Lo Human Genome Meeting di Roma riporta in primo piano la necessità di liberare l’uso dei dati

La tappa romana dello Human Genome Meeting iniziata ieri a Roma è l’occasione per tornare a parlare di un argomento tanto fondamentale quanto scomodo: l’impatto della “isteria per la privacy” sulla possibilità di fare ricerca grazie all’enorme quantità di dati che, oggi, siamo in grado di raccogliere sul modo in cui funzioniamo – e ci “rompiamo”.
La mappatura del genoma umano è stata una pietra miliare per lo sviluppo della conoscenza dell’uomo, ma ha rappresentato un punto di partenza, non di arrivo. L’aumento delle prestazioni degli strumenti di analisi di campioni genetici, della potenza di calcolo dei computer e delle capacità dei software (per esempio, non sappiamo ancora fino a che punto si arriverà con il deep learning) rendono irrinunciabile una presa di posizione chiara dei legislatori nazionali e delle istituzioni transnazionali sulla possibilità di usare i dati – tutti i dati – per potenziare la ricerca medico-scientifica.
L’esperienza drammatica
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