La giustizia ingiusta

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Quello dell’amministrazione della giustizia non è un argomento che mi abbia particolarmente interessato finora, ma quel che si vede oggi mi porta a interessarmene, perché vedo che in questo campo le cose vanno al contrario di come dovrebbero andare: si vedono infatti sentenze e azioni dei magistrati che lasciano esterrefatti, considerato anche che si tratta di una casta privilegiata di persone che non rendono mai conto di nulla a nessuno. Già questo è inaccettabile in un paese democratico: se per tutti vale il principio che chi sbaglia paga, esso deve valere anche per i giudici, specie quando rimettono in libertà i criminali oppure, al contrario, quando comminano pene pesantissime senza prove adeguate.

Il primo caso si verifica quotidianamente con la microcriminalità urbana, soprattutto praticata dalle baby-gang e dagli immigrati. Costoro compiono reati di ogni sorta (scippi, furti, rapine, pestaggi ecc.) che dovrebbero comportare anni di carcere; e invece, come per miracolo, e dopo che le forze dell’ordine hanno rischiato persino la vita per catturarli, ecco che vengono rimessi subito in libertà dai magistrati, così possono tornare impunemente a rubare, rapinare e violentare. E’ vero che se i magistrati agiscono così vuol dire che c’è qualche cavillo legale che lo permette; ma è altrettanto vero, a mio parere, che se volessero i giudici potrebbero usare una mano ben più pesante contro chi viola costantemente la legge e rovina la vita dei cittadini, terrorizzati in certe città anche soltanto a dover uscire di casa.

Così criminali e terroristi tornano in lbertà, tanto è vero che i malavitosi stranieri vengono a delinquere in Italia perché sanno che qui la fanno franca e agiscono indisturbati, grazie alla nostra Magistratura. Ma esistono anche casi contrari di mala giustizia, e sono persino peggiori di questi. Io da tempo seguo su Rai3, il sabato sera dopo mezzanotte, la trasmissione “Un giorno in pretura”, dove vengono seguiti processi istituiti di solito per reati gravi, specie omicidi. Dopo una lunga istruttoria che spesso divaga rispetto all’argomento del processo, con avvocati che perdono tempo in domande inutili, alla fine la Corte prende quasi sempre la decisione di condannare gli imputati a pene pesanti, che meriterebbero senz’altro se la loro colpa fosse provata; ma il guaio è che spesso le prove sono evanescenti o sono semplici indizi, in base ai quali non è giusto rovinare la vita di una persona con una condanna pesante. Si ha proprio l’impressione che i magistrati vogliano ad ogni costo trovare un colpevole, un capro espiatorio da dare in pasto alla folla e ai giornali, condannando persone anche senza prove certe. Alcuni casi pubblici sono eclatanti: io ricordo quello di Avetrana, dove la colpevolezza delle due donne condannate non si fondava su prove ma su semplici indizi, e quello del muratore condannato per la morte di Iara Gambirasio, la cui reale colpevolezza è molto dubbia e vi sono state anche iniziative, finora inascoltate, di riaprire il processo. Io mi chiedo, a tal riguardo, perché è stata abolita la formula dell’assoluzione per insufficienza di prove: era una soluzione giusta e sacrosanta, perché quando le prove non ci sono, o sono insufficienti, non si può condannare una persona, anche se il pensiero comune porta a credere che possa essere colpevole. E’ il magistrato a dover dimostrare la colpevolezza, non l’imputato a dover dimostrare la propria innocenza.

Il malfunzionamento del carrozzone della giustizia è evidente, sotto gli occhi di tutti, e non si vede perché il Parlamento non emani una legge che sistemi le cose, anche caricando i magistrati di responsabilità penale in caso di errore e soprattutto di dolo. Un tale principio avrebbe dovuto applicarsi, se in questo Paese ci fosse veramente giustizia, contro quei magistrati che hanno agito e agiscono per faziosità politica, cosa vergognosa per chi – per l’essenza stessa della sua professione – dovrebbe essere al di sopra delle parti. Non possiamo dimenticare la diabolica persecuzione di cui è stato oggetto il compianto Berlusconi, il quale ha dovuto subire per decenni processi e accuse assurde come quelle del famoso caso Ruby; ed a questa vergogna aggiungo anche i processi subiti da Salvini per il “reato” di aver difeso i confini della Patria da un’invasione di stranieri che diventa sempre più massiccia. Non contenti di ciò, ancor oggi vi sono magistrati che combattono un governo legittimamente eletto dal popolo e partecipano persino a manifestazioni pubbliche contro di esso. Per tutti questi motivi si comprende come una riforma della giustizia sia urgente e necessaria, e dovrebbe essere proprio questo governo a proporla e portarla in Parlamento, proprio perché è quello che più degli altri ha subìto il giustizialismo di chi, anziché operare in modo imparziale, ritiene di poter manipolare le leggi in funzione del proprio credo politico.

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Ragazzi, soli, mai!

Ragazzi,  soli,  mai!

di Antonietta Cataldi

Madre: Smettila di commiserarti!  Ti comporti come se tutto ciò che ti è capitato fossero disgrazie e tu non avessi alcuna responsabilità.

Figlio: No, Mamma!  Il fatto è che, da ogni parte, viene scaricata su di me ogni colpa, come se fossi stato io a compiere tutte le scelte, sin da quando ero piccolo.

M.:  Cosa intendi dire?  Chi ti ha costretto a fare quel che non volevi?

F.:  Nessuno, ma io ero davvero in grado di capire quello che volevo?  A undici anni, appena uscito dalle elementari, quando ho formulato l’idea di entrare in seminario, ero in grado di capire cosa significasse questa scelta?

M.:  Ti dirò la verità, tuo padre e io non ci siamo posti il problema, forse perché, a quel tempo, avere un prete in famiglia era un titolo di merito, forse perché alcuni genitori sceglievano questa strada per i figli che non erano in grado di mantenere agli studi.  In ogni caso, non era una scelta definitiva, era un percorso che si poteva interrompere.

F.:  Voi avete guardato al futuro lontano senza considerare quello prossimo.  Vi siete chiesti quale sarebbe stata la mia vita in una realtà monca, soltanto maschile, con scarsi contatti con l’esterno?  A quell’età, non ero in grado di pormi questo problema.  Il mio mondo era popolato da ragazzetti come me, che amavano giocare a calcetto.  Ma la preadolescenza era vicina, con la sessualità che avrebbe presto imposto un cambiamento di prospettiva e, in quel momento, io mi sarei trovato chiuso in un mondo senza la presenza femminile.  Mi sarebbero state negate tutte le curiosità, le emozioni, anche le difficoltà, le frustrazioni nel rapporto con l’altro sesso.  La mia vita sarebbe stata priva di quella molteplicità di stati d’animo che l’attrazione, l’infatuazione, l’innamoramento comportano.  Pensi che una simile amputazione possa avvenire senza conseguenze?

M.:  Figlio mio, pensavo che si potessero generare forme di trasgressione come la lettura di giornalini scandalistici che quasi costò a tuo zio l’espulsione dal collegio.

F.:  No, Mamma, le conseguenze di quella deprivazione erano molto, molto più gravi.  Non selezionare i ricordi.  Pensa a ciò che ti raccontò tuo marito, che pure era già al ginnasio all’epoca dei fatti: tra i ragazzi c’era l’abitudine di accarezzare quelli con i glutei più rotondi!

M.:  E’ vero, ma poi tuo padre ha avuto una vita sessuale normale e io ne sono testimone.

F.:  Forse perché, dopo due anni, minacciò di scappare dal collegio se non lo avessero fatto uscire e, comunque, portò a lungo i segni di quelle esperienze.

M.:  In concreto, secondo te, cosa avremmo dovuto fare?

F.:  Quello che tu stessa mi hai detto che fece tuo padre con te.  Mi hai raccontato due episodi. Il primo è di quando eri ancora alle elementari e la suora che ti dava lezioni di pianoforte gli comunicò che intendevi farti suora.  Lei ti regalò un libro su Santa Chiara e lui non proferì parola, né in quel momento né in seguito.

M.:  Era un uomo saggio, capiva bene che la mia giovane età impediva che si potesse dare un valore permanente a quella mia supposta aspirazione.  In effetti, ero semplicemente attratta dalla veste monacale e dal mistero che sentivo aleggiare nella vita del convento.

F.:  E quando, a quindici anni, gli comunicasti che volevi fare l’attrice?  

M.:  Ancora una volta, mio padre fu abilissimo: mi disse che non sarebbe stato un problema ma che prima dovevo finire la scuola.

F.:  Lo vedi?  Non ti presentò difficoltà ma prese tempo per dare a te stessa il modo di maturare una decisione, tant’è che, dopo la maturità, eri proiettata verso altri obiettivi.  Perché non faceste così con me, consigliandomi di proseguire la scuola pubblica per entrare poi in un seminario maggiore?  A diciotto anni sarei stato molto più consapevole, avrei saputo agire e reagire adeguatamente nelle varie situazioni.  Avrei saputo respingere gesti mai immaginati e rifiutare approcci non desiderati, perché avrei capito e riconosciuto la differenza rispetto alle tenerezze e alle effusioni che avrebbero popolato i miei sogni e regalato magia alla mia realtà.  Avrei capito che i compagni di seminario non erano comparabili con le amiche di scuola.  Invece l’impossibilità del confronto ha finito col rendere accettabili comportamenti di coetanei e superiori che mai lo sarebbero stati in condizioni normali.  Io non sono gay, Mamma!

M.:  Sono stata miope e superficiale, figlio mio: mi dispiace non avere colto in tempo le implicazioni della tua situazione e tratto le conseguenze.  Non mi ero resa conto del motivo per cui addossavi a me e a tuo padre parte della responsabilità per la tua condizione e non avevo decifrato il dolore e il disagio che ti porti dentro.  Solo ora immagino la riluttanza a cedere a desideri che non erano i tuoi, ad abituarti a sollecitazioni non richieste e che, anche per chi le forniva, erano soltanto un ripiego, un surrogato, come il caffè di cicoria che si beveva durante la guerra, come l’omosessualità in carcere.  Se soltanto ci avessi pensato per tempo!  Sento parlare di una potente lobby gay in Vaticano e mi rattrista pensare che tu, per un’unica ragione, il fatto di essere in procinto di diventare prete, possa essere inquadrato tra i colpevoli mentre sei una vittima.  Perché intendiamoci: se si è omosessuali, il problema è costituito dalla mancata astinenza, ma se non lo si è, a questo si aggiunge anche l’aver agito controvoglia o l’avere addirittura semplicemente subito.

F.:  Sono vittima ma anche colpevole per non avere avuto il coraggio di ribellarmi, fin dall’inizio.

M.:  Ma se tu stesso hai detto che non conoscevi altra realtà!  A quell’età, poi, quando non si è ancora definita la propria identità, non si capisce nemmeno bene cosa si vuole e cosa non si vuole e, in ogni caso, non si può rifiutare ciò che non si riconosce, a parte il fatto che ti devi essere trovato in una condizione di impotenza se non addirittura di sudditanza.  Da quando ho percepito il tuo problema, mi sono impegnata a studiare …

F.:  Ecco, lo sapevo, tu trasformi sempre tutto in una occasione di studio, quasi che così si risolvano le questioni.

M.:  E’ vero, figlio mio, che non si risolvono ma conoscere il passato ci offre spunti per decifrare il presente e per individuare spiragli che indichino possibili vie d’uscita, perché – credimi – la storia dell’umanità ha delle costanti che ci possono sorprendere.  Pensi forse che il ricevere attenzioni sessuali indesiderate o, peggio, subire atti omosessuali sia una particolarità del nostro tempo?  La costante è che gli esseri umani riescono ad abituarsi quasi a tutto, specie quando le regole sono dettate, se non da dominatori, dalle convenzioni o dalle tradizioni.  Credi davvero che tutti i giovani gradissero il ruolo passivo che, nelle società tribali, toccava loro nella relazione, anche sessuale, con cui si concretizzava parte del rito di iniziazione che segnava il passaggio all’età adulta, quando era ammesso solo il ruolo attivo, quello che caratterizza il rapporto con la donna?

