Stanchezza, stress, demotivazione, rabbia: quanti insegnanti condividono davvero le riforme scolastiche in corso?
«Avresti un’altro lavoro da consigliarmi? Dell’insegnamento non ne posso più!». Perché tanti insegnanti arrivano a un punto tale di stanchezza da porre questa domanda ad amici e conoscenti? Stanchezza e demotivazione sono forse utili alla qualità dell’insegnamento? Una riforma del sistema d’istruzione non dovrebbe partire da queste domande?
Scuola come fabbrica di perfetti ingranaggi?
E invece no. Forse la continua opera di riforma (deformazione?) del sistema scolastico italiano origina da esigenze del tutto diverse? Sempre meno si progetta una Scuola volta a creare la coscienza critica del cittadino e la sua preparazione alle professioni? Si mira semmai alla produzione di lavoratori con competenze minimali e standardizzate, da inserire in profili lavorativi prevalentemente esecutivi, flessibili, intercambiabili, con scarso potere contrattuale (proprio perché non dotati di capacità di approfondimento autonomo, di ragionamento divergente, di critica dell’esistente)?
Per ottenere tutto ciò, non serve la libertà d’insegnamento, né il pensiero divergente