La B.Braun di Mirandola fa scuola in Europa con i “cobot” biomedicali
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È il primo progetto europeo che punta a definire le linee guida e i modelli per la trasformazione 5.0 della manifattura e per l’Italia a fare da benchmark sarà l’azienda del distretto biomedicale modenese B.Braun Avitum. Selezionata assieme ad altri 13 campioni europei che per i prossimi tre anni – questa la durata del progetto Prospects 5.0 finanziato dalla Commissione europea nell’ambito del programma Horizon Europe con 3 milioni di euro – contribuiranno a definire le linee guida della rivoluzione che, partendo dagli assunti del digitale e della sostenibilità dell’era 4.0, dovrà abilitare le fabbriche, trasversalmente in tutti i settori, alla cooperazione uomo-macchina con un approccio “human centric”.
B.Braun, storica multinazionale del polo biomedicale che ha reinvestito dopo il sisma del 2012 una cinquantina di milioni di euro per ampliare e potenziare la produzione, realizza nel sito all’avanguardia green & tech di Mirandola circa 10 milioni di pezzi l’anno di componenti e dispositivi medici per dialisi, aferesi, sacche per la nutrizione, affiancando “cobot” (robot in grado di collaborare con gli umani) agli operatori nella camera bianca sterile, il “cuore” del processo produttivo. Sarà l’unica azienda italiana protagonista di Prospects 5.0 come caso di studio industriale, ma un’altra società tricolore, la mantovana NSBproject si è aggiudicata il ruolo di Innovation Broker del progetto, che coinvolge complessivamente una trentina di soggetti di 15 Paesi Ue, tra cui l’Università di Modena e Reggio Emilia e Confindustria Emilia.
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L’esperienza mirandolese con i “cobot”
«Abbiamo iniziato a introdurre i cobot, robot collaborativi, nella produzione di kit complessi per dialisi in camera bianca quattro anni fa, per supportare i “colleghi” umani nelle fasi di assemblaggio più ripetitive, faticose e pericolose, sono aiutanti preziosissimi e instancabili in grado di fare controlli più accurati dell’occhio umano e autodiagnosi, di rilevare errori e adattarsi ai cambiamenti del prodotto», spiega Enrico Corazzari, Technical & Industrialization Director di B. Braun Avitum Italy, parte del Gruppo B. Braun, tra i leader mondiali nelle tecnologie e dispositivi medici (63mila dipendenti, 8,8 miliardi di euro di fatturato), che a Mirandola dà lavoro a 400 persone, di cui una cinquantina impiegate nel reparto R&D e Engineering, dove sono stati messi a punto i “bracci robotici sensorizzati” a misura del banco di lavoro della camera bianca sterile. «La mano dell’uomo per alcune operazioni è ancora insostituibile – precisa Corazzari – ma ci sono operazioni che possiamo demandare a un cobot per aumentare l’efficienza, ridurre gli spazi di lavoro e quindi i consumi e l’inquinamento, migliorando prestazioni e qualità del prodotto e benessere delle persone che lavorano qui e di quelle che usano i nostri dispositivi in oltre 60 Paesi nel mondo. Noi produciamo dispositivi salvavita, non ci possiamo permettere errori. Oggi abbiamo due linee pienamente operative con cobot e per questo progetto europeo ne svilupperemo una terza».
La disseminazione di buone prassi 5.0
L’uso dei cobot nell’assemblaggio di dispositivi medici rappresenta un esempio di approccio misto in cui gli esseri umani sono supportati dai cobot per migliorare l’efficienza e la sicurezza della produzione, per questo sono inseriti nel progetto di ricerca Prospect 5.0: nella visione europea di Industria 5.0, l’evoluzione tecnologica è concepita come leva per ridurre gli impatti ambientali, migliorare il benessere dei lavoratori, aumentare la resilienza salvaguardando l’azienda e le persone dai rischi di eventi estremi o catastrofali, con un approccio sistemico agli investimenti.
«Nel ruolo di innovation broker ci occuperemo del coordinamento dell’intero processo di valorizzazione (sfruttamento economico e commerciale) e di replicabilità delle conoscenze generate dal progetto, per fare disseminazione su tutto il territorio europeo e al più ampio numero di settori possibile. A differenza degli altri progetti Horizon dedicati al 5.0 focalizzati su singole e specifiche tecnologie, Prospects 5.0 mira a creare una roadmap generale che delinei in modo trasversale competenze, soluzioni e processi necessari per la transizione», spiega Andrea Jester, cofondatore di NSBproject, società di consulenza, scouting e trasferimento tecnologico. «Con questo progetto favoriremo la condivisione dei risultati tra i rappresentanti dell’industria manifatturiera e tecnologica in Europa (con particolare attenzione a Pmi, start-up, scale-up) tra le università e i centri di ricerca, tra e unità della Commissione Ue che dovranno poi pianificare gli investimenti del prossimo programma quadro. Spetterà a noi monitorare e capire i 14 casi d’uso e capitalizzare il know-how che viene fuori dagli investimenti fatti – conclude Jester – mentre l’UniMore misurerà scientificamente le condizioni in cui una azienda può fare la transizione, quali passaggi servono. Il traguardo finale potrebbe essere la creazione di una Academy per le Pmi, dove possono formarsi e prepararsi agli investimenti necessari per la virata 5.0».
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