F.:  Certo che no e sicuramente non lo gradivano tutti i ragazzi tra i dodici e i quattordici-quindici anni che, ad Atene, si ritrovavano soggetti passivi, pur “all’interno di un legame affettivo duraturo”.  Ne sono testimonianza “le affermazioni di autori come Platone, Senofonte e lo pseudo Luciano, quando parlano del disgusto dei giovani amati, dell’umiliazione e del rancore che essi provavano verso gli amanti dopo il rapporto”[1].

M.:  Vedo che hai letto il saggio di Cantarella. 

F.:  Illuminante.  Così ho capito il perché di quei rapporti che alcuni semplicemente accettavano mentre altri, come Aristotele, rimpiangevano: “il ricordo del piacere provato provoca il desiderio di rinnovare il congiungimento che vi si accompagnava”. Non c’era possibilità di scelta, secondo le proprie inclinazioni; erano una “necessità sociale”[2] legata al fatto che, al centro dell’organizzazione della comunità non c’era il rapporto uomo-donna ma il rapporto tra uomini. Cantarella spiega: “il rapporto eterosessuale dava la vita fisica; la funzione di dare vita nel gruppo al maschio adulto, la funzione di creare l’uomo come individuo sociale spettava invece al rapporto omosessuale, che come sappiamo si stabiliva a questo scopo, quasi istituzionalmente, tra un adulto e un ragazzo. Ma questo rapporto doveva durare solo per un periodo di tempo ben delimitato.  Una volta raggiunta la maturità, infatti, il ragazzo doveva abbandonare il ruolo passivo (sia dal punto di vista culturale, sia dal punto di vista sessuale) e assumere un ruolo duplicemente attivo: quello eterosessuale del marito, e quello omosessuale dell’amante, educatore di un ragazzo amato»”[3].

M.:  Vedi, figlio mio, che c’è una ragione per tutto?  E’ perché c’era un tempo per tutto, anche per “assumere il ruolo virile con una donna, nel matrimonio”.  A questo proposito, c’è una indicazione molto significativa nell’Iliade, quando Teti si rivolge al figlio, disperato per la morte di Patroclo: “Accanto ad Achille sedette l’augusta sua madre, / lo carezzò con la mano e chiamandolo a nome gli disse: / «Figlio mio, fino a quando gemendo e soffrendo dolori / ti roderai il cuore, del tutto oblioso del cibo, / del letto?  Eppure è bello congiungersi con una donna / in amore»”[4].  E’ l’immagine di una madre affettuosa che esorta il figlio a superare quello stadio, ad andare oltre il “cameratismo di guerrieri” e “a compiere finalmente il suo dovere sociale”[5].

F.:  A me il discorso di Teti sembra quello tipico del genitore che si cura meno dei problemi psicologici che dei problemi sociali.

M.:  Sento un tono di rimprovero nella tua voce.

F.:  Te ne meravigli?  E’ vero che Teti sta agendo su ordine di Giove, adirato per lo scempio che, da nove giorni, Achille sta facendo del corpo di Ettore, colpevole di avere ucciso Patroclo.  E’ vero altresì che è difficile il compito di convincere il figlio, caratterizzato dall’«ira funesta», a consegnare la salma a Priamo per la sepoltura.  E’ pur vero, tuttavia, che, nel suo discorso, Teti non sembra tenere in alcun conto l’intensità del rapporto che legava i due amici.  Noi sappiamo, infatti, che Achille, sperando di essere il solo tra i due a morire a Troia, confidava di poter assegnare a Patroclo il ruolo di tutore del proprio figlio.  E sappiamo anche quanto premuroso Patroclo fosse stato con Briseide quando era stata condotta schiava di guerra.  A lui, cadavere, la donna rivolge il proprio lamento, quasi possa sentirla: “tu no, non volevi / ch’io piangessi, ma sempre dicevi che resa m’avresti / d’Achille divino la sposa legittima e, a Ftia sulle navi / condotta, il banchetto nuziale tra i Mirmidoni avresti imbandito. / Perciò senza fine io ti piango morto, dolcissimo sempre!”[6].  A me sembra altissima la statura umana di questo eroe ucciso: non mi meraviglia che abbia suscitato tanto amore e non mi importa se il legame con Achille avesse o no una componente sessuale.  Era amore e tanto mi basta. Per me il problema sorge quando l’amore non c’è o non è reciproco. 

M.:  Capisco quello che intendi dire: i genitori, nel valutare la condizione dei propri figli, usano parametri che prescindono dal loro benessere presente e futuro.  Ad esempio, non tengono in conto se abbiano o no conosciuto una realtà prima di allontanarsene.  Forse hai ragione.  Il problema è che spesso è così difficile conoscervi!  Tu, per esempio, sei sicuro di esserti sforzato di farmi comprendere il tuo disagio, quando ha cominciato a prendere corpo?

F.:  Ecco, lo sapevo che, ancora una volta, la colpa era mia!  Proprio tu mi parli così, tu che hai sempre sostenuto che ti bastasse uno sguardo per capire se qualcosa non andava! Ma non mi vedevi, in quei brevi periodi che trascorrevo a casa?  Non ti rendevi conto di quanto poco sereno fossi? Sembra quasi che tu non mi abbia guardato come persona ma come un esserino da gestire nel modo migliore possibile, quello che potesse darti la massima tranquillità.  E dove maggiore tranquillità che in un seminario?

M.:  Dimentichi che sei stato tu a chiederlo?

F.:  No, ma tu e Papà siete stati pronti ad assecondarmi, come se la mia fosse la migliore delle scelte possibili, come una buona sorte.  Non mi avete posto nessun problema, non mi avete presentato nessuna difficoltà.  Non vi siete chiesti e non mi avete chiesto se ci fosse un qualcosa che mi sarebbe potuto mancare.

M.:  Tu avresti saputo rispondere?

F.:  Non credo, ma sarei stato costretto a riflettere.  Invece così mi sono trovato in un ambiente sconosciuto, al quale mi sono semplicemente dovuto adattare accettando relazioni che non avevo mai nemmeno immaginato.  Mentre rispondeva pienamente alle mie aspettative la realtà educativa, sono stati per me sorprendenti alcuni rapporti affettivi che ho via via individuato e che erano talvolta connotati da una fisicità che mi appariva morbosa e comunque sgradita.  Era come se invano fossero trascorsi millenni da quando, nella Grecia precittadina, “i ragazzi apprendevano le virtù che avrebbero fatto di loro degli adulti durante il periodo di segregazione, vivendo in compagnia di un uomo, al tempo stesso educatore e amante”, mentre a Sparta “i ragazzi, a dodici anni, erano affidati a degli amanti, scelti tra i migliori uomini in età adulta, e da questi imparavano a essere dei veri spartiati”[7].

M.:  Ma quanti di questi casi hai trovato in tutti questi anni?

F.:  Mamma, cosa dici?  Fai una questione di numeri? 

M.:  No, figlio mio, volevo solo dire che in ogni contesto ci sono le eccezioni, le famose “mele marce”, ma questo non consente di generalizzare; come dice il proverbio, di “buttare il bambino con l’acqua sporca”.  Nella vita mi è capitato di avere a che fare con un sacerdote che stimavo, al quale mi rivolgevo per le messe ai defunti, e che poi ha dato scandalo, sorpreso a compiere atti sessuali con un ragazzino.  Una storia squallida, che però non mi ha indotto a colpevolizzare tutto il clero.  Mi rendo conto di quanto sia difficile la rinunzia alla sessualità e come questa, in un contesto in cui non sia possibile la sua libera espressione, possa trovare vie improprie.  Mi viene in mente ciò che disse Gesù a conclusione di una discussione sul matrimonio e sul fatto che non convenisse sposarsi se non si poteva ripudiare la propria moglie: “vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli”[8].  Ora, un conto è “la teorizzazione della continenza come valore morale”, un altro è la pratica “dell’astinenza come stato di vita più alto e più vicino al Signore, come strumento per la conquista del premio nella vita eterna”[9].   Non è facile accettare l’idea della “superiorità del celibato volontario”[10], rifiutare la sessualità e rendersi eunuchi, specie per alcuni.  Ora ti dico una cosa che spero non ti scandalizzi.  E’ un pensiero rimasto confuso finché non ho letto questo passo di Mancuso: “Riferendosi all’espressione «il discepolo che egli amava», presente sei volte nel Vangelo di Giovanni, alcuni hanno ipotizzato una tendenza omosessuale di Gesù.  La realtà è che questa figura un po’ enigmatica del discepolo preferito è completamente assente nei Sinottici, ricorre solo nel Quarto vangelo e solo nella seconda parte, forse come proiezione del suo autore, e non ha nulla a che fare con la vita di Gesù quale emerge da tutte le altre fonti, ben più affidabili dal punto di vista storico.  Se quindi si vuole ritrovare nel «discepolo che egli amava» un segnale di tendenza omosessuale, essa riguarda non Gesù ma l’autore del Quarto vangelo”[11].  Non avevo mai pensato che Gesù fosse omosessuale semplicemente perché, in quanto Dio venuto in terra come “Figlio dell’Uomo”, cioè figlio dell’Essere Umano, nella mia mente non poteva avere altro ruolo che quello di fratello dell’umanità intera.  Avevo sempre pensato che l’espressione di Giovanni potesse essere una vanteria, come quella dei bambini quando sostengono “la mamma vuole più bene a me”.  In alternativa, l’espressione mi sembrava interpretabile come “il discepolo che lo amava”, lo amava più di tutti e pertanto era da lui ricambiato con la massima intensità.  L’ipotesi riportata da Mancuso mi ha fatto molto riflettere: se davvero Giovanni fosse stato gay, sarebbe stato bellissimo, perché vorrebbe dire che Gesù davvero lo amava particolarmente perché era il più fragile, quello che faceva più fatica a stargli accanto, a “rendersi eunuco per il regno dei cieli”.

F.:  Mamma, davvero non c’è limite alle tue elucubrazioni!  Però devo ammettere che la tua ipotesi mi intriga.  Amare qualcuno e stargli accanto sapendo bene di dover respingere qualunque impulso, di doversi negare qualunque aspettativa, è terribile: vuol dire amare fino al sacrificio.  Ora rivedo la mia esperienza con altri occhi ma non cambia la mia convinzione che il seminario minore sia un errore.

M.:  Ma, figlio mio, io ho sempre pensato che il seminario fosse, dopo la famiglia e forse più ancora che la famiglia, il luogo più protetto al mondo!

F.:  E non hai pensato che una realtà mutilata come quella potesse generare storture e potesse impedire a ciascuno di trovare la propria identità, anche sessuale? Tu non hai idea di come sia triste assistere alle manovre di preadolescenti che cercano di trovare uno sbocco alle loro pulsioni!

M.:  Vuoi forse dire che le cose andavano meglio nella Grecia dell’età classica, quando era previsto che il figlio, per il passaggio all’età adulta, venisse affidato a un adulto di valore, che avesse le qualità per fare di lui un degno esponente della propria comunità e che con lui avesse un rapporto esclusivo, anche di tipo sessuale? Andavano meglio quando i genitori, che non ponevano in discussione le convenzioni, si limitavano a proteggere i propri figli dai corteggiatori inadeguati facendoli, come  ad Atene,  “controllare dai pedagoghi”[12]?

