Sostegno, i genitori possono decidere sull’assegnazione del docente? Una sentenza del Consiglio di Stato di ‘no’

Se il rapporto scuola famiglia è determinante nel processo educativo didattico di ogni studente, la sinergia tra i due attori è quanto mai determinante quando in gioco vi sono alunni certificati. Un genitore può avere voce in capitolo sull’assegnazione del docente di sostegno in base al deficit del proprio figlio? Una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito di no.

La famiglia non può richiedere di cambiare docente di sostegno

Il Tribunale, infatti, con la sentenza n.10333/2023 dello scorso 30 novembre ha emesso un verdetto decisivo relativo alla facoltà dei genitori di un alunno certificato di decidere sull’assegnazione del docente di sostegno. La famiglia aveva fatto ricorso precedentemente al TAR, ma essendo stata respinta la propria richiesta, si erano appellati al Consiglio di Stato con lo scopo di ottenere un insegnante specializzato nelle tecniche richieste dalla condizione del figlio. Il TAR aveva respinto la richiesta stabilendo che il docente assegnato possedeva i titoli necessari per svolgere il proprio ruolo, vale a dire garantire l’inclusione scolastica dell’alunno certificato: le tecniche volute dalla famiglia, invece, erano di pertinenza del sistema sanitario nazionale.

La sentenza del Consiglio di Stato

Riportiamo qui di seguito i passi più significativi della sentenza: “Il percorso formativo seguito dall’insegnante assegnato al figlio dei coniugi ricorrenti per specializzarsi per il sostegno, che secondo la normativa primaria e di carattere ministeriale, sopra richiamate, ha carattere polivalente e che è quindi in linea di principio vocato per trattare tutte le disabilità. […]

L’integrazione scolastica con soggetti opera in un quadro in cui l’assistenza a questi ultimi è innanzitutto assicurata sul piano sanitario e socio-assistenziale dal Sistema sanitario nazionale. […] In secondo luogo per l’integrazione scolastica è previsto il concorso degli enti locali con gli interventi previsti dal citato art. 13, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come correttamente statuito dalla sentenza di primo grado. Risulta dunque sfornito di fondamento normativo l’assunto secondo cui il compito di integrazione dell’alunno con disabilità farebbe esclusivo carico all’amministrazione scolastica”.  

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