Il soldato russo che ha salvato il mondo a un passo dalla terza guerra mondiale
25 settembre 1983, Mosca, Unione sovietica, una domenica come tante durante la quale il tenente colonnello Stanislav Petrov si gode il riposo in famiglia. Squilla il telefono. Risponde. Le linee del suo volto si irrigidiscono. Dice soltanto: va bene arrivo. Un collega è malato tocca sostituirlo per il turno notturno.
Quindi si infila l’uniforme. Abbraccia i figli, bacia la moglie ed esce di casa senza sapere che quella notte si arriverà a un passo dall’apocalisse nucleare e cha sarà lui ad evitarle.
Petrov lavora in una base sotterranea, un bunker, a un centinaio di km dalla città. Ha un compito apparentemente noioso e monotono ma in realtà delicatissimo. Non deve perdere di vista gli schermi collegati ad OKO, “occhio” in russo, un sistema di satelliti pensato per individuare e segnalare in tempo reale un eventuale lancio di ordigni nucleari da parte degli Stati Uniti.
Nei primi anni Ottanta l’Unione
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