F.:  Non dico che era meglio; dico che, già allora, c’erano leggi a protezione dei ragazzi, tese a evitare ai giovanissimi “le possibilità di frequentazioni e di incontri pericolosi” col rischio di diventare prede di avventurieri.  Per questo “era considerato infame intrattenere qualunque rapporto” con i minori di dodici anni ed era corposo l’elenco degli amanti di “cattiva qualità” cui era proibito frequentare il locale ginnasio: tra questi gli schiavi, i liberti, i prostituti, i commercianti, gli ubriachi e i pazzi[13].  Alcune cose, a mio giudizio, col tempo sono cambiate ma non tutte con effetti positivi.  Per esempio, “l’uomo romano era condannato alla virilità”[14].  Per questo, “a differenza dei greci, i romani non ritenevano che, per i ragazzi, essere soggetti passivi di un rapporto omosessuale fosse educativo. […] Sessualmente […] erano uomini, anche se solo in potenza: e come tali non dovevano mai essere sottomessi”. D’altra parte, mancando la “funzione pedagogica del rapporto, […] fondamentale in Grecia”, veniva meno ciò che dava una motivazione nobile al compito assegnato all’adulto, che pur godeva di una posizione di predominio.  Di conseguenza, nel mondo latino, dove “l’adolescenza era breve” tanto che, “a quattordici anni, un ragazzo era già considerato un adulto […] e poteva prendere moglie”[15], “con il giovinetto amato […] si viveva una vera storia d’amore: destinata peraltro a finire […] nel momento in cui l’amante compiva l’atto che per i romani altro non era, di regola, che un dovere sociale, e che segnava l’inizio di una nuova era della vita: il matrimonio”[16].  Questo scatenava i pappagalli stradali, le cui iniziative potevano diventare veri e propri “attentati all’onore” dei “ragazzi di nascita libera”.  I “giovani ingenui”, che non potevano uscire da soli, erano protetti dal pretore con la punizione di “chi sottraeva loro la scorta” giacché, “senza scorta, essi si presentavano, a chi li incontrava, come persone di facili costumi”[17].

M.:  In conclusione, vuoi dire che c’erano più tutele di oggi?  Di nessun rilievo è dunque il fatto che “quel che era riprovato era solo il fatto di amare un giovane libero e cittadino romano”, mentre restava escluso lo schiavo che “non apparteneva, come soggetto, al mondo della città” e che poteva dunque essere sodomizzato senza problemi giacché “subire il padrone era parte integrante del dovere di servirlo”[18]?

F.:  Questo è un altro discorso, Mamma.  Voglio semplicemente dire che, se certe cose accadono oggi, non si può liquidare la faccenda dando la colpa al fato.  A me sembra che le famiglie non si assumano appieno le proprie responsabilità, scaricandole sulla scuola o, più genericamente, sulla società.  Penso a quanto si è impoverito il novero delle doti richieste a un compagno di scuola per essere considerato degno di essere frequentato: basta che sia “di buona famiglia” e prenda bei voti.    Poco importa se manca di sensibilità ed è anche magari un po’ bullo; se ti capisce; se ha piacere di stare con te o lo fa solo per convenienza; soprattutto, se tu hai piacere di stare con lui.

M.:  Figlio mio, non hai idea di quanto sia difficile essere genitore.  Mio padre diceva sempre: “io faccio quello che posso; il resto, come Dio vuole”.  Io non so se ho fatto tutto quello che potevo.  Probabilmente no.  Certo mi sono posta il problema dell’identità sessuale ma non ho mai immaginato che potesse essere messa a repentaglio in un seminario.  Ho letto tanto, cominciando naturalmente con Platone e quella bellissima immagine che spesso viene citata solo per metà: “Tanto tempo fa la nostra forma non era come adesso, ma diversa. Per cominciare, i generi umani erano tre, non come oggi, due: maschio e femmina.  Allora se ne aggiungeva un terzo, partecipe d’entrambi i sessi. […] L’uomodonna esisteva come sesso a parte, allora”.  Mi è sembrata rivoluzionaria questa “lezione preliminare sulla fibra umana” perché supera la concezione binaria per cui, sin dalle origini, o si è maschi o si è femmine. Questi esseri sferici “erano mostri d’aggressività e di resistenza.  Pieni d’orgoglio assalirono le divinità. […] Zeus ebbe un lampo di genio. Disse: «[…] li spacco tutti in due, ad uno ad uno, così le loro forze caleranno».  […] Ora, dopo il dimezzamento della figura umana, ogni parte rimpiangeva quel suo doppio”. Qui finisce la parte più citata della storia.  La più interessante è, a mio giudizio, il seguito, in cui Platone fa una casistica di ciò che poteva accadere a ciascuno nella ricerca della metà mancante.

F.:  Lo so, ho studiato il Simposio: “Esistono uomini risultato della spaccatura di quel vivo nodo che, allora, si chiamava uomodonna: sono amatori della donna, questi, e la risma degli adulteri, quasi tutta, alligna qui; ed ecco anche le donne appassionate d’uomo, specialmente adultere, tutte dallo stesso ceppo”.  Questo è l’effetto   del ricongiungimento delle due parti del terzo sesso.  Nessun problema per gli altri due. Infatti, “donna nata da spaccatura di donna, non fa tanto caso all’uomo, quanto si orienta sulle altre donne: da qui le donne che vanno con le donne.  Chi è taglio di maschio, bracca il maschio”.

M.:  E contempla i vari stadi e le varie possibilità di interazione anche sessuale tra due metà con “radici maschili”, concludendo: “Qualcuno dice che sono scandalosi: è una calunnia.  Non compiono quell’atto per istinto osceno: anzi, è tutto cuore, fibra maschia, d’uomo vero, è l’attrazione, in loro, per natura affine. Documento sicuro di questo: solo questi, fattisi maturi, riescono uomini versati in politica”[19].  Io penso che dovrebbero leggere questo passo tutti coloro che nascono “taglio di maschio” e soprattutto coloro che li avversano, li denigrano, li dileggiano, li giudicano anormali. 

F.:  Io lascerei da parte il riferimento alla politica, visto il basso livello di considerazione di cui gode al giorno d’oggi.  Piuttosto confronterei il discorso di Platone con le informazioni che, da medico, già venticinque anni fa, ha offerto la monaca benedettina e teologa Teresa Forcades quando, parlando di gender, ha spiegato che esistono almeno tre dimensioni del sesso biologico: “Sul piano cromosomico (genetico) tutti sappiamo che esistono xx(femmina) e xy (maschio) e molti sono convinti che vi siano soltanto queste due possibilità, ma non è così. […] Oltre a xx e xy, che tutti conosciamo, esiste infatti anche xxy: in medicina si chiama «sindrome di Klinefelter».  Questa composizione genetica riguarda una persona ogni mille.  C’è poi anche un’altra possibilità: x0 («sindrome di Turner»). Questi due sessi genetici che ho nominato cosa sono: femmine o maschi?”[20]. Pensa a quanto è divenuto attuale questo discorso durante le ultime Olimpiadi …..

M.: …con osservazioni e commenti che denotavano estrema ignoranza e volgarità. A me, invece, viene in mente ciò che disse Calvino in una intervista nel 1980: “Nella mia vita ho incontrato donne di grande forza.  Non potrei vivere senza una donna al mio fianco.  Sono solo un pezzo d’un essere bicefalo e bisessuato, che è il vero organismo biologico e pensante”[21].  Sembra Platone rivisitato ed è stupendo il modo in cui viene proposto il risultato del rapporto che si crea quando c’è vera intimità e appartenenza reciproca.  E’ l’effetto dell’amore vero e a me non interessa se si generi tra due persone dello stesso sesso o di sesso diverso e non m’importa nemmeno che sia eterno: mi basta che esista all’interno di una relazione.  Sono troppo vecchia per accettare rapporti basati solo su un’attrazione momentanea, su una voglia occasionale. Siamo persone; per me non esiste il “fare sesso”, non ha senso un amplesso equivalente al mangiare quando si ha fame, bere quando si ha sete, e trovo fulminante l’affermazione di Simone de Beauvoir riportata da Forcades: “rispetto alle esperienze sessuali riferite dalle giovani ragazze americane quindicenni sosteneva che avessero fatto più che altro «ginnastica pelvica»”[22].  Per me esiste solo il fare l’amore – come cantava Dalla – “ognuno come gli va”.  Mi rendo conto ora di non aver riflettuto sulla condizione di chi l’amore non lo può fare e se ne deve privare senza nemmeno averlo conosciuto.  Ci penso e me ne rammarico profondamente.

F.:  Peccato che avere studiato tanto ti sia servito tanto poco, come madre!

M.:  E’ vero.  Il fatto è che, per tanti anni, convinta che, per gli esseri umani, il sesso, non essendo legato alla procreazione, dunque alla conservazione della specie, sia o debba essere semplicemente un piacere, ho trovato normale poterne fare a meno, come col desiderio di cioccolata, cui si rinuncia in tempo di fioretti. Non solo. Non mi sono posta il problema di tutte le persone per cui si tratta di un impulso irrefrenabile, che non possono essere condannate a una vita da eunuchi. Dopo tutto, Gesù stesso parla del “rendersi tali”, cioè di una decisione di cui non può farsi carico un ragazzino.

F.:  E ora che l’hai capito?

M.:  Ora sono per l’abolizione dei seminari minorili.  Ti dirò di più, sarei per la chiusura dei seminari in generale, così da permettere a tutti di conoscere la vita.  Farei esistere solo Facoltà universitarie di Teologia analoghe alle altre Facoltà, cioè programmate con un corso base triennale e successivi corsi biennali specialistici, a seconda della branca di studio prescelta.  Sarebbero tutte aperte a uomini e donne, sposati e non, che, a seguito di concorsi, potrebbero avere accesso all’insegnamento o ad altre professioni. L’unico corso specialistico riservato agli uomini non sposati sarebbe quello di formazione alla vita ecclesiastica. Così dovrebbe essere fino a quando la Chiesa cattolica non si sentirà pronta per il sacerdozio femminile. In ogni caso, si tratterebbe di una scelta della quale un adulto sarebbe consapevole; soprattutto, una scelta della quale nessuno se non l’interessato potrebbe o dovrebbe sentirsi responsabile.

F.:  Questa, secondo te, sarebbe la soluzione di tutti i problemi?

M.:  Certo che no, ma toglierebbe spazio alla segregazione che ne causa tanti, su cui i più preferiscono tacere.  Per questo ho trovato coraggioso, anche se dirompente, e non mi ha scandalizzata affatto il termine “frociaggine” utilizzato da Bergoglio, che considero un grande Papa.  Lui si riferiva a quelle pratiche che poi diventano costume e non cessano con l’età né col mutamento delle condizioni. E’ un termine indubbiamente forte ma che richiama esclusivamente il fare sesso, non riguarda l’amore, che è un sentimento dolce, capace di illuminare un momento di vicinanza fisica tra due persone, uomini o donne che siano. Bisogna guardare in faccia la realtà, affrontarla e non fare come si è fatto per troppo tempo.

F.:  Beh, mi complimento.  Ne hai fatti di progressi!

M.: So di meritare il tuo sarcasmo; tu però non ti rendi conto del clima in cui sono cresciuta. Non so se ti ho mai detto quello che mi raccontava mio padre: quando lui era ragazzo, in paese tutti sapevano che un certo prete aveva una compagna, peraltro accettata in famiglia, e addirittura potevano vederne uno che si caricava una ragazza sulla canna della bicicletta, la portava in campagna e poi la riportava con grande disinvoltura. Mi spiegò che per tutti era normale distinguere tra ciò che l’individuo faceva in quanto uomo e la sua funzione di sacerdote sull’altare. Sdoppiamento? Sì. Ipocrisia? Forse.  Realismo? Certo.

F.:  Un po’ tardi, non ti pare, per raccontarmi queste cose? Non mi hai dato la possibilità di pensarci su.  Mi sarei posto il problema della castità.

 M.:  Perdonami. In tanti anni ho assistito a innumerevoli conferenze sull’educazione dei figli ma il tema della castità non è stato affrontato mai. Ricordo le posizioni più diverse, da quella che sostanzialmente richiamava la famosa canzone popolare napoletana, secondo la quale «mazz’ e panell’ fann ‘e figli bell’; panell’ senza mazz’ fann e’ figl pazz’», a quella di ispirazione bucolica che richiamava la consuetudine contadina di affiancare a un alberello ancora instabile un piccolo tronco che lo sostenga e lo aiuti a crescere diritto.  La posizione più interessante mi è sembrata quella di uno psicologo che prendeva ad esempio se stesso nel rapporto col proprio cane che, inizialmente, quando erano in giro per strada, scappava costringendolo a lunghi inseguimenti.  Quando aveva cambiato strategia e aveva smesso di rincorrerlo, si era accorto che l’animale fuggiva ma poi si fermava dietro l’angolo.  Il figlio si aspetta che il genitore lo segua, anche quando sembra sfidarlo.

