Il suicidio in diretta del TikToker bolognese, il cyberbullismo, nuove dipendenze, isolamento sociale e disregolazione emotiva. Ne parliamo con Rosa Castelluccio

Di Tiziana Morgese

Si è suicidato nella sua camera da letto di Bologna, in diretta social davanti a migliaia di persone che lo stavano seguendo. Inquisitor Ghost, così si faceva chiamare il 23 enne bolognese che era diventato una star di TikTok vestendosi come il personaggio di uno dei più noti videogame di guerra, ha ucciso il suo alter-ego forse perché vittima di Cyberbullismo. La trappola mediatica in cui era caduto non gli ha lasciato scampo, mettendo improvvisamente in luce tutte le sue fragilità “che si era illuso di nascondere sui suoi canali social che sono non luoghi pieni di rumore e solitudine, palcoscenici dorati dove, a volte, si celano dolori inimmaginabili”.

Così Rosa Cappelluccio, psicologa e psicoterapeuta commenta la morte di Vincent Plicchi, il TikToker bolognese vittima di Cyberbullismo.

Dottoressa, che cos’è il Cyberbullismo

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Il suicidio in diretta del TikToker bolognese, il cyberbullismo, nuove dipendenze, isolamento sociale e disregolazione emotiva. Ne parliamo con Rosa Castelluccio

Di Tiziana Morgese

Si è suicidato nella sua camera da letto di Bologna, in diretta social davanti a migliaia di persone che lo stavano seguendo. Inquisitor Ghost, così si faceva chiamare il 23 enne bolognese che era diventato una star di TikTok vestendosi come il personaggio di uno dei più noti videogame di guerra, ha ucciso il suo alter-ego forse perché vittima di Cyberbullismo. La trappola mediatica in cui era caduto non gli ha lasciato scampo, mettendo improvvisamente in luce tutte le sue fragilità “che si era illuso di nascondere sui suoi canali social che sono non luoghi pieni di rumore e solitudine, palcoscenici dorati dove, a volte, si celano dolori inimmaginabili”.

