Modello organizzativo e didattico per una Scuola Primaria

Modello organizzativo e didattico per una Scuola Primaria che eccellendo si rinnova

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Eccellenza tra le eccellenze educative di un sistema 0-6 che si estende ai suoi primi quattro anni, la scuola primaria italiana eccelle tra i sistemi educativi europei, premiando la professionalità delle tantissime maestre e dei pochi maestri che, ogni mattina, al suono della campanella, danno il benvenuto insieme ai bidelli ai tantissimi bambini oggi sempre più colorati in quest’era contemporanea multietnica e interculturale.

Nell’ambito di un continuum educativo che si estende dai primi anni di vita fino al quarto elementare, dedicato alle indagini Internazionali IEA PIRLS in letto scrittura della lingua madre del 2021, la scuola italiana eccelle e lo fa mostrando al mondo intero la grandezza di una nazione che ha dato i natali a tanti illustri pedagogisti, molti dei quali maestri e poi direttori didattici, quali il compianto Gianfranco Zavalloni e l’indimenticabile e mai dimenticato Giancarlo Cerini. Questo successo è in gran parte dovuto ad un approccio pedagogico innovativo, profondamente influenzato dalle idee di Reggio Children e ispirato ai Cento Linguaggi di Loris Malaguzzi. Tali principi hanno favorito la creazione di ambienti di apprendimento stimolanti che valorizzano il potenziale individuale dei bambini, promuovendo un’educazione olistica e integrata.

Autonomia, il vento che doveva cambiare ogni cosa e in parte lo ha fatto, a partire dalla legge Moratti, ufficialmente nota come legge 53/2003, ha introdotto importanti modifiche nel sistema educativo, influenzando anche la scuola primaria. Siffatta innovazione legislativa ha spinto verso una maggiore autonomia le istituzioni scolastiche, permettendo loro di adattarsi meglio alle esigenze locali e di innovare i loro curricoli didattici che prendono ora il posto nell’allora POF, oggi PTOF, dei programmi didattici. Ha anche enfatizzato l’importanza della tecnologia informatica e delle lingue straniere, introducendo l’inglese più precocemente nel curriculum anche se sarebbe auspicabile apprendere questi nuovi linguaggi a partire dall’anno 0 di un ECEC sempre più attuale.

Le riforme hanno anche posto un accento rinnovato sulla formazione e valutazione degli insegnanti, cercando di migliorare la qualità dell’istruzione attraverso un focus continuo sullo sviluppo professionale, ancora dopo tanti anni in via di sviluppo e dagli esiti spesso incerti.

Nonostante i successi e le innovazioni introdotte dalla legge Moratti, la scuola primaria in Italia continua a confrontarsi con sfide significative. L’adattamento ai rapidi cambiamenti della società richiede infatti un aggiornamento costante dei metodi didattici e un adeguamento delle infrastrutture educative. Inoltre, è essenziale che tutti i bambini, indipendentemente dal loro contesto socio-economico, abbiano accesso a questi ambienti educativi avanzati. Ciò implica un impegno continuo e la collaborazione tra le istituzioni educative, le famiglie e le comunità per mantenere la resilienza del sistema scolastico e preparare efficacemente i giovani alle sfide del futuro.

 

 

Campi di Esperienza, Aree tematiche, discipline

Integrando i principi di Malaguzzi nella scuola primaria, i campi di esperienza si evolvono ora in aree tematiche omogenee; ne troviamo riferimento nelle indicazioni nazionali del 2004 e del 2007, per poi scomparire in quelle del 2012 senza che di fatto, però, siano mai state abrogate.

Area tematica che racchiude un insieme di quelle che, successivamente nella scuola secondaria di primo grado, assumeranno la loro definitiva identità disciplinare, con il prevalere degli insegnamenti epistemologici che da questo ciclo di scuola si faranno sempre più specialistici fino alla fine del percorso di studi di ogni studente, a prescindere dalla durata.