F.:  Appunto, Mamma, il genitore deve accettare sfide, correre rischi, non prendere a scatola chiusa soluzioni rassicuranti.

M.:  Pensa che io mi ero posta un unico problema, quello del matrimonio dei preti, perché nell’anno che ho trascorso negli Stati Uniti ho avuto occasione di conoscere due figlie di pastori protestanti, entrambe compagne di scuola.  Erano agli antipodi: una quasi una suorina; l’altra del tutto fuori norma, sbandata, non di rado ubriaca.  Probabilmente mi sono capitati esempi sbagliati.  Certo è che, da allora, penso che avere un genitore ecclesiastico debba essere opprimente, quasi come lo era per me sentirmi dire che non potevo fare varie cose perché mio padre “portava le stellette”, cioè era un militare.

F.:  Dunque niente prole, niente matrimonio.  Come se ne esce?

M.:  In primo luogo, come ti dicevo, eliminando la possibilità di entrare in seminario se non si è maggiorenni.

F.:  E poi?

M.:  E poi, se ancora di seminari parliamo, dando ampia possibilità di ripensamenti e verifiche.  Non ci devono essere condizionamenti morali.  Pensa che un anno, nel liceo che dirigevo, è venuto un ragazzo proveniente da un seminario.  I suoi occhi erano smarriti quando è arrivato e non mi pare lo fossero di meno quando è andato via, dopo il pur brillante scrutinio finale.  Era stato troppo breve il lasso di tempo che si era concesso per capire, per scegliere e forse non lo aveva aiutato la presenza di amici, che c’erano e che presumo si fossero impegnati a fargli conoscere una vita diversa.  Credo che decisioni di questo genere richiedano riflessione, silenzio e una lenta   maturazione.

F.:  E allora?

M.:  Ora tocca a te.

F.:  Ho deciso: vengo via dal seminario ma non torno a casa.

M.:  E dove vai?!

F.:  Ancora non so. Ho bisogno di cambiare aria. Voglio andare in una città, finire il liceo e poi frequentare l’università.

M.:  Potresti andare dai tuoi cugini. Sarebbero felici di ospitarti.

F.:  Mamma, per favore, ho riflettuto su questa possibilità ma non sarete voi genitori a decidere.  Se questa lunga esperienza mi ha insegnato qualcosa è che non bisogna delegare le proprie scelte ad altri, nemmeno a chi ci ama moltissimo.  D’ora in poi, farò quello che mi sembrerà giusto e, se sbaglierò, pagherò.  Tanto il prezzo non potrà mai essere più alto di quello pagato finora.

M.:  Figlio mio, io ho semplicemente formulato un’ipotesi, peraltro seguendo la tua indicazione.  Ti prego, non estromettermi dalla tua vita.  Sarebbe una punizione tremenda.

F.:  Non ho nessuna intenzione di estrometterti, in primo luogo perché non voglio e poi perché non potrei, dato che non sono ancora né maggiorenne   né finanziariamente autonomo. Ti chiedo solo di non starmi col fiato sul collo e di rispettare il mio bisogno di indipendenza. Dopo tutto, non è questo che vuol dire crescere, diventare adulto?  Dovresti esserne sollevata.  Invece ti vedo incupita. Vuoi forse suscitare in me nuovi sensi di colpa?

M.:  No, per carità!

F.:  E allora smetti di preoccuparti per me.

M.:  Non ci riesco.  Non so cosa darei per garantirti, per il futuro, la serenità che ti è mancata in passato e che ti manca ancora.  Mi rendo perfettamente conto di quanto sia difficile questo momento, ma ricordati che non sei e non sarai solo, mai. Abbi fiducia in te stesso e abbi fede: la tua vita è nelle mani del Signore e, come sappiamo, Dio, se ti vuole, ti trova.  Quanto a me, non dubitare: se e quando dovessi desiderare avermi accanto a te, in qualunque strada del mondo, ti basterà fermarti dietro l’angolo, ti raggiungerò.

[1] CANTARELLA Eva, Secondo natura.  La bisessualità nel mondo antico, Milano, Feltrinelli, 2021, pagg. 67 e 272-3.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem, pag. 76.

[4] OMERO, Iliade –  Odissea , Roma, Newton Compton, 2021, Libro XXIV, vv. 126-131.

[5] CANTARELLA Eva, op. cit. , pagg. 19 e 25-6.

[6] Ibidem, Libro XIX, vv.328 e seguenti; v. 296-300-

[7]CANTARELLA Eva, op, cit., pagg. 21-2.

[8] Matteo 19, 12.

[9] CANTARELLA Eva, op. cit., pag 263.

[10] I VANGELI – Marco Matteo Luca Giovanni, a cura di Giancarlo Gaeta, Torino, Einaudi, 2006, pag. 923.

[11] Mancuso Vito, I quattro maestri, Milano, Garzanti, 2020, pag. 370.

[12] CANTARELLA Eva, op, cit.,pag. 39.

[13] Ibidem, pagg. 67 e 48-49.

[14] Ibidem, pag. 280.

[15] Ibidem, pagg. 276-7.

[16] Ibidem, pag. 163.

[17] Ibidem, pagg. 141 e 153-4.

[18] Ibidem, pagg. 138 e 131.

[19] PLATONE, Simposio, Apologia di Socrate, Critone, Fedone, Milano, Mondadori, 2020, pagg. 71-3.

[20] FORCADES Teresa, Siamo tutti diversi! Per una teologia queer, Roma, Lit Edizioni, 2019, pagg. 117-8.

[21] CALVINO Italo, Gli amori difficili, Milano, Mondadori, pag. XL.

[22] FORCADES Teresa, op. cit., pag. 45.

Il profilo professionale e le competenze del Dirigente tecnico con funzioni ispettive

Il profilo professionale e le competenze del Dirigente tecnico con funzioni ispettive

di Pietro Boccia

a. Premessa

I Dirigenti tecnici sono professionisti, che, investiti di funzioni e compiti di rilevanza da svolgere individualmente o collegialmente, del sistema nazionale di istruzione, educazione e formazione, si interessano di questioni tecniche e infrastrutturali, relative alle istituzioni scolastiche. Hanno competenza e responsabilità soprattutto nell’assicurare che la logistica e la tecnologia siano armonizzate con gli obiettivi educativi. L’attività del contingente ispettivo (DPR. n. 80/2013) del Ministero dell’istruzione è costituito da dirigenti tecnici ed è un’espressione di alta professionalità in ambito educativo, pedagogico e didattico, prevista dall’articolo 419 del D.lgs. n. 297/1994. Storicamente solo nel 2021, il Decreto-Legge n. 73, convertito in Legge n. 106/2021, ha istituito una sezione destinata ai dirigenti tecnici con funzioni ispettive e ha introdotto nuove modalità di reclutamento. All’ articolo 423, comma 1, infatti, le parole: “ispettore tecnico” sono sostituite dalle seguenti: “dirigente tecnico con funzioni ispettive”.

b. Art. 12 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 – Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni delloStato, anche ad ordinamento autonomo

All’articolo 12 del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 – Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo – vengono fissate attribuzioni particolari dei dirigenti con funzioni ispettive, sostenendo che devono: provvedere, secondo le direttive del Ministro o del competente direttore generale, alla vigilanza sugli uffici dell’Amministrazione, al fine di accertarne sia la regolarità amministrativa e contabile sia il corretto svolgimento dell’azione amministrativa; verificare la razionale organizzazione dei servizi, l’adeguata utilizzazione del personale e l’andamento generale dell’ufficio, tenendo anche conto delle segnalazioni e dei suggerimenti eventualmente formulati dai cittadini o dalle organizzazioni di categoria; svolgere opera di consulenza e orientamento nei confronti del personale degli uffici sottoposti a visita ispettiva al fine di conseguire un migliore coordinamento e il perfezionamento dell’azione amministrativa; riferire sull’esito delle ispezioni o inchieste loro affidate all’organo dal quale dipendono ed eventualmente a quello che le ha disposte, segnalando tutte le irregolarità accertate e formulando proposte sui provvedimenti da adottare; adottare, in caso di urgenza, i provvedimenti necessari, consentiti dalla legge, per eliminare gli inconvenienti rilevati; comunicare all’ufficio organizzazione e, ove occorra, alla direzione generale competente per materia, copia della relazione ispettiva, per la parte relativa alle disfunzioni dovute a non razionale ispettiva, per la parte relativa alle disfunzioni dovute a non razionale organizzazione dei servizi o a inadeguate procedure amministrative eventualmente riscontrate; riferire direttamente al capo del personale, per i provvedimenti di competenza, tutti i fatti che possono dar luogo a procedimento disciplinare. Il disposto di cui all’art. 20, comma secondo, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, numero 3, si applica a tutti i dirigenti che svolgono funzioni ispettive. I dirigenti con funzioni ispettive, che, nell’esercizio o a causa di tali loro funzioni, accertano fatti che presentano caratteri di reato per la cui punibilità non sia prescritta querela dell’offeso, sono obbligati a farne rapporto direttamente alla competente autorità giudiziaria, ai sensi dell’art. 2 del Codice di procedura penale. Il rapporto stesso deve essere trasmesso per notizia all’organo dal quale i dirigenti con funzioni ispettive dipendono e a quello che eventualmente ha disposto l’ispezione o l’inchiesta. Nel caso di ispezioni in cui siano accertati fatti che possano interessare altri Ministeri o dar luogo a responsabilità a carico di personale da questi dipendenti, la relazione ispettiva dev’essere comunicata anche al Ministro interessato. Restano ferme le speciali disposizioni che concernono particolari controlli ispettivi da parte di organi dell’Amministrazione dello Stato nei confronti di enti e privati. I dirigenti con funzioni ispettive sono solidalmente responsabili dei danni derivanti da eventuali irregolarità dagli stessi non rilevate in sede d’ispezione, salvo che tali irregolarità non siano state commesse anteriormente a precedente visita ispettiva effettuata da altri funzionari. In questi casi la responsabilità si estende solo se i dirigenti con funzioni ispettive abbiano ricevuto specifico incarico scritto di indagare anche sui fatti anteriori o abbiano omesso di informare gli organi competenti delle irregolarità delle quali siano venuti comunque a conoscenza.

c. Art. 4 del DPR n. 417/1974 – La funzione ispettiva

Nel 1974, poi, con il decreto delegato n. 417 viene definita, all’articolo 4, la funzione del dirigente tecnico (allora ispettore tecnico). Tale articolo sostiene che la funzione ispettiva concorre, secondo le direttive del Ministro per la pubblica istruzione, e nel quadro delle norme generali sull’istruzione, alla realizzazione delle finalità di istruzione e di formazione, affidate alle istituzioni scolastiche ed educative. Essa è esercitata (con due funzioni diversificate anche contrattualmente) da “ispettori” tecnici centrali e periferici. Gli “ispettori” tecnici centrali operano in campo nazionale e gli “ispettori” tecnici periferici in campo regionale o provinciale. I dirigenti tecnici (ispettori), secondo l’art. 4 del DPR n. 417, contribuiscono a promuovere e a coordinare le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle scuole di ogni ordine e grado; formulano proposte e pareri in merito ai programmi di insegnamento e di esame e al loro adeguamento, all’impiego dei sussidi didattici e delle tecnologie di apprendimento, nonché alle iniziative di sperimentazione, di cui curano il coordinamento; possono essere sentiti dagli organi collegiali a livello provinciale in relazione alla loro funzione; svolgono attività di assistenza tecnico-didattica a favore delle istituzioni scolastiche e attendono alle ispezioni disposte dal Ministro per la pubblica istruzione o dal provveditore agli studi. I dirigenti tecnici (ispettori) svolgono, altresì, attività di studio, di ricerca e di consulenza tecnica per il Ministro, i direttori generali, i capi dei servizi centrali, gli ex soprintendenti scolastici e gli ex provveditori agli studi (attualmente Uffici scolastici regionali e ambiti territoriali). Al termine di ogni anno scolastico, il corpo ispettivo redige una relazione sull’andamento generale dell’attività scolastica e dei servizi. L’articolo 4 del DPR n. 517/1974 è, poi, confluito, nel 1994, nel D.lgs. n. 297 (artt. 419 e 420). Gli “ispettori” tecnici centrali e periferici, tuttavia, superano, dopo una lunga lotta dei secondi, con la Legge 27 dicembre 1989, n. 417, che ha convertito il D.L. n. 357/1989, la diversificazione, in base all’art. 5, comma 7 e diventano un unico ruolo con funzioni diversificate in base alle aree.

