Lettera aperta al Ministro Valditara

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Così, per passare un po’ di tempo e per sfogarmi su quelli che ritengo siano i mali del nostri sistema dell’istruzione, ho deciso di inviare questa lettera al sig. Ministro dell’istruzione e del merito on. Giuseppe Valditara. Arriverà al suo staff, e temo ch’egli non la legga mai: chissà quante gliene arrivano del medesimo tono, che i solerti collaboratori si affrettano a stracciare! Eppure, nonostante questo, ho voluto ugualmente fare questo esperimento, che qui ripubblico sul blog se non altro per suscitare una pacata discussione sui vari argomenti che tratto. Dico subito che la lettera, per lunga che sia, è ancor molto breve rispetto a tutte le criticità che ci sarebbero da evidenziare. Comunque, questo è il testo:

Egr. Ministro dell’Istruzione e del Merito On.Prof. Giuseppe Valditara

Sig. Ministro,

chi Le scrive è un docente ormai a riposo, che ha insegnato per circa 40 anni materie letterarie (Latino e Greco) presso il Liceo-Ginnasio “A.Poliziano” di Montepulciano (Siena). Affermo espressamente di appartenere alla Sua medesima parte politica e, conoscendo già da tempo i Suoi meriti in ambito culturale, di essere stato molto felice della Sua nomina ad un così importante incarico. Durante questo anno e mezzo di governo di centro-destra ho avuto anche modo di apprezzare e condividere i Suoi provvedimenti per quanto riguarda il problema della disciplina scolastica, del contrasto alla violenza in ogni sua forma e dell’uso a scuola dei cellulari e delle altre apparecchiature elettroniche.

Detto questo, vorrei però ricordarLe che la scuola italiana ha ancora molti problemi da risolvere, il primo dei quali – a mio giudizio – è lo stato di progressivo deterioramento della preparazione degli alunni, un allarme che, pur esistente già da prima, si è accentuato con il Covid e con il conseguente ricorso alla didattica a distanza. Ogni anno gli studenti escono con conoscenze e competenze sempre più incerte e approssimative dagli esami conclusivi della scuola primaria di primo grado e da quelli di Stato, ad onta delle votazioni molto elevate ma prive ormai, in molti casi, di corrispondenza alla reale preparazione. A questo stato di degrado, sempre a mio avviso, contribuiscono anche le molte ore di lezione non effettuate a causa di progetti e attività extrascolastiche, svolte in gran parte in orario curriculare, che rendono frammentario il lavoro dei docenti e compromettono quella continuità di apprendimento che è necessaria per la buona riuscita degli studi. Quest’anno in particolare l’aggiunta di 30 ore di orientamento al triennio della scuola superiore di II grado, da svolgere in orario curriculare, ha ulteriormente acuito il problema.

Avendo sempre insegnato in un Liceo, ho personalmente poca esperienza della scuola primaria e della secondaria di primo grado; ma ritengo che una vera, autentica riforma debba partire dai primi anni di frequenza scolastica, durante i quali dovrebbe essere privilegiato, ed esercitato con strumenti didattici efficaci, lo studio della lingua italiana, da proseguire anche nella secondaria di primo grado; e dico ciò a ragion veduta, giacché debbo amaramente constatare che tanti alunni arrivano ai Licei senza saper distinguere tra un avverbio e un pronome, senza discernere tra verbo attivo e passivo, transitivo e intransitivo ecc., per non parlare dell’analisi logica e del periodo. Per ottenere questo risultato ritengo che sia necessario tornare alla tipologia di esercizi invalsi alcuni decenni fa, come dettati ortografici, riassunti, temi e via dicendo, che erano in grado di formare la personalità dello studente oltre che di offrire un mero apprendimento nozionistico, ed anche ad un maggior rigore nella verifica degli apprendimenti. L’aver abolito l’insegnamento tradizionale per dare spazio a progetti e balzane invenzioni didattiche, spesso ideate da parsone che mai avevano pratica della scuola nella sua realtà, si è rivelato fallimentare. Lo stesso studio della lingua inglese, pur indispensabile per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, rischia di avere ben poca efficacia quando i discenti non conoscono adeguatamente la propria lingua madre. Non è il caso di aver timore a “tornare indietro”, cioè a ripristinare metodi e strumenti che si credevano superati. Io non ho mai creduto al pregiudizio secondo cui tutto ciò che è nuovo debba per forza essere utile e proficuo: se si constata di aver commesso un errore, non v’è nulla di male a riconoscerlo ed a tornare al passato.