Aree tematiche, scelte liberamente dal collegio docenti e approvate dal consiglio d’istituto caratterizzano, rafforzando, l’identità di un’istituzione scolastica autonoma.

Si immagini un’area dei linguaggi a cui si associa l’ambiente di apprendimento delle aule a righe o scientifica delle STEM alla quale si associ, a sua volta, l’aula a quadretti.

Aree che poi esplodono nella ricchezza infinita delle conoscenze epistemologiche disciplinari, ma che nel frattempo hanno insegnato al bambino che il mondo è complesso e che bisogna saper vedere prima la foresta per poi studiare i singoli alberi.

Aree tematiche che non sono, quindi, discipline isolate bensì un continuum di apprendimento che abbraccia e incorpora la complessità dei saperi. Questi campi sono fluidi e interconnessi, riflettendo la realtà interdisciplinare del mondo esterno, il che richiede di mantenere una classificazione disciplinare appropriata per garantire che gli studenti acquisiscano le competenze fondamentali in vari ambiti di conoscenza.

Incorporando la teoria della complessità di Edgar Morin, tale modello educativo assume una dimensione ancora più profonda. Morin propone un approccio olistico all’educazione che valorizza l’interdipendenza tra diverse aree di conoscenza e la necessità di affrontare questioni complesse con una visione multidimensionale. Si traduce pertanto in un impegno verso un’integrazione di saperi che non solo collega tra loro diverse discipline, ma anche promuove una comprensione più integrata e meno frammentata del mondo.

La teoria della complessità suggerisce che l’apprendimento sia visto come un processo dinamico, in cui le connessioni tra diversi tipi di conoscenza sono costantemente esplorate e rafforzate. Attraverso questo approccio, gli studenti vengono incoraggiati a sviluppare un pensiero critico e sistematico che va oltre la semplice acquisizione di fatti isolati. Applicando tale principio, la scuola primaria diventa un ambiente in cui l’apprendimento è non solo interdisciplinare, ma anche capace di stimolare nei bambini la capacità di pensare in modo complesso e critico di fronte alle sfide del mondo reale.

In questo contesto, l’educazione non si limita alla trasmissione di conoscenze specifiche, ma diventa un processo di costruzione del sapere che prepara gli individui a navigare e interpretare la complessità della vita quotidiana. Gli studenti, pertanto, non solo acquisiscono conoscenze, ma anche le competenze necessarie d’ applicarle in modi nuovi e significativi, affrontando problemi complessi con un approccio che valorizza la connessione tra diverse forme di sapere.

Aule a righe e Aule a Quadretti

L’innovativa proposta del Dirigente scolastico Daniele Barca dell’IC3 di Modena rivoluziona l’uso degli spazi scolastici attraverso un modello educativo che personalizza gli ambienti di apprendimento. Il sistema prevede la suddivisione degli spazi in aule specializzate: una dedicata alle materie umanistiche e l’altra alle materie scientifico-tecnologiche. Tale disposizione non richiede spazi aggiuntivi ma una riorganizzazione degli ambienti esistenti, trasformando le tradizionali 4° A e 4° B in “aula a righe” per le umanistiche e “aula a quadretti” per le scientifiche.

Questa strutturazione permette agli studenti di muoversi tra le aule a seconda delle aree tematiche che stanno studiando, massimizzando così l’efficacia della didattica grazie all’uso di strumenti specifici per ogni contenuto disciplinare in esse previsto. Gli spazi diventano aule-laboratorio, supportando un approccio didattico attivo, collaborativo e pratico, che stimola l’apprendimento attraverso l’esperienza diretta e l’interazione.

Per realizzare pienamente i benefici di questo modello, è essenziale che l’intera istituzione adotti il sistema, garantendo che non sia limitato a una singola classe. Questo approccio sistemico assicura che ogni studente possa beneficiare di un ambiente educativo ottimizzato per diverse aree di studio. La sfida principale rimane la gestione degli orari, che deve essere meticolosamente pianificata per facilitare la transizione degli studenti tra le diverse aule senza interruzioni, sfruttando al meglio il tempo didattico e gli spazi a disposizione.