Così Rosa Cappelluccio, psicologa e psicoterapeuta commenta la morte di Vincent Plicchi, il TikToker bolognese vittima di Cyberbullismo.
Dottoressa, che cos’è il Cyberbullismo e perché Plicchi ne è diventato vittima?
Il noto TikToker, morto suicida solo qualche settimana fa, che aveva circa 300 mila Follower, nascondeva a tutti il dolore straziante che devastava il suo corpo e la sua mente. E’ rimasto vittima della rete, non ne ha riconosciuto i rischi, nonostante il suo ruolo all’interno della comunità virtuale.
Il Cyberbullismo è un fenomeno basato su atti di vessazione e prevaricazione, ma anche molestia, violenza indiretta, comportamenti aggressivi ed intimidatori nei confronti di una vittima indifesa. Le informazioni offensive, aggressive e moleste che vengono messe in rete si diffondono, di fatto, in modo rapido e incontrollabile, raggiungono in breve tempo un numero illimitato di spettatori, cosa che terrorizza la vittima, che percepisce un senso di umiliazione e di vergogna che, in alcuni casi, non gli permette di andare avanti. La vittima di bullismo e di Cyberbullismo può chiudersi in se stessa isolandosi dal mondo reale e allontanandosi da tutte le occasioni di socialità e, a volte, può mettere in moto la macchina della morte. Non dimentichiamo che il Cyberbullo è un molestatore che nessuno conosce. Vincent è stato accusato di adescamento e pedofilia: al momento non sappiamo cosa stabilirà la magistratura, quello che sappiamo con certezza, però, è che i social, a dispetto di quanto si pensa, allontanano dallo spirito cooperativo, che può nascere solo dove ci sono azioni di contatto.
Abbiamo già raccontato come ogni 11 minuti in Italia si registra un suicidio tra i più piccoli: si tratta di dati che mettono i brividi. Che ruolo, e soprattutto, quali
responsabilità devono avere genitori ed insegnanti nei confronti dei ragazzi?
I dati di cui abbiamo già parlato sono davvero raccapriccianti e non possono essere sottovalutati, soprattutto da noi addetti ai lavori e dai caregivers; perché sarebbe come
partecipare, consapevolmente, agli atti suicidari messi in atto dai nostri bambini e dai nostri ragazzi. Negli ultimi anni sono aumentati, da un lato, i fattori di rischio come l’uso e l’abuso di sostanze, le nuove dipendenze, l’isolamento sociale, la disregolazione emotiva e comportamentale e, di contro, sono diminuiti i fattori di protezione, dati dalla
famiglia e dalla scuola. Non dimentichiamo che genitori e insegnanti sono chiamati ad educare, tuttavia i primi finiscono spesso con l’organizzare il tempo dei piccoli come dei manager aziendali mentre i docenti, spesso, si focalizzano sempre più sulla performance, dimenticandosi della persona nella sua interezza.
Quali sono allora le differenze tra un suicidio nell’ombra ed un altro compiuto sotto la luce della visibilità?
La scelta di porre fine alla propria esistenza tra milioni di persone registra, paradossalmente, l’impossibilità di connettersi ad esse. Un suicidio ferisce e addolora sempre, anche se compiuto in solitudine ma osservarlo in presa diretta con i propri occhi può rappresentare un vissuto traumatico, talmente grave da poter generare, nel lungo periodo, un’atroce sofferenza. Non dimentichiamo che i “sopravvissuti” al suicidio in diretta hanno bisogno di aiuto, sia a casa sia a scuola: un aiuto basato su interventi mirati condotti da professionisti e con specifiche competenze.
Cosa vuol dire esattamente ?
Intendo dire che si andrà a lavorare sulla disregolazione emotiva, soprattutto controllando il significativo senso di colpa e di impotenza che ne derivano. Si tratta di emozioni violente che si ripresentano vivide nella mente di chi rimane, soprattutto se la scena è stata vissuta con i propri occhi e non ci è stata raccontata. E’ importante dare spiegazioni sul perché del gesto, sul perché il suicida non ha chiesto aiuto e se, magari, non si è stati in grado di rispondere, prontamente, ad una sua richiesta inascoltata.
Un suicidio è un fatto doloroso e complesso, soprattutto se spettacolarizzato e se riguarda un piccolo in crescita: è importante lavorare, anche preventivamente, su tutti gli attori della società e su tutte le istituzioni educative per non rimanere perplessi per essere giunti in ritardo.
Le chiamate via social per tentare di soccorrere la vittima sono state in questo caso davvero tante, tutte vane purtroppo. Come possono essere gestiti la rabbia ed il conseguente senso di colpa che scatta per non essere riusciti a salvare una vita?
La rabbia esplode quando ci viene fatto un torto, spesso un terribile torto. Se non si lavora su tutto l’assetto emotivo disregolato si avranno difficoltà nell’elaborazione del lutto e si potranno avere molte complicazioni psicopatologiche in tutti i contesti, compreso quello scolastico, dove ci troviamo di fronte a ragazzi, spesso vulnerabili che potrebbero addirittura imitare l’accaduto.
Il TikToker è qualcuno estremamente famoso ma è anche colui che vive costantemente sotto i riflettori, come trovare il giusto equilibrio tra la fama che proviene dai social e la costante pressione che ci rimbalza addosso ad ogni like?
Sui social la capacità di immedesimazione, l’attitudine a “sentire l’altro”, tratti distintivi degli esseri umani, si attenuano e talvolta spariscono. Soprattutto non si sente più l’effetto di ciò che si infligge all’altro e quindi non si impara a dosare la pressione. Vincent tutto questo avrebbe dovuto saperlo: non si guida un esercito di Follower tirando a indovinare o sperando nella buona sorte, perché alla fine sarai colpito, sarà solo una questione di tempo. E se diventi lo zimbello di milioni di persone rifarsi un’immagine risulterà quasi impossibile perché i testimoni di una debacle saranno stati un’infinità e ribaltare ogni singola sentenza sarà impossibile. La fragilità e la vulnerabilità della crescita possono condurre a vicoli ciechi e bui, fino a giungere ad un affliggente malessere che spesso sembra lasciare i bambini e i ragazzi soli. Registriamo casi di ragazzi come quello di Vincent, vittime che recidono la propria vita utilizzando i canali social, che rappresentano un inquietante palcoscenico dove chiedere aiuto, anche se invano.
Il grido di dolore echeggia tra milioni di followers senza ricevere risposta alcuna perché i social diventano talvolta non luoghi pieni di rumore e solitudine, palcoscenici dorati dove, a volte, si celano dolori inimmaginabili”.

