Armarsi contro le fake news: gli strumenti per il prebunking e il debunking

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Sempre più persone cadono vittima delle fake news, ovvero contenuti informativi falsi o fuorvianti che possono diffondersi rapidamente, complice anche l’avanzamento tecnologico che facilita la creazione di deepfake realistici e sempre più sofisticati. Una spirale pericolosa che induce a rafforzare pregiudizi e misinformazione, identificata dal Global Risks Report 2024 del World Economic Forum come il ’più grande pericolo globale a breve termine per le democrazie’. Un fenomeno che solleva preoccupazioni riguardo all’affidabilità delle informazioni online e sull’impatto che notizie deliberatamente alterate possono avere nel plasmare l’opinione pubblica. Uno scenario reso ancor più complesso dalla diffidenza verso i media tradizionali, che spinge molti a rivolgersi a fonti alternative come social network e app di messaggistica, terreno fertile per la proliferazione di fake news. A inasprire il quadro si aggiunge l’ingerenza di alcuni stati, come nel caso delle falsità made in China sui fatti di Taiwan, fino alle interferenze russe di disinformazione propagata in passato su diversi scenari geopolitici, tra cui gli USA. Una posta in gioco che si alza vertiginosamente in vista degli appuntamenti elettorali di UE e Stati Uniti.

L’importanza del prebunking

In questo contesto diventa cruciale promuovere la pratica del “prebunking”, ovvero fornire in anticipo strumenti per riconoscere le false notizie, piuttosto che affidarsi solo al tradizionale “debunking” a posteriori, appannaggio di giornalisti e siti specializzati. Una necessità evidenziata da Walter Quattrociocchi, ricercatore del Centro di Data Science della Sapienza e autore di uno studio su Nature che ha indagato la natura tossica delle interazioni nelle comunità digitali.

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“Gli studi dimostrano che tendiamo a dare credito alle fonti che confermano i nostri pregiudizi – spiega Quattrociocchi – I social media hanno cavalcato un modello di business basato più sull’intrattenimento che sull’informazione, frammentando le opinioni in ’camere dell’eco’ autoreferenziali”. Una dinamica perversa per cui “smentire le fonti non funziona, perché le persone rimangono ancorate ai propri schemi mentali anche di fronte all’evidenza dei fatti”. L’unica soluzione efficace, secondo il ricercatore, è “fornire gli strumenti per comprendere i meccanismi della disinformazione e acquisire consapevolezza sui pregiudizi cognitivi che influenzano la ricezione delle notizie”. Solo così si può realmente arginare il dilagare delle fake news.

La controffensiva delle big-tech: Google affila le armi

Il motore di ricerca Google ha creato un portale, anche in italiano, che raggruppa tutte le informazioni importanti su disinformazione, misinformazione e manipolazione, in collaborazione con Moonshot e altri partner locali. Questa iniziativa fa parte di una campagna di prebunking nell’Unione Europea, mirata a contrastare alcune delle tattiche più diffuse per manipolare le persone online. Nella pagina si trovano video che spiegano le tecniche del capro espiatorio e della decontestualizzazione, ovvero l’uso di media non correlati per sostenere un’affermazione. E ancora link a fonti istituzionali e anche a Elections24Check, che permette di trovare facilmente e avere a portata di mano informazioni e dati verificati sul voto da oltre 40 organizzazioni di fact-checking europee in 37 Paesi del continente. A questi si aggiungono le funzionalità introdotte da Google ad aprile, strumenti di prebunking che aiutano gli utenti a valutare l’affidabilità delle fonti di notizie online, incoraggiando a sviluppare nel tempo un database personale di fonti credibili su cui fare affidamento.

Nel primo caso, quando si effettua una ricerca, si può cliccare sui 3 puntini in verticale che appaiono accanto a ogni risultato. Si apre un pop-up laterale che dà informazioni supplementari sulla fonte, la data di indicizzazione, i collegamenti ai profili social, una serie di recensioni utili dal web e da siti come Trustpilot. Inoltre, vengono mostrati risultati “da ricerche relative ai nomi della fonte”, fornendo le informazioni necessarie per approfondire la conoscenza del sito da cui si stanno ottenendo le informazioni.

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