Assegnazione dei Docenti alle classi

In questo modello che associa le ritrovate aree tematiche ad ambienti di apprendimento a loro dedicate, la distribuzione dei docenti nelle classi si allontana dalla tradizionale segmentazione per disciplina per abbracciare un approccio più integrato e olistico, tipico delle prime fasi dell’educazione. Questo approccio rispecchia la Teoria della Complessità di Edgar Morin, alla base delle “Indicazioni Nazionali del 2012”, e dei successivi “Nuovi Scenari” del 2018, che favoriscono una visione complessiva dell’apprendimento, in cui le barriere tra discipline diverse come scienze, umanità e arti si attenuano, consentendo agli insegnanti di offrire un’istruzione che intrecci vari linguaggi e metodi didattici.

Gli insegnanti, quindi, non sono più confinati a una specifica disciplina, ma vengano assegnati semplicemente alle classi, dentro le quali lavorano in team e nel tempo dedicato alla programmazione delle unità di apprendimento decidono i tempi e l’esecutore delle stesse.

Una simile struttura facilita un ambiente collaborativo, sia tra gli studenti sia tra i docenti, potenziando il trasferimento di conoscenze, abilità e competenze in modo più fluido e coerente. Le uniche eccezioni rimangono per le materie che richiedono una competenza altamente specializzata, come l’educazione motoria, l’inglese e la religione, che sono insegnate da docenti dedicati.

 

Questo modello sperimentale si inserisce pienamente nel quadro della scuola dell’autonomia, poichè permette a ciascuna istituzione educativa di modellare il proprio curriculum e metodi didattici in base alle proprie esigenze e alla propria visione pedagogica. Ciò consente una maggiore flessibilità e adattabilità, caratteristiche essenziali per rispondere efficacemente alle dinamiche educative contemporanee e alle diverse necessità degli studenti. L’obiettivo è quello di creare un ambiente di apprendimento che non solo prepara gli studenti ad affrontare le sfide accademiche, ma li equipaggia anche con le competenze necessarie per navigare e prosperare in un mondo sempre più interconnesso, tecnologico e multidisciplinare.

Dall’orario libero all’ Orario Flessibile Plurisettimanale

L’introduzione di orari scolastici flessibili, strutturati su una base plurisettimanale, rappresenta un avanzamento significativo nel contesto educativo, mirando a sincronizzare i ritmi scolastici con le esigenze didattiche e di apprendimento degli studenti. Questo modello di flessibilità temporale trasforma profondamente l’ambiente educativo, rendendolo più adattabile, personalizzato e coinvolgente.

La flessibilità negli orari permette agli insegnanti di pianificare moduli temporali estesi per progetti complessi, garantendo agli studenti il tempo necessario per immergersi a fondo in attività interdisciplinari senza le interruzioni tipiche degli orari tradizionali. Ad esempio, un progetto scientifico che comprende esperimenti, raccolta e analisi di dati, e presentazioni finali, potrebbe essere organizzato in sessioni prolungate di mezza giornata o una giornata intera, piuttosto che in brevi periodi quotidiani. Questo tipo di organizzazione temporale favorisce una comprensione più profonda e un apprendimento più efficace.

Inoltre, la rotazione flessibile dei contenuti disciplinari consente agli insegnanti di modulare le unità di apprendimento in base al progresso e all’interesse degli studenti. Se una classe dimostra un interesse particolare o una necessità di approfondimento in un’area specifica, come la matematica, l’orario può essere adattato per incrementare il tempo dedicato a tale materia, riducendo temporaneamente l’attenzione su altre aree tematiche o discipline meno urgenti.

