Legge di Bilancio 2024, uscite anticipate: le nuove regole peggiorano la Fornero

Le misure pensionistiche contenute nella Legge di Bilancio 2024 – Anche nel 2024, con 64 anni di età e con 20 anni di contributi, si potrà uscire dal mondo del lavoro. Adesso però, dopo l’approvazione in via definitiva della Manovra 2024, questi requisiti non basteranno più. Vediamo perché.

Legge di Bilancio 2024 peggiora la Fornero: variazioni importi assegno per le donne

Per andare in pensione anticipatamente occorre accedere al nuovo sistema ma l’assegno previdenziale dovrà raggiungere una quota pari ad almeno tre volte l’importo dell’assegno sociale. In particolare, per le donne con un figlio la soglia scende a 2,8 volte, mentre per quelle che hanno da 2 a più figli si abbassa a 2,6 volte.

Non solo, ma la nuova manovra fissa un tetto massimo oltre il quale l’assegno previdenziale non può andare, indipendentemente da quanto versato, ovvero cinque volte il minimo Inps.

Confermata Quota 103, ma calcolata interamente con il metodo contributivo

Nella Manovra 2024 viene confermata Quota 103, che sostituisce Quota 102 introdotta dal governo Draghi. Si tratta del cavallo di battaglia di Matteo Salvini, pronto a fare le barricate contro la Meloni per scongiurare l’introduzione della Quota 104.

Questa scelta politica, tuttavia, ha peggiorato di molto i requisiti della precedente forma previdenziale anticipata. Se da un lato sono stati confermati i requisiti di accesso (62 anni di età e 41 di contributi), dall’altro l’assegno verrà ricalcolato tutto con il metodo contributivo (anche per la parte di anzianità che fino a fine anno resta calcolata con il metodo retributivo).

Un’ulteriore novità: il tetto massimo dell’assegno

A questo aspetto si aggiunge anche l’introduzione di un tetto massimo dell’assegno, fissato a circa 2.500 euro mensili. Il ricalcolo, dunque, comporterà un taglio dell’assegno rispetto a quanto era stato previsto da Mario Draghi. Inoltre, chi deciderà di optare per Quota 103 non potrà lavorare fino al raggiungimento dei 67 anni di età, ovvero non potrà cumulare redditi da lavoro con quelli da pensione.

Verranno modificate, infine, le “finestre mobili” utili per l’uscita anticipata, passando dagli attuali 3 mesi a 7 per i lavoratori privati, e dagli attuali 6 mesi a 9 per quelli pubblici.


Opzione Donna: cosa cambia

Ape sociale e Opzione donna vengono confermate per il 2024, ma aumenta il requisito anagrafico. Finora Opzione donna ha previsto la possibilità di pensionamento anticipato per le lavoratrici con 35 anni di contributi e 57 anni di età (58 per le autonome). Dal 2024 potranno accedervi solo le lavoratrici con questi ulteriori requisiti:

  1. licenziate o dipendenti in aziende con tavolo di crisi aperto presso il Ministero;
  2. con disabilità pari o oltre il 74% con accertamento dello stato di invalido civile;
  3. che assistono da almeno 6 mesi persone disabili conviventi, con disabilità grave in base alla legge 104 del 1992, di primo o secondo grado di parentela solo in quest’ultimo caso per ultra 70enni.

Per quanto riguarda il requisito anagrafico, questo passa da 60 a 61 anni d’età, sempre con 35 anni di contribuzione, con la riduzione di un anno per ogni figlio nel limite massimo di due anni (a 61 anni e non più 60 senza figli; 60 anni anziché 59 con un figlio e 59 anni anziché 58, con due o più figli.

A questi requisiti si devono aggiungere anche quelli già presenti entro il 31/12/2023, ovvero: 1) il calcolo della pensione si effettuerà interamente con il metodo contributivo con una riduzione, a 61 anni di età, di circa il 18/20% applicando i coefficienti in vigore nel 2023; 2) le finestre mobili saranno di 12 mesi per le dipendenti pubbliche e 18 mesi per le lavoratrici autonome.

Ape sociale: occorrono ulteriori 5 mesi di anzianità

Per quanto riguarda la misura dell’Ape Sociale, questa verrà prorogata di un altro anno (31 dicembre 2024). Tuttavia, questa novità impone un peggioramento del requisito anagrafico: invece gli attuali 63 anni, sarà possibile accedere alla prestazione con 63 anni e cinque mesi.

Le pensioni degli insegnanti, previsto il taglio dell’assegno pensionistico: punito chi lascia il lavoro in anticipo

La Manovra 2024 approvata dal governo Meloni decide di “punire” chi dovesse lasciare il lavoro in anticipo, in particolare questa misura riguarda i dipendenti pubblici, come i medici, gli insegnanti e i dipendenti degli uffici giudiziari.

Per questi profili professionali, infatti, scatterà il taglio dell’assegno pensionistico, ridotto “in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile per gli iscritti alla cassa per la pensione dei sanitari e per quelli alla cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali che cessano l’ultimo rapporto di lavoro da infermieri”.

Tutto questo – si legge nel dispositivo normativo – per assicurare “un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei livelli assistenziali di assistenza”. Ciò nonostante, per i medici e gli infermieri la decurtazione sarà più soft e diminuirà man mano che si ritarderà l’anticipo del pensionamento.

