Donne, Matematica e Architettura
Zaha Adid, una matematica prestata all’Architettura. Risolvere problemi matematici è come giocare con carta e penna.
Quando leggo della pervasività della matematica nel resto della cultura, confesso che il mio primo pensiero va a Zaha Adid, che è stata una dei più grandi architetti contemporanei.
Straordinaria interprete del decostruttivismo architettonico, la Adid, scomparsa nel 2016, ha riflesso nelle sue opere fatte di curve, linee tese e piani sconnessi tutta l’influenza dei suoi studi matematici, che ha svolto presso l’American University of Beirut in Libano prima di approdare nel 1972 a Londra dove ha frequentato la Architectural Association School of Architecture.
Una passione, quella per la matematica, che l’ha accompagnata fin dall’infanzia perché “risolvere problemi matematici è stato come giocare con carta e penna” e che ha celebrato da adulta, già affermata architetta a livello internazionale, con la progettazione e la successiva realizzazione della galleria Mathematics: The Winton Gallery del Museo della Scienza a Londra, dove ha concepito il design dello spazio partendo dallo studio delle equazioni del flusso d’aria utilizzate nel settore dell’aviazione.
Le sue opere architettoniche così audaci costituiscono oggi la manifestazione tangibile dell’intrinseca bellezza della matematica e ci fanno pensare a oggetti matematici “costruiti secondo principi […] non-euclidei” [Crisi dell’oggetto (1936), André Breton].
Non più rigore cartesiano né ordine e simmetria a dominare lo spazio, ma il caos caratterizzato dal superamento della geometria euclidea, dove l’architettura di Adid definita parametrica realizza le forme delle geometrie complesse utilizzando macchine a controllo numerico e la progettazione digitale.
“Ci
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