d. Art. 21 della Legge n. 59/1997 e l’autonomia delle istituzioni scolastiche

Nel 1997, la Legge n. 59 del 15 marzo ha, per di più, fissato, all’art. 21, l’autonomia didattica e organizzativa per le scuole. Il dirigente tecnico è una figura professionale, che, nella pubblica istruzione, svolge la funzione ispettiva e, in tale compito, nell’autonomia scolastica, diventa un valido tecnico, a livello conoscitivo e valutativo, diretto all’analisi dell’attività, svolta nelle varie realtà scolastiche con la finalità di supportarle nella crescita e nel miglioramento. Il servizio del corpo o contingente ispettivo-tecnico fa, a livello normativo, oggi parte, in maniera integrante, del Sistema nazionale di valutazione (DPR n. 80/2013). La denominazione di corpo ispettivo-tecnico è assunta dall’art. 9 del DPR n. 17 del 2009, che, al comma 1, recita “il corpo ispettivo, composto dai dirigenti che svolgono la funzione ispettiva tecnica, è collocato, a livello di amministrazione centrale, in posizione di dipendenza funzionale dal capo del Dipartimento per l’istruzione, e, a livello periferico, in posizione di dipendenza funzionale dai dirigenti preposti agli uffici scolastici regionali. Le modalità di esercizio della funzione ispettiva tecnica sono determinate con apposito atto di indirizzo del Ministro”. Il sistema nazionale di valutazione (DPR n. 80/2013), che attua la Legge n. 10 del 2011, ha rilevanza anche dal punto di vista dell’armonizzazione con le politiche dell’Unione europea, perché, attraverso le attività, che svolge, riesce a fare un’analisi accurata della condizione della scuola italiana, e, di conseguenza, a individuarne punti di forza e criticità. L’assunzione del ruolo di “ispettori” tecnici è, pertanto, diretto ad ampliare l’efficacia, l’efficienza e la qualità del servizio scolastico, svolgendo compiti ampiamente rilevanti, nel sistema d’istruzione e formazione, sia a livello centrale che sul territorio. L’attività è esercitata nelle istituzioni scolastiche italiane statali e paritarie di ogni ordine e grado, a livello periferico, centrale e all’estero, secondo quanto disciplinato dal Decreto Interministeriale n. 4716 del 23 luglio 2009. “L’ispettore”, oggi dirigente tecnico, per il suo compito e nella sua mansione: predispone ed elabora progetti per perseguire e realizzare gli obiettivi indicati dal MIUR per quanto concerne la politica scolastica; svolge assistenza e consulenza alle istituzioni scolastiche, ai sostegni didattici e alle tecnologie educative; promuove e facilita le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado; organizza e svolge attività di assistenza tecnico-didattica, di studio, di ricerca e di consulenza sui progetti di sperimentazione; realizza verifiche e ispezioni, disposte dal Ministro e dagli Uffici dell’amministrazione scolastica; coordina il Sistema nazionale di valutazione e gli esami di Stato; vigila sugli Enti di formazione (Direttiva n. 170/2016); controlla e vigila sul sistema delle scuole paritarie e straniere (Decreti nn. 82 e 83/2009); interviene su ispezioni disposte (D.lgs. n. 297/1994); coordina il Nucleo esterno di valutazione (NEV); coordina il Nucleo di valutazione dei Dirigenti scolastici (Direttiva n. 36/2016); interviene quando un docente, immesso in ruolo, deve affrontare il secondo anno di prova, e su incarichi specifici.

e. La direttiva del 2 luglio 2002 e gli obblighi dell’ispettore tecnico

La Presidenza del Consiglio dei ministri, per quanto riguarda le attività di ispezione, al fine di garantire l’efficienza e l’imparzialità, ha emanato la Direttiva 2 luglio 2002 nella quale si elencano le gli obblighi dell’ispettore, oggi dirigente tecnico, vale a dire: porre le proprie iniziative su imparzialità, su autonomia di giudizio e su una buona conduzione dell’attività esercitata (principi sanciti dalla Costituzione); conoscere e analizzare l’attività e la normativa dell’ente o dell’ufficio sottoposto ad ispezione; condurre l’intera ispezione con rigorosa riservatezza; tenere un comportamento assertivo ma disponibile, esercitando le proprie funzioni nel rispetto dei diritti e delle opinioni di chi è ispezionato; avanzare osservazioni e proposte sulla base dell’obiettività metodologica, la significatività e la rilevanza degli elementi; non turbare il regolare funzionamento della struttura ispezionata; fondare i referti e i rilievi su elementi probanti e circostanziati; assicurare la trasparenza della documentazione in modo da rendere l’ispezione dimostrabile in ogni suo atto; comunicare i risultati dell’ispezione al soggetto o alla struttura ispezionata. Le regole proposte nella direttiva presuppongono che, quando l’ispettore incaricato, oggi dirigente tecnico, non si sente in grado di assicurare l’imparzialità e l’estraneità personale, deve rinunciare ad effettuare la verifica. La formazione, la professionalità e la competenza sono, pertanto, un diritto e un dovere dell’ispettore/dirigente tecnico. La sua preparazione deve essere costantemente aggiornata per iniziativa personale ovvero partecipando a corsi specifici. La formazione e la competenza sono i presupposti con cui l’ispettore/dirigente tecnico deve assolvere i propri obblighi di pubblico dipendente. La formazione dell’ispettore/dirigente tecnico è obbligatoria e si deve realizzare con la partecipazione ai corsi proposti dall’amministrazione di appartenenza, vale a dire con l’approfondimento e l’iniziativa personale. Per quanto concerne la formazione, non c’è distinzione tra chi assolve le mansioni di ispettore/dirigente tecnico con continuità e chi l’assolve per periodi di tempo circoscritti, in quanto tutte le esperienze di amministrazione attiva contribuiscono ad accrescere il bagaglio culturale necessario per lo svolgimento di una proficua attività ispettiva.

Secondo la Direttiva 2 luglio 2002, la professionalità, che presuppone sensibilità ed equilibrio, si traduce, fondamentalmente, nella capacità di prestare ascolto, di dialogare e di saper convincere chi lavora nella struttura ispezionata, per evitare il ripetersi degli errori riscontrati e migliorare la qualità delle prestazioni. La conoscenza e l’analisi dell’attività e della normativa dell’ente o dell’ufficio sottoposto a ispezione sono, di conseguenza, presupposti necessari allo svolgimento proficuo delle verifiche. L’attività ispettiva presuppone una preparazione idonea e si effettua in modo adeguato allorquando si conoscono preventivamente: l’attività e l’organizzazione dell’ente o dell’ufficio da ispezionare; i nominativi dei funzionari responsabili e le caratteristiche della gestione e dei servizi erogati; la normativa relativa e i suoi aspetti specifici; le finalità istituzionali e i modi con cui sono perseguite; le eventuali interazioni con altre amministrazioni; i risultati di eventuali precedenti ispezioni. L’intera ispezione deve essere, secondo la Direttiva 2 luglio 2002, coperta da rigorosa riservatezza. Pertanto, sono riservati i dati e le informazioni raccolte durante l’ispezione. Non sono ammissibili dichiarazioni in ambienti privati o pubblici, né ad organi d’informazione. Tutti i dipendenti hanno l’obbligo di non servirsi delle informazioni d’ufficio per scopi personali. Nell’attività ispettiva, la riservatezza assume importanza determinante, perché il venir meno a quest’obbligo può: produrre un ingiusto danno all’ispezionato; ripercuotersi negativamente sull’immagine dell’amministrazione; ingenerare strumentalizzazioni da parte di altri soggetti. Fino al termine del lavoro, possono, inoltre, essere raccolti elementi nuovi, arrivando ad esiti conclusivi non prevedibili. L’ispettore/dirigente tecnico, quindi, non deve rilasciare dichiarazioni pubbliche, parlando nelle sedi dovute con i superiori o con gli organi competenti ed esprimendosi con verbali, referti, rilievi accessibili soltanto nel rispetto delle norme sulla trasparenza degli atti amministrativi.

Chi effettua ispezioni deve essere assertivo, ma, nello stesso tempo, disponibile. Questo comportamento deve essere sempre orientato alla soluzione dei problemi emersi. I momenti sanzionatori e consultivi devono costituire una contrapposizione fisiologica dell’attività ispettiva. Va, comunque, evitato che emergano conflitti e incomprensioni con chi è sottoposto a ispezione o valutazione e che tende ad assumere atteggiamenti difensivi. È necessario che l’ispettore/dirigente tecnico faccia valere i propri principi ed eserciti i propri poteri senza prevaricazioni, nel rispetto dei diritti e delle opinioni di chi è ispezionato. Allo stesso tempo, la disponibilità, che si manifesta con un atteggiamento di ascolto e d’indirizzo, non deve svuotare i contenuti dell’attività ispettiva o ingenerare l’impressione di benevolenza, poiché essa ha unicamente lo scopo di contribuire alla soluzione dei problemi emersi e di ripristinare un funzionamento regolare nell’amministrazione. L’obiettivo da conseguire è sempre quello di generare nell’interlocutore tutta la collaborazione necessaria per analizzare le ragioni che hanno causato un determinato disservizio. L’obiettività metodologica, la significatività e la rilevanza degli elementi considerati sono alla base delle osservazioni e delle eventuali proposte di orientamento avanzate dall’ispettore/dirigente tecnico. Questi può, procedendo con metodo basato su elementi probanti, rendere condivisibili le osservazioni mosse, mostrare l’obiettività dei suoi accertamenti, il valore significativo delle proposte, la rilevanza dei risultati. Solo la validità della metodologia d’indagine porta, nell’ambito dell’ufficio ispezionato, un contributo che si concretizza in una amministrazione più forte nelle decisioni e più efficace nei servizi prestati.

