Il kamishibai: raccontare per immagini
ARTICOLO SCRITTO DA: Annalisa Bavusi, AUTRICE SCUOLA OLTRE
Articolo collegato al corso di formazione:“A raccontar le storie: KAMISHIBAI – TEATRO DELLE OMBRE E LETTURA EMOZIONALE – ISTRUZIONI PER L’USO DEL TEATRO IN VALIGIA”
Raccontare per immagini è la più antica forma di narrazione. Noi siamo creature “mitopoietiche”: qualunque parola nella nostra mente è un’immagine. Io non posso dire “torta” o “ sorella” senza che nella nostra mente non si formi l’immagine corrispondente.
L’arte, in tutte le sue forme, ci consente di potenziare l’imagery, la capacità di produrre immagini, che ci appartiene in quanto esseri umani. Di queste la nostra più grande produzione cognitiva è la metafora, la cui radice etimologica ci svela che anche essa ci “porta oltre”, crea una “nuova forma”.
Raccontare per immagini costituisce una possibilità nuova, quella di sperimentare mondi possibili, in cui la parola perde centralità per divenire complemento dell’immagine. Un mezzo potente, in quanto non tutto può essere espresso a parole.
Si pensi ai bambini molto piccoli, a quelli con difficoltà verbali, agli adolescenti, intrappolati nelle loro stesse spire. Per questo è importante ricorrere anche ad altri mezzi espressivi o all’integrazione tra essi.
L’immagine trasmette molto di più della parola; essa ha il potere di evocare significati, emozioni, sentimenti e ricordi e lo fa in modo immediato e semplice, come immediati e semplici sono i bambini.
Per tale ragione, le immagini hanno più valore delle parole, questo perché oltre a essere riconosciute più facilmente, vengono elaborate in maniera immediata dal nostro cervello e soprattutto, memorizzate e ricordate più a lungo di un testo.
Se l’immagine è accompagnata dal testo, dalla lettura emozionale, dalla musica ed è preceduta dalla creazione, l’efficacia è esponenziale.
La capacità di memorizzare le immagini è atavica ed è insita nell’essere umano; quando ancora non sapeva scrivere, non conosceva le più rudimentali tecniche di scrittura, egli comunicava attraverso disegni e, attraverso essi si confrontava con gli altri uomini. Le informazioni più antiche che sono pervenute fino ai giorni nostri sono costituite da disegni.
Uno strumento potente in questo senso, in grado di creare un percorso didattico narrativo per la scoperta dell’identità del bambino è rappresentato dalla tecnica del Kamishibai.
Questa metodica, che potremmo tradurre con l’accezione “teatro di carta”, consente di dare il giusto spazio e un importante rilievo alla lettura e alla lettura animata ed emozionale che, purtroppo, riveste ancora scarsa importanza all’interno delle scuole.
In questo senso, il kamishibai o meglio, “la narrazione attraverso il kamishibai”, può rientrare nei concetti di “innovazione” e “multimedialità”, che spesso afferiscono al digitale, anche se alle stesse si può pervenire anche utilizzando antiche tecniche e semplicemente adattandole ai tempi, in un’ottica di approccio integrato.
LA STORIA IN BREVE
Il kamishibai nasce nel corso degli Anni Venti del ‘900, in uno dei quartieri più importanti di Tokyo, con la figura del racconta-storie, che tra le altre cose si dedicava anche a vendere dolci di paese in paese, usando la bicicletta per muoversi. Dopo la depressione economica degli Anni Trenta, l’arte del raccontare storie diventò un lavoro per la sopravvivenza. Ebbe così origine il Kamishibai di strada.
LA STRUTTURA
La sua struttura è composta da due parti:
- Il butai, che costituisce il teatrino: una volta aperte le due ante prende la forma di un teatro. Nella parte posteriore c’è una fessura dove vanno inserite le diapositive.
- Le storie, formate da diapositive, raffigurano da un lato le immagini, che è quello che vede lo spettatore e dall’altro il testo del racconto, che è ciò che vede il narratore.
La narrazione si attua inserendo le diapositive nella parte posteriore del butai. Ogni immagine è numerata. Il testo della prima illustrazione appare sul retro dell’ultima diapositiva. Il narratore legge il racconto da dietro e fa scorrere la prima tavola dietro l’ultima. Così si prosegue con ogni diapositiva, dando ritmo alla narrazione, che può essere incalzante e movimentato o anche lento, disteso e modulato.