Pubblicato in Cronaca

DigComp 3.0: cosa cambia per la scuola? Le novita’ essenziali rispetto alla versione precedente

Il framework DigComp è da anni il nostro punto di riferimento fondamentale per lo sviluppo e la valutazione delle competenze digitali, sia per noi che per i nostri studenti. In un mondo tecnologico in continua evoluzione, è essenziale che anche i nostri strumenti di riferimento si aggiornino. Con la pubblicazione della nuova versione, DigComp 3.0, il Centro Comune di Ricerca (JRC) della Commissione Europea, in collaborazione con la Direzione Generale per l’Occupazione, gli Affari Sociali e l’Inclusione (DG EMPL), ci fornisce un quadro rinnovato e più potente. L’obiettivo di questo articolo è illustrare in modo chiaro e sintetico le principali e più sostanziali novità rispetto alla precedente versione 2.2, per aiutarvi a integrare questi cambiamenti nella vostra didattica quotidiana.

1. Un nuovo contesto: le priorità del DigComp 3.0

L’aggiornamento del framework non è un semplice restyling, ma una risposta diretta e necessaria alle recenti evoluzioni tecnologiche e alle nuove sfide sociali. Lo sviluppo del DigComp 3.0 è stato guidato da cinque temi prioritari, che riflettono le competenze oggi indispensabili per una cittadinanza digitale consapevole e attiva:

• Competenza sull’Intelligenza Artificiale (IA)

• Competenza sulla Cybersecurity

• Diritti, scelta e responsabilità

• Benessere negli ambienti digitali

• Competenza per affrontare la misinformazione e la disinformazione

Queste priorità non sono concetti astratti, ma risposte dirette a fenomeni che già osserviamo in classe: dalla curiosità degli studenti per ChatGPT alla necessità di guidarli nel riconoscere le fake news sui social media.

Inoltre, il DigComp 3.0 integra pienamente i valori della “Dichiarazione europea sui diritti e i principi digitali per il decennio digitale”, promuovendo una visione antropocentrica della trasformazione digitale, in cui la persona è sempre al centro.

2. Le principali novità strutturali: come leggere il nuovo framework

Sappiamo bene che ogni cambiamento in un framework di riferimento richiede un piccolo sforzo di adattamento. Fortunatamente, le modifiche strutturali del DigComp 3.0 sono state pensate proprio per rendere il nostro lavoro di progettazione più semplice e intuitivo. Le modifiche più significative non riguardano solo i contenuti, ma anche la struttura stessa del framework, rendendola più funzionale e pratica, specialmente per chi, come noi insegnanti, deve tradurla in percorsi di apprendimento.

2.1. Dai livelli di padronanza ai “Learning Outcomes”

Una delle innovazioni più importanti è l’introduzione dei risultati di apprendimento (“learning outcomes”). Questi sono definiti come “enunciati di ciò che un individuo conosce, comprende o è in grado di fare al termine di un processo di apprendimento”. Questo approccio trasforma il DigComp da un modello puramente descrittivo a uno strumento prescrittivo e pratico, che funge da “collante” tra il mondo della scuola e le competenze richieste dalla società e dal lavoro. Per noi docenti, i learning outcomes sono una guida diretta per sviluppare curricula, progettare attività didattiche e creare strumenti di valutazione efficaci e coerenti.

