Starlink, ecco come Musk ha vinto la sfida dei satelliti

Tempi di latenza molto bassi

Di sicuro la bassa orbita, dai 400 ai 1.500 chilometri dal suolo, permette dei tempi di latenza molto bassi rispetto ai satelliti che stanno in orbita geosincrona, da sempre utilizzati anche per la trasmissione dati. Con Starlink per avere una risposta a un nostro comando andiamo sulle decine di millisecondi, quasi non si avverte, se non quando si lavora su siti che fanno continuamente interruzioni di linea. Certamente la tecnologia di bassa orbita cambia le carte in tavola, dato che l’utente di fatto vede sempre satelliti diversi, perché a quell’altezza, che poi non è tanto diversa da quella della Stazione spaziale internazionale, Iss, ogni satellite fa il giro del nostro mondo in 90 minuti o poco più. È un altro mondo rispetto al geosincrono che vedo sempre immobile nel cielo, ma troppo lontano. Poco importa, il sistema funziona e lo spostamento degli utenti verso Starlink dà ragione, una volta di più a Elon Musk. Con la prossima serie di satelliti, che saranno in grado di trasferire fra loro richieste e dati degli utenti, il servizio dovrebbe ancora migliorare.

Seimila satelliti in orbita, che si aggiungono alle migliaia già esistenti per tutt’altri scopi e di varie nazioni, forse non disturbano chi guarda le stelle in cielo e ne vede qualcuno passare, inesorabilmente dato quanti sono, provare per credere, ma certamente sono un problema per chi il cielo lo usa come laboratorio avanzato di Fisica e che si serve di telescopi super perfezionati costati qualche miliardo.

Inquinamento luminoso

Le strisce nelle immagini astronomiche dovute a Starlink sono oramai una costante, nelle immagini professionali più spinte così come nelle riprese degli appassionati con attrezzature amatoriale, comunque oggi capaci di ottime prestazioni. Per dire la verità Starlink ha, in modo meritevole, lavorato molto con l’Unione Astronomica Internazionale, Iau, per mitigare al più possibile la riflessione della luce solare sul metallo dei satelliti. Il problema comunque rimane dato che il numero di satelliti continua a salire, e ne sono previsti ancora a migliaia. All’orizzonte poi ci sono altre costellazioni simili in linea di partenza, quella chiamata Kuiper di Amazon in prima fila, che ne prevede al momento 3.263 in orbita.

Fattore chiave: vettori di lancio

Il vero asso nella manica di SpaceX è però il rapporto biunivoco fra i satelliti e i vettori di lancio, i Falcon 9, che sono oramai i mattatori di questo campo con 96 lanci nel 2023, 63 dei quali usati per Starlink, e più di cento previsti per questo 2024.

La riusabilità di questi vettori, ce ne sono che hanno servito ben 21 lanci, ha reso economicamente sostenibile il progetto Starlink e viceversa questo ha stimolato lo sviluppo di questi notevoli lanciatori riusabili. Questo è senz’altro il miglior progetto a basso costo visto in campo spaziale finora e Falcon 9 attualmente lancia anche i satelliti europei visto che i nostri vettori Ariane 6 e Vega-C sono ancora in sviluppo, si spera ancora per pochi mesi. Qualche preoccupazione per questo monopolio di fatto c’è anche in Usa comunque.

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