LE CARATTERISTICHE
In quanto alle caratteristiche tecniche del Kamishibai possiamo citare le seguenti:
- I testi e le immagini devono essere semplici;
- Le frasi corte devono necessariamente essere brevi, per non perdere l’attenzione dello spettatore;
- assenza delle descrizioni a favore dei disegni e dei dialoghi dei personaggi, dando ritmo al racconto;
- il numero dei personaggi, è solitamente ridotto;
- i protagonisti, che possono essere persone o animali;
- i disegni grandi e con tratti molto chiari per poter essere visti da una certa distanza;
- raffigurazione frontale per attrarre l’attenzione dello spettatore e causare l’impatto;
- importanza al colore dello sfondo per risaltare il disegno o la scena principale.
Poiché si tratta di un mezzo ancora inusuale nella didattica, la tecnica del Kamishibai è in grado di creare una sorta di “spazio tempo” sospeso.
Questo effetto si può ottenere e amplificare grazie alle tecniche di lettura, alla penombra, alla musica di sottofondo e al sapiente scorrere delle immagini all’interno del butai: il tutto favorisce la concentrazione e l’attesa.
Un aspetto importante da non sottovalutare è la “lettura emozionale”, perché non basta solo avere dei buoni racconti, ma altrettanto importante è la modalità con cui la storia viene interpretata e raccontata.
QUALCHE SUGGERIMENTO
- Una volta scelta l’opera, leggerla e interpretarla in solitudine, per fare proprio il messaggio e trasmetterlo al meglio;
- Prima della rappresentazione ripassare l’ordine delle tavole è fondamentale;
- Tenere vicino il teatrino e con il volto rivolto verso il pubblico, assicurandosi che dietro non ci sia nessuno che distragga o renda difficile l’attenzione. Meglio sarebbe poter contare su un collaboratore in sala, in modo da potersi dedicare esclusivamente all’interpretazione del racconto.
- Aprire le due porte del teatrino lentamente e leggere, facendo risaltare bene il nome dell’autore, dell’illustratore e il titolo della storia.
- Fare scivolare le lamine verso l’esterno e inserirle nella parte di dietro con un effetto drammatico, teatrale (rapido, lento, ecc…);
- Dedicare attenzione specifica al finale della storia;
- Chiudere le due porte del teatrino piano e in ordine.
INFINITE POSSIBILITÀ DIDATTICHE
1) Un mezzo che cela è un mezzo che svela:
La possibilità di potersi collocare dietro al teatrino e leggere il testo, fa sì che molte persone possano avere il coraggio di relazionarsi e raccontare una storia di fronte a un gruppo senza paura. È un po’ il concetto della maschera, che celandoci, ci svela. Il concetto del gioco, luogo della finzione, che svela la parte più vera di noi.
Questo favorisce l’animazione e la promozione della lettura e aiuta a migliorare la narrazione ad alta voce.
È un modo diverso di introdurli alla lettura, alla scrittura e al disegno con metodologie maggiormente attrattive.
L’utilizzo del Kamishibai nella didattica, non mira a sostituire il racconto tradizionale, ma può costituire un modo per ampliare, stimolare e arricchire l’interazione didattica e l’apprendimento.
2) L’interdisciplinarità
Un altro importante aspetto di questa metodica è senza dubbio il carattere dell’interdisciplinarità dello strumento con il quale si può lavorare garantendo anche dei percorsi di storia, di arte e immagine, oltre che di matematica. Inoltre, il Kamishibai è applicabile ai diversi gradi dell’istruzione scolastica, differenziandone la difficoltà dei contenuti.
3) Proposta didattica laboratoriale
Oltre a poter acquistare il Kamishibai online in alcuni siti specializzati, è possibile costruirlo in aula facendo uso del materiale di riciclo. È un’attività divertente nella quale gli alunni sono impegnati in una situazione in cui si sentono protagonisti attivi dell’apprendimento.
In un secondo momento si procede a una ricetta “Inventastorie”, in cui il gruppo crea la “propria” storia da scrivere, illustrare e rappresentare
Grazie al Kamishibai a scuola sia il docente che l’alunno non finiscono mai d’imparare, specialmente quando si diventa protagonisti dell’apprendimento, in un circolo virtuoso infinito e inesauribile.
Sperimentiamo, giochiamo, divertiamoci perché…
Le fiabe servono alla matematica come la matematica serve alle fiabe; servono alla “fantasia, alla musica, alla politica e all’uomo intero, non solo al fantasticatore. Esse servono proprio perché, in apparenza, non servono a niente”
G. Rodari
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