Rivalutazioni pensionistiche per il 2024

Anche per l’anno che sta per arrivare le pensioni saranno rivalutate tenendo in debito conto dell’inflazione, adeguando gli assegni di quiescenza al costo della vita. Per il 2024 l’aumento previsto è pari al 5,4%, ma questa aliquota verrà applicata allo stesso modo per tutti i lavoratori.

Secondo le nuove regole l’indicizzazione sarà piena solo per gli assegni che a dicembre 2023 non superano i 2.272 euro lordi mensili (quattro volte il trattamento minimo Inps, pari a 567,94 euro). Per tutti gli altri assegni la percentuale scenderà gradualmente, secondo questa sequenza:

  • 4,6% per gli assegni fra 4 e 5 volte il minimo;
  • 2,9% per gli assegni tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 2,5%per gli assegni tra 6 e 8 volte il minimo;
  • 2% per gli assegni fino a 10 volte il minimo;
  • 1,2% per le pensioni oltre 10 volte la minima.

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PENSIONI – Ritorno alla Fornero impossibile per docenti e Ata: serve una “finestra” per rispondere al burnout che imperversa tra chi lavora a scuola

Senza un intervento nella Legge di Bilancio, tra poco più di due mesi assisteremo al ritorno della Legge Fornero: si potrà andare in pensione non prima dei 67 anni di età o con 42-43 anni di contributi. Il Governo potrebbe apportare delle deroghe, ma occorrono reali opportunità di anticipo pensionistico, non proposte inaccettabili come ‘Opzione Uomo’ con penalità importanti sull’assegno pensionistico arrivando a tagliare anche oltre 600 euro dall’assegno. “Prima di tutto bisogna approvare oggi una ‘finestra’ specifica per il personale della scuola”, dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, durante un’intervista all’emittente radiofonica Italia Stampa.

 
“A gennaio ritorneremo alla Legge Fornero – continua il sindacalista autonomo – e non si può pensare di proporre una soluzione come Opzione Donna che” tagli l’assegno di quiescenza e “non riconosce il burnout fortemente presente nel lavoro a scuola. E nemmeno si considera neanche chi ha lavorato tanti tanti anni dopo gli studi universitari che hanno arricchito la propria esperienza e che sono richiesti necessariamente per poter accedere al lavoro dell’insegnante. Serve quindi una norma nella legge di bilancio che riapra i termini” di accesso alla pensione appena scaduti per il prossimo anno. Ma anche una norma che permetta a docenti e Ata di andare in pensione come accade per le forze armata e permetta così anche “di svecchiare la classe docente che è tra le più vecchie al mondo, anche perché si arriva al ruolo dopo troppi anni di precariato. Dobbiamo abbattere tutto questo andando ad attaccare la precarietà nella scuola, inserendo provvedimenti già nella prossima Legge di Bilancio e poi modificare le norme sul reclutamento degli insegnanti”.
 
Anief, in convenzione con Cedan, conferma anche per quest’anno l’assistenza e il supporto specializzato per l’invio delle domande di pensionamento: è possibile contattare via web la sede Anief più vicina.
 
LE DOMANDE DI PENSIONE: TIPI E MODALITÀ
I requisiti:

pensione di vecchiaia (Art. 24, commi 6 e 7 della Legge n.214/2011): d’ufficio 67 anni al 31 agosto 2023, a domanda67 anni al 31 dicembre 2023. Anzianità contributiva minima di 20 anni;
pensione di vecchiaia – Art. 1, commi da 147 a 153 della legge 27 dicembre 2017, n. 205: a domanda 66 anni e 7 mesi al 31 dicembre 2023. Anzianità contributiva minima di 30 anni al 31 agosto 2023
pensione anticipata: entro il 31 dicembre 2023 per le donne anzianità contributiva minima di 41 anni e 10 mesi, per gli uomini 42 anni e 10 mesi
opzione donna: al 31 dicembre 2021 anzianità contributiva di 35 anni + 58 anni maturati
quota 100 e 102: entro il 31 dicembre 2021 anzianità contributiva minima di 38 anni  +62 anni; entro il 31 dicembre2022 anzianità contributiva minima di 38 anni + 64 anni.

 
LA PROPOSTA ANIEF
Anief chiede, quindi, “una ‘finestra’ ad hoc, assieme anche alla conversione gratuita in contributi della formazione universitaria, come pure rivendicato più volte di recente dal presidente dell’Inps Pasquale Tridico. Per il sindacato basterebbe adottare gli stessi parametri di accesso alla pensione previsti per i lavoratori delle forze armate, permettendo al personale della scuola, uomini compresi, di lasciare in ogni caso il lavoro a 62 anni e senza tagli all’assegno di quiescenza. “Anche l’allargamento dell’Ape Sociale a tutti i dipendenti della scuola, potrebbe essere un passo importante – spiega ancora Pacifico – e comunque non si tratterebbe di nessuna concessione, visto l’alto numero di casi di insegnanti sottoposti a  burnout  e a patologie invalidanti dovute allo stress da lavoro prolungato e senza nemmeno il dovuto riconoscimento del rischio biologico, invece previsto per altre professioni anche del comparto pubblico. Occorre quindi una deroga vera: ‘Opzione Donna’ ed ora anche ‘Uomo’ comporta un prezzo da pagare a dir poco ingiusto”.
 
 
 
PER APPROFONDIMENTI:
 
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