L’ispettore/dirigente tecnico deve turbare il meno possibile il regolare funzionamento della struttura ispezionata, perché, intervenendo su una struttura che svolge servizi per la collettività, può anche provocare delle alterazioni rispetto al normale svolgimento dell’attività istituzionale; perciò, deve essere sua cura limitare al massimo disfunzioni o ostacoli al regolare funzionamento degli uffici onde evitare, anche parzialmente, la paralisi dell’ente o dell’ufficio ispezionato, fatta salva la necessità di evitare danni ulteriori. L’amministrazione ispezionata deve, comunque, mettere l’ispettore/dirigente tecnico nella condizione di svolgere al meglio il proprio compito, fornendo tutte le informazioni richieste e i mezzi necessari, senza, per questo, andare incontro ad un innalzamento dei costi. I rilievi e i referti devono fondarsi su elementi probanti e circostanziati. Nei rilievi e nei referti da inviare agli uffici preposti e alle competenti magistrature, le relazioni dell’ispettore/dirigente tecnico devono essere sempre circostanziate, fondate su elementi evidenti e inconfutabili e, se necessario, verificate con i vertici della struttura ispezionata. L’ispezione deve essere dimostrabile in ogni suo atto. Questa condizione deve essere garantita dai verbali, dalle relazioni, dagli estratti della documentazione e di ogni altro elemento utile. L’ispezione, oltre ad essere oggettiva sia per il metodo sia per gli elementi probanti, deve essere dimostrabile e documentabile in ogni sua parte, partendo dalle problematiche incontrate sino ai risultati finali. Con il termine “dimostrabile” si fa riferimento alle raccolte, agli elenchi e ai verbali in cui sono riportati circostanze, documenti, elaborazioni, relazioni, testimonianze, dichiarazioni, come elementi che devono permettere di ricostruire l’intera ispezione senza ricorrere a nuove indagini e verifiche. I risultati dell’ispezione devono essere comunicati al soggetto o alla struttura ispezionata. Questa condizione è necessaria per garantire interventi di correzione e di tutela da parte dei soggetti titolari degli organi coinvolti nell’ispezione. L’attività ispettiva fine a se stessa non serve a nulla e, perciò, ad essa devono seguire processi correttivi o di autotutela degli organi che sono abilitati ad intervenire. La comunicazione dei risultati dell’ispezione dà valore aggiunto al buon andamento della pubblica amministrazione e rispetta i principi enunciati nel Codice di comportamento (DPR n. 62/2013) dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Il comunicare, per di più, i risultati di un’ispezione, condotta nel rispetto delle regole descritte nella direttiva, contribuisce a diffondere la trasparenza (Legge 241/1990, D.lgs. n. 33/2013, D.lgs. n. 97/2016) delle attività della pubblica amministrazione.

f. L’organizzazione del MIUR

Il Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, all’art. 49, stabilisce, al comma 1, che al ((Ministero dell’istruzione e del merito)) sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in ordine al sistema educativo di istruzione e formazione, di cui all’articolo 2 della Legge 28 marzo 2003, n. 53, e all’articolo 13, comma 1, del Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla Legge 2 aprile 2007, n. 40. Al comma 2 si sostiene che al Ministero sono trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, ivi compresa la gestione dei residui, le funzioni del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nei limiti, di cui all’articolo 50, eccettuate quelle attribuite ad altri ministeri o ad agenzie, e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite dalla vigente legislazione alle Regioni e agli Enti locali. È fatta, altresì, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, nel quadro di cui all’articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Lo stesso decreto, all’art. 50, afferma che il Ministero svolge le funzioni di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali: organizzazione generale dell’istruzione scolastica, ordinamenti e programmi scolastici, stato giuridico del personale, inclusa la definizione dei percorsi di abilitazione e specializzazione del personale docente e dei relativi titoli di accesso, sentito il Ministero dell’università e della ricerca; definizione dei criteri e dei parametri per l’organizzazione della rete scolastica; definizione degli obiettivi formativi nei diversi gradi e tipologie di istruzione; definizione degli indirizzi per l’organizzazione dei servizi del sistema educativo di istruzione e di formazione nel territorio al fine di garantire livelli di prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale; promozione del merito e valutazione dell’efficienza nell’erogazione dei servizi medesimi nel territorio nazionale; definizione dei criteri e parametri per l’attuazione di politiche sociali nella scuola; definizione di interventi a sostegno delle aree depresse per il riequilibrio territoriale della qualità del servizio scolastico ed educativo; attività connesse alla sicurezza nelle scuole e all’edilizia scolastica, in raccordo con le competenze delle Regioni e degli Enti locali; formazione dei dirigenti scolastici, del personale docente, educativo e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario della scuola; assetto complessivo e indirizzi per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione, nonché del sistema di istruzione tecnica superiore; congiuntamente con il Ministero dell’università e della ricerca, funzioni di indirizzo e vigilanza dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) e dell’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa (INDIRE), individuabile, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, anche come Agenzia nazionale per la gestione del programma europeo per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport (Erasmus+) con riferimento alle misure di competenza del Ministero dell’istruzione e del merito, fermo restando che la nomina dei relativi presidenti e componenti dei consigli di amministrazione, di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 31 dicembre 2009, n. 213, è effettuata con decreto del Ministro dell’istruzione e del merito; promozione dell’internazionalizzazione del sistema educativo di istruzione e formazione; sistema della formazione italiana nel mondo, ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale stabilite dal decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 64; determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e del personale alle istituzioni scolastiche autonome; ricerca e sperimentazione delle innovazioni funzionali alle esigenze formative; supporto alla realizzazione di esperienze formative, finalizzate alla valorizzazione ((del merito e all’incremento)) delle opportunità di lavoro e delle capacità di orientamento degli studenti; valorizzazione della filiera formativa professionalizzante, inclusa l’istruzione tecnica superiore; riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni in ambito europeo e internazionale, nonché attivazione di politiche dell’educazione comuni ai paesi dell’Unione europea; consulenza e supporto all’attività delle istituzioni scolastiche autonome; programmi operativi nazionali nel settore dell’istruzione, finanziati dall’Unione europea; istituzioni, di cui all’articolo 137, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; altre competenze assegnate dalla legge 13 luglio 2015, n. 107, nonché dalla vigente legislazione, ivi comprese le attività di promozione e coordinamento del sistema integrato dei servizi di educazione e di istruzione per bambini fino ai sei anni. All’articolo 51 del decreto legislativo n. 300 si sostiene che il Ministero si articola in due dipartimenti in relazione alle aree funzionali, di cui all’articolo 50, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5. Il numero di posizioni di livello dirigenziale generale non può essere superiore a ((ventotto)), ivi inclusi i capi dei dipartimenti.

Successivamente, nel 2003, il DPR n. 319 – Regolamento di organizzazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – all’art. 2, recita che il Ministero è articolato a livello centrale, a norma dell’articolo 51 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in tre dipartimenti (co. 1). I dipartimenti, al comma 2, assumono rispettivamente la denominazione di: Dipartimento per la programmazione ministeriale e per la gestione ministeriale del bilancio, delle risorse umane e dell’informazione; Dipartimento per l’istruzione; Dipartimento per l’università, l’alta formazione artistica, musicale e coreutica e per la ricerca. Nell’ambito dei già menzionati dipartimenti sono individuati gli uffici di livello dirigenziale generale, di cui agli articoli 5, 6 e 7. Il Ministero è, al comma 3, articolato, a livello periferico, negli uffici scolastici regionali, di cui all’articolo 75, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Al comma 4 si afferma che con decreti ministeriali di natura non regolamentare, adottati ai sensi dell’articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e dell’articolo 17, comma 4-bis, lettera e), della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, nonché dell’articolo 19 della legge 15 marzo 1997, n. 59, sono individuati gli uffici di livello dirigenziale non generale e i loro compiti. Negli anni successivi, il DPR del 21 dicembre 2007, n. 260 – Regolamento di riorganizzazione del Ministero della pubblica istruzione – all’art. 5, stabilisce che il dipartimento svolge le funzioni nelle seguenti aree: definizione degli obiettivi formativi nei diversi gradi e tipologie di istruzione; organizzazione generale dell’istruzione scolastica, ordinamenti, curricula e programmi scolastici; stato giuridico del personale della scuola; definizione degli indirizzi per l’organizzazione dei servizi nel territorio al fine di garantire livelli di prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale; valutazione dell’efficienza dell’erogazione dei servizi nel territorio; definizione dei criteri e parametri per l’attuazione di interventi sociali nella scuola; definizione di interventi a sostegno delle aree depresse per il riequilibrio territoriale della qualità del servizio scolastico ed educativo; ricerca e sperimentazione delle innovazioni funzionali alle esigenze formative; riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni in ambito europeo e internazionale, nonché attuazione di politiche dell’educazione comuni ai Paesi dell’Unione europea; assetto complessivo dell’intero sistema formativo; individuazione degli obiettivi, degli standard e percorsi formativi in materia di istruzione superiore e di formazione tecnica superiore; consulenza e supporto all’attività delle istituzioni scolastiche autonome; definizione degli indirizzi in materia di scuole paritarie, di scuole e corsi di istruzione non statale; cura delle attività relative all’associazionismo degli studenti e dei genitori; promozione dello status dello studente della scuola e della sua condizione; competenze in materia di edilizia scolastica, riservate al Ministero, a norma della legge 11 gennaio 1996, n. 23; competenze riservate all’amministrazione scolastica relativamente alle istituzioni, di cui all’articolo 137, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112; rapporti con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nonché con la Conferenza unificata per le materie di propria competenza; attività di comunicazione istituzionale, di convenzioni editoriali e di campagne di comunicazione; campagne di sensibilizzazione e promozione di eventi; coordinamento del sito web del Ministero (co. 1).

Il comma 2 afferma che al dipartimento sono assegnati, per l’espletamento dei compiti di supporto, n. 5 uffici dirigenziali non generali e ((n. 36 posizioni dirigenziali non generali di funzione tecnico-ispettiva)). Il comma 3 recita che il dipartimento si articola nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale: direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica; direzione generale per l’istruzione e la formazione tecnica superiore, nonché per i rapporti con i sistemi formativi delle regioni; direzione generale per il personale scolastico; direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione. Il comma 4 fissa che la direzione generale per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, che si articola in n. 10 uffici dirigenziali non generali, svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero nei seguenti ambiti: ordinamenti, curricula e programmi scolastici; definizione delle classi di concorso e di abilitazione, nonché dei programmi delle prove concorsuali del personale docente della scuola; sistema delle scuole paritarie e non paritarie; ricerca e innovazione nei diversi gradi e settori dell’istruzione avvalendosi a tale fine della collaborazione dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica; determinazione del calendario scolastico per la parte di competenza statale; indirizzi in materia di libri di testo; esami di Stato della scuola secondaria di primo e di secondo grado con riferimento anche alle problematiche attinenti alla predisposizione e alla somministrazione delle prove degli esami stessi; certificazioni e riconoscimento dei titoli di studio stranieri; adempimenti ministeriali per il conseguimento delle abilitazioni all’esercizio delle professioni di agrotecnico, geometra, perito agrario e perito industriale; attività preliminari all’adozione delle direttive, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258; vigilanza sull’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione e sull’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica; vigilanza sulla Fondazione Museo nazionale della scienza e della tecnica “Leonardo da Vinci”, di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 20 luglio 1999, n. 258, nonché vigilanza e sorveglianza, di cui all’articolo 605, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relativa alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, nei confronti degli altri enti ivi previsti.

Al comma 5 si afferma che la direzione generale, per gli ordinamenti scolastici e per l’autonomia scolastica, svolge le funzioni di segreteria del Consiglio nazionale della pubblica istruzione. Il comma 6 dispone che la direzione generale per l’istruzione e la formazione tecnica superiore e per i rapporti con i sistemi formativi delle Regioni, che si articola in n. 6 uffici dirigenziali non generali, svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero nei seguenti ambiti: sostegno allo sviluppo dell’area dell’istruzione tecnico-professionale, ivi compresi gli aspetti riguardanti l’innovazione degli indirizzi di studio degli istituti tecnici e degli istituti professionali; ordinamento dell’istruzione degli adulti nell’ambito dell’apprendimento permanente; predisposizione delle linee guida in materia di alternanza scuola-lavoro o PCTO, di orientamento al lavoro e alle professioni, fatte salve le competenze delle Regioni e degli Enti locali in materia; cura delle attività istruttorie per i provvedimenti da sottoporre all’esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, della Conferenza Stato-città metropolitane e autonomie locali e della Conferenza unificata in materia di istruzione e formazione professionale, di istruzione e formazione tecnica superiore, nel quadro dell’alta formazione professionale e del rafforzamento della filiera tecnico-scientifica non universitaria, con particolare riferimento agli istituti tecnici superiori e ai poli tecnico-professionali; cura delle attività istruttorie riguardanti il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale, ivi compreso l’assolvimento dell’obbligo di istruzione.