Per quanto attiene specificamente alla scuola superiore di secondo grado, molte sarebbero le osservazioni da fare ed i provvedimenti da prendere. Sarebbe intanto utile completare il percorso da Lei giustamente intrapreso contro il dilagare del bullismo e della violenza nelle scuole, con l’adozione di provvedimenti severissimi e inappellabili sia contro gli studenti che si rendono colpevoli di gravi mancanze disciplinari sia contro i genitori che spesso intervengono in modo arrogante e offensivo verso il personale docente e non docente. Oltre a ciò, mi permetto di attirare la Sua attenzione su altri problemi che finora non hanno ancora trovato alcuna soluzione. Mi riferisco anzitutto all’uso degli strumenti elettronici da parte degli studenti, che ormai, anche con l’ultima novità costituita dall’intelligenza artificiale, rischiano di adulterare in tutto o in parte il processo apprenditivo e quello valutativo degli studenti stessi. Per quanto riguarda il primo aspetto mi corre l’obbligo di osservare che il ruolo e l’importanza degli smartphone, dei tablet et similia va molto ridimensionato, nel senso che lo studente non impara né di più né meglio con questi strumenti rispetto allo studio con i quaderni ed i libri tradizionali; constatiamo anzi che l’impiego pressoché esclusivo di queste apparecchiature ha persino danneggiato l’apprendimento, ad esempio in ciò che riguarda la memoria e il consolidamento delle conoscenze acquisite. E’ proprio vero quello che il padre Dante diceva, cioè che “non fa scienza / senza lo ritenere avere inteso,” proprio perché ci accorgiamo ogni giorno di quanto sia difficile per gli alunni far sedimentare nella loro mente delle nozioni e delle conoscenze che arrivano loro a raffica, sui supporti elettronici e senza l’aiuto della scrittura e della rielaborazione personale. Ho letto di recente che la Svezia, che è stata una delle nazioni pioniere per la diffusione degli strumenti didattici elettronici, sta tornando ai libri ed ai quaderni, e qualcosa di simile sta accadendo anche negli Stati Uniti d’America.

E’ tuttavia il secondo aspetto, quello valutativo, che mi preme qui sottolineare. Ormai le verifiche scritte, almeno per le materie che ho insegnato per tanto tempo, sono profondamente adulterate dall’uso degli smartphone, per mezzo dei quali gli studenti trovano su internet i testi di latino e greco già tradotti, e lo stesso vale, per quanto sento dire, anche per l’italiano (con i temi già svolti) ed altre materie. Per il latino e greco il problema si estende anche per gli esercizi da svolgere a casa, sistematicamente scaricati da internet e svolti personalmente da un numero sempre minore di studenti. I Suoi predecessori, signor Ministro, erano già stati avvertiti del problema, ma non hanno mai manifestato la volontà di risolverlo. Come sappiamo, non è lecito (giustamente) perquisire gli studenti, ed anche l’obbligo di consegnare il cellulare viene facilmente aggirato portandosi appresso due smartphone, dei quali uno viene consegnato e l’altro tenuto addosso. Vi sono poi altri oggetti come orologi, penne e quant’altro dotate di videocamere e quindi in grado di fotografare i testi e spedirli a qualcuno fuori di scuola, che si premura di svolgere la traduzione e poi rispedirla allo studente, o di fare per lui il tema o gli esercizi di matematica o di qualunque altra disciplina. Lei comprende senz’altro che, in queste condizioni, sarebbe preferibile abolire del tutto le prove scritte, compresa quella dell’esame di Stato e quelle dei concorsi pubblici, anch’esse viziate dal medesimo problema. Eppure una soluzione ci sarebbe: quella di dotare le scuole di adeguate apparecchiature che possano schermare l’aula dove si svolge la prova scritta, impedendo agli strumenti elettronici di collegarsi ad internet. Le chiedo gentilmente di prendere in considerazione questa possibilità, al fine di restituire al percorso valutativo la necessaria attendibilità; ciò inoltre sarebbe molto proficuo anche sul piano etico, per trasmettere ai giovani un messaggio positivo che ripristini l’onestà ed il rispetto della legalità, sulla quale si organizzano spesso corsi di aggiornamento e seminari che poi vengono clamorosamente disattesi nella pratica quotidiana.

Un’ultima osservazione vorrei fare riguardo ai libri di testo, sempre più minimalisti e qualitativamente mediocri. Il fenomeno, da inserire in un quadro di declino generale dell’istruzione, è dovuto anche – a mio parere – al tetto di spesa imposto dal Ministero per la dotazione libraria di ciascuna classe, che oltretutto è fermo ai prezzi del 2012 quando è ovvio presumere che in questi dodici anni ci siano state variazioni. Questo stato di cose impoverisce sempre più i veri strumenti di lavoro e impedisce perfino l’acquisto di determinati sussidi (si pensi ai classici singoli o antologie di autori classici, ormai praticamente scomparsi) che invece sono necessari per il dovuto approfondimento delle materie umanistiche. Mi chiedo e Le chiedo se non sarebbe preferibile aumentare i tetti di spesa adeguandoli ai prezzi odierni, oppure addirittura abolirli sostituendoli con un “budget” economico da assegnare a ciascun istituto per contribuire all’acquisto dei libri per le famiglie meno abbienti che ne facciano richiesta.  

Le sarò grato, signor Ministro, se vorrà considerare quanto qui Le ho scritto e riflettere sulla gravità dei problemi della nostra scuola, che Lei ha certamente la volontà e l’intenzione di risolvere. Augurandomi che la Sua permanenza nell’alto incarico prosegua per molto tempo e sia tale da permetterLe di lasciare di sé un ottimo ricordo, Le faccio i più vivi complimenti e Le auguro ogni successo.

Con deferenza. Prof. Massimo Rossi – Montepulciano (Siena)

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