Prove suppletive concorso 2020, i docenti immessi in ruolo rischiano di essere licenziati

I docenti che sono stati assunti dalla graduatoria di merito del concorso ordinario del 2020, rivolto alla scuola dell’infanzia e primaria, a seguito del positivo superamento delle prove suppletive, stanno vivendo giorni di preoccupazione perchè da un momento all’altro potrebbero vedersi licenziare. Si tratta solo di un rischio allo stato attuale. Tutto dipenderà dal responso del Consiglio di Stato.

Prove suppletive: cosa aveva stabilito il Tar

Per capire la storia di questi docenti occorre fare alcuni passi indietro. Il concorso in questione si era svolto in piena pandemia. Alcuni docenti all’epoca non erano riusciti a sostenere le prove per aver contratto il covid in servizio e furono costretti all’isolamento domiciliare. Il Ministero non aveva previsto alcuna prova suppletiva. Tramite la presentazione di ricorsi al Tar Lazio, questi insegnanti riuscirono a sostenere le prove suppletive tra aprile e giugno 2022 e ad entrare in graduatoria di merito. Da questa infatti alcuni sono stati assunti e hanno ottenuto la cattedra in ruolo dal 1° settembre 2023. La mancata previsione di prove suppletive per un concorso nel periodo di emergenza Covid-19 “appare una previsione illogica e irragionevole“. Questo è stato il principio confermato dal Tar del Lazio in due sentenze con le quali aveva accolto i ricorsi. E, si leggeva, anche: “ne discende che, a fronte di provvedimenti di carattere eccezionale e legati a una situazione pandemica, appare priva di logicità e ragionevolezza la mancata previsione di strumenti idonei a garantire la partecipazione di soggetti alle prove concorsuali”. Insomma, sarebbe stato giusto prevedere un’alternativa per chi fosse risultato in isolamento.

Cosa deciderà ora il Consiglio di Stato?

A seguito delle sentenze favorevoli del Tar il Ministero ha, da un lato permesso lo svolgimento delle prove suppletive, ma dall’altro ha impugnato la decisione e presentato ricorso in appello al Consiglio di Stato. A febbraio 2023, il ricorso è stato respinto temporaneamente ma senza una sentenza definitiva: bisognerà arrivare a un unico orientamento interpretativo, ovvero quello atteso a breve. Il problema è che nel frattempo i candidati hanno affrontato le prove suppletive e chi le ha vinte è anche già entrato di ruolo, a settembre. Cosa succederà quindi se il Consiglio di Stato dovesse produrre una sentenza negativa, come sembrano far temere alcune delle ultime sentenze arrivate sui ricorsi di chi richiedeva le prove aggiuntive? Saranno probabilmente licenziati. Intanto il Consiglio di Stato si è riunito in udienza ieri, 21 novembre e si attendono aggiornamenti in merito.

La protesta dei docenti

Come apprendiamo da Il Fatto Quotidiano e Il Mattino di Padova i docenti interessati, a fronte del pericolo di un licenziamento, hanno scritto al Ministero esponendo le proprie ragioni. Quanto segue è uno stralcio di quanto lamentano i malcapitati: “Durante la Pandemia sono state limitate molte libertà individuali, anche se per giusti motivi. Siamo riusciti comunque a raggiungere l’immissione in ruolo: perché ora dovremmo essere licenziati? Abbiamo svolto quello che ci è stato chiesto di fare, sostenuto un concorso come da bando. Cosa abbiamo di diverso dagli altri? Siamo stati assunti con un regolare punteggio e una regolare assunzione; abbiamo iniziato un anno di prova con serietà e tutto ciò che comporta. E ora, dopo tutto ciò, volete addirittura licenziarci?”.

E ancora: “Ciò che ci spaventa ora è che a ottobre sono state emanate sentenze negative relative a casi analoghi al nostro: si tratta dei colleghi della scuola secondaria che come noi avevano fatto ricorso perché erano rimasti chiusi in casa per il Covid. Ma a differenza nostra, a loro non era stata data la possibilità di fare prove suppletive perché il Consiglio di Stato aveva accolto la sospensiva del Miur, valutando la contrazione del Covid e quindi il conseguente isolamento, come un’inadempienza personale.”

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