Il comma 7 sostiene che la direzione generale per il personale scolastico, che si articola in n. 10 uffici dirigenziali non generali ((. . .)), svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero nei seguenti ambiti: definizione degli indirizzi generali della organizzazione del lavoro; disciplina giuridica ed economica del rapporto di lavoro e relativa contrattazione; indirizzo e coordinamento con altre amministrazioni in materia di quiescenza e previdenza; indirizzi in materia di reclutamento e selezione dei dirigenti scolastici, rapporto di lavoro e relativa contrattazione; definizione sia delle dotazioni organiche nazionali del personale docente ed educativo, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, sia dei parametri per la ripartizione a livello regionale; definizione delle linee di indirizzo e di coordinamento della formazione e dell’aggiornamento del personale della scuola, ivi compresa la formazione a distanza, nonché della programmazione delle politiche formative a livello nazionale; indirizzi in materia di riconversione e riqualificazione del personale docente ed educativo; cura delle attività connesse alla sicurezza nelle scuole e all’edilizia scolastica con particolare riguardo alla gestione degli adempimenti, di cui alla Legge 11 gennaio 1996, n. 23, e alla normativa collegata in raccordo con le competenze delle Regioni e degli Enti locali in materia; gestione del contenzioso per provvedimenti aventi carattere generale e definizione delle linee di indirizzo per la gestione del contenzioso di competenza delle articolazioni territoriali. Al comma 8 si afferma che la direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione, che si articola in ((n. 8 uffici dirigenziali non generali)), svolge le funzioni e i compiti di spettanza del Ministero nei seguenti ambiti: disciplina e indirizzo in materia di status dello studente; cura dei servizi per l’integrazione degli studenti in situazione di handicap, nonché di ospedalizzazione e di assistenza domiciliare, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie; cura dei servizi di accoglienza e integrazione degli studenti immigrati; elaborazione degli indirizzi e delle strategie nazionali in materia di rapporti delle scuole con lo sport; elaborazione delle strategie sulle attività e sull’associazionismo degli studenti; cura delle politiche sociali a favore dei giovani e, in particolare, delle azioni di prevenzione e contrasto del disagio giovanile nelle scuole, anche attraverso la promozione di manifestazioni, eventi ed azioni a favore degli studenti; attività di orientamento e raccordo con il sistema universitario; interventi di orientamento e promozione del successo formativo e relativo monitoraggio; supporto delle attività della conferenza nazionale dei presidenti delle consulte provinciali degli studenti; cura dei rapporti con le associazioni dei genitori e al supporto della loro attività; cura dei rapporti con altri enti e organizzazioni che sviluppano politiche e azioni a favore degli studenti; cura delle azioni di contrasto della dispersione scolastica, rispetto alle quali cura il coordinamento con ogni altra competenza in materia attribuita ad altri uffici dell’Amministrazione; cura delle attività di educazione alla sicurezza stradale, alla salute e alla legalità; cura dei rapporti con il Dipartimento dell’informazione e dell’editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri e con gli altri enti ed organi di informazione; coordinamento della comunicazione istituzionale, anche con riguardo agli strumenti multimediali e alla rete intranet; elaborazione e gestione del piano di comunicazione in coordinamento con i Dipartimenti del Ministero; coordinamento del sito Web dell’amministrazione; promozione di attività, di convenzioni editoriali e di campagne di comunicazione; analisi delle domande di servizi e prestazioni attinenti l’informazione e la relativa divulgazione; promozione di monitoraggi e indagini demoscopiche, nonché campagne di sensibilizzazione nelle tematiche di competenza del Ministero. Il comma 9 tratta la direzione generale per lo studente, l’integrazione, la partecipazione e la comunicazione come responsabile dell’ufficio relazioni con il pubblico a livello centrale e come soggetto che indirizza l’attività degli uffici relazioni con il pubblico a livello periferico.

Il Decreto MIUR del 26 settembre 2014, n. 753 – Individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale dell’Amministrazione centrale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – all’art. 2, comma 1, tratta gli   uffici dirigenziali di livello non generale dell’Amministrazione centrale del Ministero, individuati nell’allegato 1 del presente decreto.  Il comma 2 recita che agli uffici dell’Amministrazione centrale   possono essere, altresì, assegnati dirigenti con funzioni ispettive, nonché di consulenza, studio e ricerca, ai sensi dell’art. 19, comma 10, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Al comma 3 si sostiene che i dipartimenti e le direzioni generali dell’Amministrazione centrale del Ministero sono organizzati in unità dirigenziali, secondo l’articolazione e con le attribuzioni indicate negli allegati 2, 3 e 4.  Il comma 4 recita che ciascun ufficio dirigenziale non generale, ove non prevista la costituzione di appositi uffici, provvede, nelle materie di propria competenza, alla gestione del contenzioso, al monitoraggio e al coordinamento della normativa, al supporto dell’istruttoria di atti normativi e di sindacato ispettivo parlamentare, nonché all’istruttoria e alla redazione di provvedimenti di rilevanza generale. Al comma 5 si sostiene che Il Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca assicura il supporto agli organismi previsti dalla normativa in materia di università, alta formazione e ricerca, di cui all’allegato 5. Il Decreto MIUR n 753/2014, all’art. 3, comma 1, stabilisce, altresì, che i posti di dirigente con funzione  ispettiva  tecnica,  per  un totale di 191 unità, sono assegnati all’Amministrazione centrale, in posizione di dipendenza funzionale dal capo del Dipartimento  per  il sistema educativo di istruzione e di formazione, nel numero di 30,  e agli  Uffici  scolastici  regionali,  in  posizione   di   dipendenza funzionale dai dirigenti preposti ai predetti uffici, nel  numero  di 161,   ripartiti   come   da   allegato   6.  I posti assegnati all’Amministrazione centrale sono ripartiti dal capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione. Al comma 2 stabilisce anche che i dirigenti con funzione ispettiva tecnica – ferma restando  la collaborazione con  il  Ministro  per  la  formulazione  delle  prove concernenti gli  esami  di Stato  –  svolgono  i  loro  compiti  con riferimento alle seguenti aree:  sostegno alla  progettazione e al supporto dei processi formativi; supporto al processo di valutazione e autovalutazione; supporto tecnicodidattico-pedagogico; funzione ispettiva anche con riferimento ai fenomeni del bullismo, delle devianze giovanili, dell’assiduità della frequenza e della continuità delle prestazioni da parte dei docenti e dei dirigenti scolastici; supporto  tecnico-scientifico  per  le  tematiche  e i processi definiti dall’Amministrazione. Con l’atto di indirizzo del Ministro sono determinate le modalità di esercizio della funzione ispettiva tecnica.

Nel 2019, con due D.P.C.M. (nn. 47 e 48) del 4 aprile si regolamentano sia l’organizzazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca sia gli Uffici di diretta collaborazione. I provvedimenti disciplinano l’organizzazione del dicastero di viale Trastevere, nella sua articolazione a livello centrale nei tre Dipartimenti: il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione; il Dipartimento per la formazione superiore e per la ricerca e il Dipartimento per la programmazione e la gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali. Il D.P.C.M. del 4 aprile 2019, n. 48, ha disposto (con l’art. 14, comma 3, lettere a) e b)) che la tabella A, allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 98 (11 febbraio 2014), è modificata come segue: con riferimento alle posizioni dirigenziali di prima fascia, sono soppresse le parole: «compreso un posto dirigenziale di livello generale presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro»; con riferimento alle posizioni dirigenziali di seconda fascia amministrative, le parole soppresse sono «compresi dieci posti dirigenziali di livello non generale presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro e l’Organismo indipendente di valutazione» e sostituite dalle seguenti: «compresi otto posti dirigenziali di livello non generale presso gli uffici di diretta collaborazione del Ministro».

g. Gli atti di indirizzo e le modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva.

Nel 2010, il DM n. 60 stabilisce il primo atto di indirizzo con il quale vengono determinate le modalità di esercizio della funzione ispettiva. Con la Nota del MIUR del 31 agosto 2010, prot. n. 2668, vengono, poi, determinate le modalità di esercizio della funzione ispettiva. Successivamente, il MIUR, nel 2017, ha emanato un altro atto di indirizzo per l’esercizio della funzione ispettiva tecnica mediante il D.M. n. 1046 del 28 dicembre, firmato dal Ministro Valeria Fedeli. Tale atto di indirizzo con una nota, datata 11 aprile del 2018, viene, poi, trasmesso con la firma del capo dipartimento del MIUR con le seguenti parole: è un atto che “rafforza il ruolo della funzione dirigenziale tecnica nei processi di attuazione del Sistema nazionale di valutazione e conferma la centralità della funzione ispettiva tecnica nell’azione di supporto all’attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche sottolineando, in proposito, la necessaria relazione sinergica che deve intercorrere tra l’esercizio dei compiti affidati al Corpo ispettivo e l’azione amministrativa affidata alle strutture centrali e territoriali dell’Amministrazione”. Infine, il Decreto ministeriale del 21 febbraio 2022, n. 41, fissa, ai sensi dell’articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 settembre 2020, n.166, in un documento, suddiviso in quattro parti, le modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva. La premessa è la prima parte. Nella “Premessa” sono definiti identità, ruolo e importanza del corpo ispettivo, che concorre alla realizzazione dei compiti di istruzione e di formazione delle istituzioni scolastiche; orienta le strategie di innovazione e di valutazione del sistema scolastico, anche nella prospettiva internazionale; realizza l’attività ispettiva di supporto dei processi formativi e di assistenza tecnico-didattica a favore delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado; svolge attività di studio, ricerca e consulenza tecnica. La dirigenza con funzione tecnico-ispettiva è qualificata come “espressione di alta professionalità in ambito educativo, pedagogico e didattico”, e come risorsa fondamentale per sostenere e sviluppare una scuola attenta, inclusiva e al servizio della persona. Ne viene fuori un ritratto a tutto tondo della figura, impegnata nella valutazione orientata al miglioramento, coinvolta nella formazione del personale scolastico e chiamata a sostenere l’innovazione. Una professione aperta ai migliori talenti coltivati nelle istituzioni scolastiche, capaci di affrontare le sfide del futuro.

Le modalità di esercizio della funzione tecnico ispettiva sono la seconda parte. La sezione dedicata alle “modalità di esercizio della funzione tecnico-ispettiva” si compone di un’ampia ricognizione delle diverse attività affidate ai dirigenti tecnici. Non un elenco di compiti, ma piuttosto una panoramica sui principali ambiti di intervento, organizzati e aggregati in cinque macroaree: “sostegno alla progettazione e supporto ai processi formativi”, “supporto al processo di valutazione e autovalutazione”, “supporto tecnico-didatticopedagogico”, “supporto tecnico-scientifico per le tematiche ed i processi definiti dall’Amministrazione”, “accertamenti ispettivi”.

Nella terza parte è trattata la formazione dei dirigenti con funzione tecnico ispettiva. Un’importante novità, dedicata alla “Formazione dei dirigenti con funzione tecnico ispettiva”, che segnala la rilevanza del costante aggiornamento di competenze, visioni prospettiche e scenari di riferimento per l’impegno professionale del corpo ispettivo. La formazione continua e qualificata costituisce una condizione essenziale per le prestazioni professionali all’altezza delle attese di un’azione tecnica come un efficace supporto e accompagnamento e alle scelte didattiche innovative. La quarta parte affronta l’organizzazione della funzione tecnico ispettiva: il corpo o contingente ispettivo. L’ultima sezione, dedicata all’organizzazione della funzione, ribadisce la collocazione dei dirigenti tecnici a livello centrale e territoriale, i ruoli e i compiti del Coordinatore nazionale, di quelli regionali e delle Segreterie tecniche.  Il decreto costituisce un passo importante nella direzione del potenziamento del corpo o contingente ispettivo, previsto nell’Atto di indirizzo politico-istituzionale del Ministro. L’indizione del concorso per il reclutamento dei dirigenti tecnici costituisce, pertanto, un’ulteriore tappa per sostenere i molteplici compiti della dirigenza tecnica, al servizio della Scuola italiana.

h. La procedimentalizzazione dell’attività ispettiva

Il dirigente tecnico svolge, tra le altre mansioni, quelle previste nel Decreto Interministeriale n. 4716 del 23 luglio 2009, vale a dire: organizza ed elabora i progetti per attuare gli obiettivi indicati dal ministro in materia di politica scolastica; fa consulenza in merito ai programmi scolastici, ai sussidi didattici e alle tecnologie educative; favorisce e promuove le attività di aggiornamento del personale direttivo e docente della scuola di ogni ordine e grado; fa attività di assistenza tecnico-didattica, di studio, di ricerca e di consulenza sui progetti di sperimentazione; esegue verifiche e ispezioni riguardanti alcune specifiche situazioni disposte dal Ministro o dagli uffici dell’Amministrazione scolastica.