2.2. Meno livelli, più chiarezza: Da 8 a 4 livelli di padronanza

Per semplificare la lettura e l’applicazione, il DigComp 3.0 riduce il numero dei livelli di padronanza, passando dagli 8 livelli del DigComp 2.2 a 4 livelli principali, più chiari e distinti:

• Basic (Base)

• Intermediate (Intermedio)

• Advanced (Avanzato)

• Highly Advanced (Altamente avanzato)

Per garantire la continuità e la compatibilità con i sistemi di valutazione e certificazione esistenti, basati sulla precedente struttura, il nuovo framework fornisce una mappatura suggerita che correla i 4 nuovi livelli con gli 8 precedenti. Per un approfondimento, è possibile consultare la “Tabella A3” presente nell’Annex 1 del documento ufficiale DigComp 3.0.

3. Aggiornamenti nei contenuti: esempi concreti di cambiamento

Anche i descrittori di alcune competenze sono stati aggiornati per riflettere le nuove priorità e utilizzare una terminologia più attuale ed efficace. La tabella seguente mostra alcuni esempi significativi di cambiamento tra la versione 2.2 e la 3.0, spiegandone la motivazione.

Competenza in DigComp 2.2

Competenza in DigComp 3.0

Perché è cambiata?

2.5 Netiquette

2.5 Digital behaviour (Comportamento digitale)

La competenza è stata rinominata per riflettere una terminologia più aggiornata.

3.4 Programmazione

3.4 Computational thinking and programming (Pensiero computazionale e programmazione)

Il “pensiero computazionale” è stato aggiunto all’inizio del titolo in quanto è un aspetto rilevante della competenza digitale.

4.3 Proteggere la salute e il benessere

4.3 Supporting wellbeing (Supportare il benessere)

“Supportare” sostituisce “Proteggere” per trasmettere una prospettiva più equilibrata e ottimista (ma non ingenua). “Benessere” è inteso come inclusivo degli aspetti fisici, mentali e sociali, rendendo il termine “Salute” ridondante.

5.4 Individuare i divari di competenze digitali

5.4 Identifying and addressing digital competence needs (Individuare e rispondere ai bisogni di competenza digitale)

Identificare i bisogni non è sufficiente, bisogna anche affrontarli. “Bisogni” (“needs”) è preferito a “divari” (“gaps”) per trasmettere un senso di scelta e autonomia individuale.

4. L’Intelligenza Artificiale: da esempio a competenza trasversale

Mentre il DigComp 2.2 aveva introdotto alcuni esempi relativi all’Intelligenza Artificiale, la versione 3.0 adotta un approccio molto più profondo e sistematico. L’IA non è più un argomento a sé, ma è riconosciuta come una competenza trasversale che attraversa tutte le 21 competenze del framework. Questo non significa che ogni azione sia mediata dall’IA; il framework riconosce e valorizza quegli aspetti intrinsecamente umani — come la scelta etica, le preferenze personali o il giudizio situazionale — che rimangono al centro dell’agire competente.

Per guidare noi educatori, ogni descrittore è etichettato come “AI-explicit” se la competenza riguarda direttamente l’uso o la comprensione dell’IA (es. usare un chatbot), o “AI-implicit” se l’IA agisce come un contesto influente (es. valutare i risultati di un motore di ricerca personalizzati da un algoritmo). Questa distinzione ci aiuta a identificare con precisione dove e come affrontare il tema dell’IA nella nostra didattica.

Cosa significano queste novità per la didattica?

Per noi insegnanti, il DigComp 3.0 rappresenta un’evoluzione significativa. È un framework più moderno, più pratico e decisamente più allineato alle sfide che i nostri studenti affrontano e affronteranno. L’introduzione dei “learning outcomes” ci offre una base solida per la progettazione curricolare, mentre l’attenzione a temi come l’Intelligenza Artificiale, la cybersecurity e la lotta alla disinformazione ci fornisce le coordinate per educare cittadini digitali competenti e responsabili. Adottare DigComp 3.0 significa trasformare la nostra didattica da reattiva a proattiva, fornendo agli studenti non solo competenze, ma una vera e propria bussola per navigare con consapevolezza, creatività e senso critico in un futuro digitale che è già presente.

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