Sciopero del 9 maggio: I sindacati dicono no a prove INVALSI, autonomia differenziata e precariato

Si è svolto ieri a Napoli e in tutta Italia lo sciopero relativo al comparto istruzione promosso da Cobas Scuola Sardegna, Unicobas scuola e università, Usb PI e Cobas-Comitati di Base della Scuola, FISI Scuola. Coinvolto il personale Docente, ATA, Educativo e Dirigente a tempo determinato e indeterminato.

A Napoli il presidio si è svolto davanti all’Ufficio Scolastico Regionale per la Campania.

Ci sono timori di una deriva involutiva della scuola italiana?

“Innanzitutto, afferma Ciro Silvestri, segretario generale della FISI, siamo qui anche per riaffermare il diritto allo sciopero davanti ai cittadini e alle istituzioni che spesso disattendono l’obbligo di pubblicizzarlo. È, a mio avvisto, l’ultimo strumento di opposizione pacifica nella disponibilità dei lavoratori. Bisogna ritornare ad un impegno diretto di ogni lavoratore per salvaguardare i valori democratici di cui noi tutti siamo i garanti”.

Quali sono le istanze principali manifestate dai sindacati?

1. NO ALL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA I sindacati aderenti allo sciopero hanno a cuore in primis il futuro di una scuola nazionale per tutti senza divari tra Nord e Sud e tra classi sociali. Per questo ritengono deleteria l’autonomia differenziata che spacca il paese in due creando diseguaglianze sociali e riaprendo antiche ferite e meccanismi di assistenzialismo e privatizzazione forzata fini a sé stessi.

“L’autonomia differenziata, se realizzata, porterebbe alla frantumazione del sistema unitario di istruzione e subordinerebbe l’organizzazione scolastica a scelte politiche ed economiche ad essa esterne ed estranee. Tutte le materie, oggi di competenza esclusiva dello Stato o in parte divise tra Stato e Regioni, passerebbero a queste ultime, con la creazione di 20 sistemi scolastici diversi”, questo quanto dichiarato, in una nota riportata da Ansa, Piero Bernocchi, portavoce nazionale Confederazione Cobas.

“L’autonomia differenziata, afferma la prof.ssa Antonia Esposito, referente FISI comparto scuola, aumenterà la sottomissione della scuola alle aziende private, sempre più incombenti, snaturando così il servizio pubblico e la determinante funzione sociale ed educativa della Scuola per il progresso della società”

2. NO AI TEST INVALSI E ALLA DIGITALIZZAZIONE FORZATA Il Cobas Sardegna evidenzia nei suoi comunicati la necessità di opporsi ai test INVALSI, la “delirante didattica delle competenze addestrative”, contro la scuola della digitalizzazione selvaggia e lo sperpero dei denari del PNRR, il “tutoraggio” degli insegnanti.

La prof.ssa Marcella Raiola, attivista del Tavolo Nazionale contro l’Autonomia Differenziata, evidenzia il passaggio degli INVALSI da “test di rilevamento a campione a vero e proprio strumento di meccanizzazione dell’apprendimento e di profilazione degli studenti”. “I test INVALSI sono strumenti non oggettivi che riducono e appiattiscono la complessità della valutazione degli studenti e del sistema scuola nel suo complesso.

Al contempo vanno a schedare e catalogare gli studenti in particolare nel momento in cui i risultati dei test vengono inseriti nel curriculum di ciascun alunno. Ciò costituisce una violazione anche della privacy degli alunni e un elemento di discriminazione soprattutto per i ragazzi più fragili”.

“Il mondo della scuola, nonostante la crisi degli ultimi anni, rimane il luogo fondamentale di ogni Stato Democratico e, dunque, un bene da difendere con assoluta fermezza. Come docenti, sindacati e genitori abbiamo una grossa responsabilità, non possiamo stare a guardare. Come insegnanti ed educatori dovremmo preservare la nostra libertà di insegnamento e il carattere intellettuale della nostra professione. È assolutamente necessario che tutti facciano qualcosa per impedire il capovolgimento di un paradigma fondamentale: “la tecnologia al servizio dell’uomo e non viceversa”, afferma ancora Ciro Silvestri, segretario generale della FISI. Si riferisce al tema della digitalizzazione forzata che trova espressione nel Piano Scuola 4.0, promosso dal Ministero dell’Istruzione, nell’ambito delle linee di investimento del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).

Si tratta, specifica ancora Antonia Esposito della FISI, “di soldi in prestito che dovremo restituire senza nemmeno poter decidere come spenderli”. L’innovazione non passa per la digitalizzazione forzata che rappresenta solo una scusa per colonizzare la scuola e privarla della sua funzione originaria e vitale.

3. NO AL PRECARIATO È necessario salvaguardare la dignità umana dei lavoratori e degli insegnanti precari. “Il precariato svilisce la professionalità dei docenti e danneggia la qualità della scuola pubblica”.

La cultura non può essere precaria e soggetta a condizioni.

I sindacati aderenti allo sciopero si battono quindi per l’immissione in ruolo di tutti i precari che hanno tre anni di servizio e per la riconversione delle fabbriche di armi e la fine del loro commercio con investimenti di tali risorse nelle urgenti necessità sociali.

Non solo insegnanti, ma anche studenti, genitori, cittadini, tutti dovrebbero partecipare ad un dibattito costruttivo che individui la rotta della scuola oggi: nessuno può sostituirsi alla società civile, ignorarne i valori e i diritti fondamentali, per fini lontani dagli alti scopi educativi della scuola.

I cittadini, i lavoratori, gli studenti dovrebbero contribuire a delineare il proprio presente e futuro e non essere spettatori passivi e fruitori di visioni della società precostituite e imposte dall’alto verso finalità estranee alla scuola e allo sviluppo culturale e umano dei ragazzi.

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