere un concetto, con il saperlo attuare e, oso aggiungere, una buona dose di savoir faire con le persone. Cosa ti affascina maggiormente di questo mondo?
La varietà. Oggi trasporto quadri, domani monto fotografie, dopodomani passo cavi d’acciaio e attacco didascalie. Ogni giorno affronto un problema che mi insegna qualcosa. Questo è il lavoro dei chiodi invisibili, delle equidistanze perfette. È quel tipo di lavoro che resta sotto il pelo dell’acqua, che proprio perché non si vede, vale. Saper leggere un’idea mi fa sentire vicino a un interprete che traduce una lingua. Poi, quando vedo la mostra finita, e so che è fedele al progetto sulla carta, insomma…per me è una grande soddisfazione.
https://www.fundacionbancaja.es/
Hai mai potuto spiegare tutto questo a una classe in visita a una mostra?
Non mi è mai capitato. Quando vengono le scolaresche a visitare una mostra, non è abitudine includere nelle spiegazioni i punti luce, il tipo di temperatura, i caratteri delle informazioni, le distanze, i colori di pareti e soffitti. Come se questi elementi fossero slegati dalle opere esposte. Quando invece le influenzano, talvolta esaltandole. Lo sforzo di osservare ciò che “non si vede” allena la nostra intelligenza sensibile. Per me è stato così negli anni in cui ho imparato il mestiere. Facciamo un esempio: il punto medio di osservazione di un quadro alla parete cade all’incirca a 1m e 50 da terra.
Con questa altezza qualsiasi visitatore, comprese le persone con ridotta mobilità possono goderne al meglio. Considerare importante questa informazione, significa essere consapevoli che i punti di vista che si posano sulla tela sono diversi, non c’è solo il mio o il tuo. Il quadro è lì per tutti. Sono dettagli? I dettagli sono tutto.
Credo che più di qualche lettore, insegnante o meno, avrà pensato lo stesso del proprio lavoro “un lavoro che proprio perché non si vede, vale.” Un bell’esempio, invisibile e solido, da portare nelle nostre classi in tempi di influencer. Antonio, qual è il tuo prossimo progetto?
Parto domani mattina all’alba per Madrid con un carico di fotografie. Dovranno essere montate a fine giornata. Allora, Hasta Luego Antonio, fai buon viaggio e grazie per averci svelato con le tue parole e le tue fotografie un po’ di più del lavoro dei chiodi invisibili!
Gracias y hasta pronto a los lectores de Scuolaoltre!
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