L’attività ispettiva è, di regola, un’azione istruttoria che rappresenta un sub-procedimento di un procedimento amministrativo. Essa si compone di alcune fasi, quali l’iniziativa, l’istruttoria e la decisione. Durante la procedimentalizzazione dell’attività ispettiva, bisogna, nel rispetto della trasparenza, imparzialità e obiettività, assicurare che il soggetto ispezionato possa essere consapevole e compartecipe. La Legge n. 241/1990 è, infatti, una normativa che prospetta la necessità che tutte le amministrazioni dello Stato devono diventare serventi e mettersi al servizio dei cittadini. L’ANAC, istituito con la Legge n. 190/2012, ha, perciò, il 9 dicembre del 2014 prodotto un Regolamento in materia di vigilanza e di accertamenti ispettivi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale 29/12/2014, n. 300. A tal proposito, è stato istituito un Ufficio ispettivo, prevedendo che lo stesso svolgesse attività di verifica ispettiva per iniziare dei procedimenti. Il gruppo dell’attività ispettiva è generalmente formato da due unità (dirigenti tecnici, scelti nel provvedimento presidenziale ispettivo, e personale della Guardia di Finanza allo scopo individuato). Può, tuttavia, farne parte anche il Dirigente dell’Ufficio Ispettivo (UIS). Le ispezioni sono disposte sulla base di un piano ispettivo, approvato dal Consiglio dell’Autorità entro il 31 gennaio di ogni anno, su proposta dell’Ufficio piani di vigilanza generali o speciali. Nell’ambito degli accertamenti ispettivi svolti, esse possono essere richieste anche nell’ambito dei procedimenti istruttori, avviati dagli uffici competenti, ai sensi dell’art. 14, comma 2 del “Regolamento in materia di attività di vigilanza e di accertamenti ispettivi”. L’attività ispettiva può essere avviata “d’iniziativa” dell’ufficio ispettivo o a seguito di una richiesta d’intervento che deve essere quanto più circostanziata possibile al fine di semplificare le successive attività.

Il responsabile del procedimento è, in base all’art. 5 del Regolamento del 9 dicembre 2014, il dirigente dell’Unità Organizzativa competente per materia, il quale deve individuare il funzionario competente per lo svolgimento dell’istruttoria. Il dirigente, dopo aver esaminato gli esposti, conferisce all’incaricato un ordine di priorità tenendo conto dell’urgenza e della rilevanza delle questioni proposte. A parità di urgenza e/o rilevanza della segnalazione deve essere data priorità di trattazione agli esposti presentati con l’apposito modulo. Ogni 30 giorni, il dirigente competente invia al Consiglio l’elenco dei procedimenti avviati dall’Ufficio, con l’indicazione del funzionario come responsabile dell’istruttoria. La preparazione dell’ispezione è, in sostanza, una condizione basilare per la buona riuscita dell’iniziativa, giacché questa è diretta a conoscere preventivamente gli elementi essenziali non solo degli atti da acquisire ma anche del soggetto ispezionato. Nel 2002, la Direttiva del ministro Frattini (2 luglio), infatti, sostiene che ogni forma di “attività ispettiva presuppone una preparazione idonea e si effettua in modo adeguato se si conoscono preventivamente l’attività dell’ente o dell’ufficio da ispezionare, nonché la sua organizzazione; i nominativi dei funzionari responsabili, le caratteristiche della gestione e dei servizi erogati; la normativa relativa e i suoi aspetti specifici; le finalità istituzionali e i modi con cui sono perseguite; le eventuali interazioni con altre amministrazioni; i risultati di precedenti ispezioni”.

Le fasi del procedimento ispettivo

L’accertamento dell’attività ispettiva si articola, praticamente, in una successione di tre momenti distinti, vale a dire: il primo momento, nel quale sono, dopo l’accesso, svolte le attività di ricerca e di acquisizione dei documenti necessari alla successiva analisi; il secondo si identifica con l’esecuzione dell’ispezione nei luoghi indicati nell’incarico per verificare, rilevare e acquisire dati, informazioni e notizie, ritenuti necessari ai fini del perseguimento degli obiettivi dell’accertamento; il terzo momento (fase conclusiva) riassume le risultanze dell’attività svolta con una formale estrinsecazione nel redigere e nel sottoscrivere il verbale, nonché la conseguente redazione della relazione ispettiva da parte dei dirigenti tecnici. L’ispezione, in una logica di servizio e non di esercizio del potere, si deve svolgere secondo i parametri della correttezza, della trasparenza e dell’uniformità. La verbalizzazione dell’attività ispettiva deve non solo essere, perciò, svolta in loco ma anche dare un’immagine di oggettività e di neutralità, fotografando la situazione di indagine e di verifica. Il verbale di ispezione deve essere letto all’ispezionato, il quale ha anche il diritto di averlo in copia.

Il verbale di constatazione deve riportare l’indicazione degli ispettori che procedono all’ispezione con gli estremi delle lettere di incarico e dell’eventuale assistenza del personale della Guardia di Finanza; l’effettuazione della notifica e della consegna del provvedimento ispettivo con l’indicazione del soggetto che ha ricevuto le notifiche; la data e l’ora dell’inizio e della chiusura delle operazioni; l’identificazione del soggetto ispezionato e della sede presso cui è stata svolta l’ispezione; l’oggetto dell’ispezione; la persona che ha assistito alle operazioni; le eventuali obiezioni e contestazioni; le richieste di informazioni e di chiarimenti, nonché le risposte o l’eventuale termine concesso; il rifiuto di rispondere alle richieste, specificando le eventuali motivazioni addotte; l’elenco dei documenti, di cui si acquisisce copia, e le eventuali contestazioni in ordine all’acquisizione, specificando i motivi addotti.

La relazione ispettiva

La relazione ispettiva, dopo la verifica e gli accertamenti disposti, da svolgere entro i termini fissati nella lettera di incarico per la conclusione dell’attività ispettiva, è redatta dai dirigenti tecnici e trasmessa, debitamente sottoscritta da tutti i partecipanti all’ispezione, al Dirigente dell’Ufficio ispettivo. La relazione ispettiva è, in sostanza, il documento conclusivo dell’attività svolta e deve essere consegnata, in coerenza con quanto stabilito dal vigente “Regolamento in materia di attività di vigilanza e di accertamenti ispettivi”, entro il termine massimo di 30 giorni dalla scadenza temporale, fissata per la conclusione dell’attività ispettiva, o dal ricevimento della documentazione integrativa richiesta. La relazione deve essere compilata con estrema precisione e cura, affinché possa rappresentare il massimo grado di comprensibilità ed esattezza; essa deve contenere gli estremi del mandato, la lettera di incarico, la data di inizio, la durata degli accertamenti ispettivi, la preliminare collocazione della fattispecie esaminata (specificando in termini sintetici l’ambito dell’istruttoria originaria in caso di accertamenti richiesti dagli Uffici Vigilanza), la rappresentazione oggettiva dei fatti rilevati e degli elementi riscontrati, gli eventuali profili di illegittimità, le eventuali criticità rilevate, nonché le eventuali circostanze che potrebbero configurare un’ipotesi di danno erariale o le fattispecie che assumono rilevanza penale e le eventuali proposte di soluzione. Nella stessa relazione si devono richiamare, in ordine progressivo, i documenti dell’ispezione e gli atti acquisiti dai dirigenti tecnici o corpo ispettivo a supporto delle considerazioni espresse; tali documenti e atti devono anche essere oggetto di specifica allegazione e accompagnati da un apposito indice esplicativo. I profili di una certa anomalia, rilevati nella relazione, devono avere, come riferimento, circostanze di rilievo e adeguatamente precisate. Tali rilievi devono, poi, essere riportati in modo oggettivo e circostanziato, nonché supportati da adeguati elementi probatori.

Ogni componente del contingente o corpo ispettivo deve, in ordine ai profili di anomalia da evidenziare, in modo preliminare, verificare se l’Autorità si sia già espressa al riguardo in precedenti pronunciamenti, e aver cura di chiarire nella relazione, nel caso che intenda discostarsi da tali orientamenti, le ragioni fattuali e giuridiche del diverso convincimento, al fine di consentire una compiuta valutazione da parte del Consiglio dell’Autorità. Il comma 11 dell’articolo 14 del Regolamento in materia di attività di vigilanza e di accertamenti ispettivi stabilisce che, entro il termine di 30 giorni dalla conclusione dell’attività ispettiva o dal ricevimento della documentazione integrativa richiesta nel corso delle visite, ogni dirigente tecnico o corpo ispettivo deve stilare una relazione finale, contenente le risultanze degli accertamenti ispettivi e l’eventuale proposta di archiviazione del procedimento e/o di adozione di provvedimenti da parte del Consiglio. Il comma 12 fissa, poi, che, nei casi di cui al comma 2, la relazione ispettiva deve essere trasmessa, unitamente alla documentazione acquisita, agli Uffici competenti per la prosecuzione delle attività.

La relazione definitiva e conclusiva degli esiti ispettivi, redatta dai dirigenti tecnici o dal corpo ispettivo e controfirmata dal Dirigente dell’UIS, viene, infine, sottoposta al Consiglio dell’Autorità per le valutazioni di competenza. Nel caso emergano dall’attività ispettiva alcuni profili di irregolarità, soggetti a contestazione, la relativa comunicazione degli esiti degli accertamenti ispettivi deve essere fatta dal competente Ufficio di vigilanza in sede di contestazione degli addebiti; essa deve essere presentata e trasmessa nelle forme e con le modalità, di cui al Regolamento in materia di attività di vigilanza e di accertamenti ispettivi, e tenendo conto delle indicazioni, presenti nella relazione ispettiva, e della collaborazione degli stessi ispettori e del dirigente dell’UIS.

La responsabilità e l’obbligo di denuncia

Bisogna anche considerare che l’art. 24 del DPR n. 3 del 1957, ancora vigente, schiarisce che, quando la violazione del diritto sia derivata da atti od operazioni di collegi amministrativi deliberanti, sono responsabili, in solido, il presidente ed i membri del collegio che hanno partecipato all’atto od all’operazione. La responsabilità è esclusa per coloro che abbiano fatto constare nei verbale il proprio dissenso. Il Decreto legislativo n. 174 del 2016 del Codice contabile all’art. 52 (Obbligo di denuncia di danno e onere di segnalazione) afferma al comma 1 che, ferme restando le disposizioni delle singole leggi di settore in materia di denuncia di danno erariale, i responsabili delle strutture burocratiche di vertice delle amministrazioni,  comunque  denominate, ovvero i dirigenti o responsabili di servizi, in relazione al settore cui sono preposti, che nell’esercizio delle loro funzioni  vengono  a conoscenza, direttamente o a  seguito  di segnalazione di soggetti dipendenti, di fatti che possono dare luogo a responsabilità erariali, devono presentarne tempestiva denuncia alla procura  della Corte dei  conti  territorialmente  competente.  Le generalità del pubblico dipendente denunziante sono tenute riservate. All’art. 53 (Contenuto della denuncia di danno) sostiene, inoltre, che la denuncia di danno contiene una precisa e documentata esposizione dei fatti e delle violazioni commesse, l’indicazione ed eventualmente la quantificazione del danno, nonché, ove possibile, l’individuazione dei presunti responsabili, l’indicazione delle loro generalità e del loro domicilio.

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