Gli orari flessibili offrono anche l’opportunità di integrare eventi culturali e scientifici nel curriculum. Ad esempio, una mostra d’arte locale o l’osservazione di un fenomeno astronomico come un’eclissi possono essere inclusi nell’orario scolastico, permettendo agli studenti di partecipare attivamente a queste esperienze educative significative.

La risposta alle esigenze individuali degli studenti è un altro aspetto cruciale degli orari flessibili. Gli studenti che necessitano di supporto aggiuntivo o desiderano approfondire determinati argomenti possono beneficiare di sessioni di tutoraggio personalizzate o in piccoli gruppi organizzate durante la giornata scolastica. Siffatto approccio assicura che le esigenze educative individuali siano adeguatamente soddisfatte senza sacrificare altre attività didattiche.

 

Infine, l’integrazione di attività extracurriculari direttamente negli orari scolastici, come sport, robotica educativa, escape rooms o laboratori STEM, elimina la necessità per gli studenti di rimanere a scuola oltre l’orario normale, equilibrando al meglio il tempo tra le attività scolastiche e la vita personale degli studenti e contribuendo a una gestione più sana del tempo.

Complessivamente, un sistema di orari scolastici flessibili non solo migliora l’efficacia dell’apprendimento adattandosi ai ritmi naturali degli studenti e degli insegnanti, ma anche rafforza l’interazione tra la scuola e la comunità più ampia, rendendo l’educazione un processo più integrato e significativo nella vita quotidiana degli studenti.

Attività Opzionali Aggiuntive, scelte dalle famiglie

L’introduzione di attività opzionali aggiuntive, scelte dalle famiglie e deliberate dagli Organi Collegiali, integrano efficacemente fino a un massimo di 30 ore settimanali il tempo scuola,e hanno rappresentato, ove applicate, una significativa evoluzione nel campo dell’istruzione, offrendo una personalizzazione dell’esperienza educativa e aumentando la partecipazione attiva delle famiglie nella formazione dei loro figli. Questo modello permette agli studenti di esplorare interessi personali attraverso attività non curriculari, che possono spaziare dallo sport alle arti (Studio di uno strumento musicale, Corso di disegno, Corso di Calligafria) dalla tecnologia (Informatica, Intelligenza Artificiale, Robotica, Making e Thinkering) alle lingue straniere (Francese, Spagnolo, Cinese, Giapponese, Arabo), aiutandoli a sviluppare competenze essenziali come il pensiero critico, la creatività e la risoluzione di problemi.

Adottando il tempo scuola fino a 30 ore di attività settimanali, il sistema educativo si adatta meglio alle esigenze degli studenti, permettendo loro di bilanciare efficacemente il lavoro accademico con altri interessi. Tale flessibilità è in linea con il principio di autonomia scolastica promosso dalla legge Moratti, che mira a rendere le scuole più responsabili delle scelte educative e organizzative, in modo da rispondere più adeguatamente alle esigenze degli studenti e delle loro famiglie. Implementare un sistema del genere richiede una stretta collaborazione tra scuole e famiglie, assicurando che le opzioni disponibili riflettano le preferenze e le necessità degli studenti e che le risorse siano adeguatamente allocate per supportare una vasta gamma di attività. Questo approccio non solo arricchisce l’esperienza educativa degli studenti ma prepara anche i bambini a essere cittadini attivi e versatili, pronti a navigare e contribuire efficacemente alla società.

 

Rivalutazione delle Ore Dedicata alla Progettazione e alla Programmazione Didattica

Il contratto del personale docente della scuola primaria prevede 22 ore di servizio in aula per attività curriculari, più 2 ore di servizio da dedicare alla programmazione didattica educativa.

Nel tempo queste due ore, che prevalentemente si svolgono a frequenza settimanale in orario pomeridiano, a volte di sera per il tempo pieno, sono sempre più diventate un onere gravoso per i maestri che non sempre le hanno utilizzate efficacemente, nonostante l’alta professionalità che contraddistingue gli insegnanti della scuola primaria italiana.

Si propone, quindi, una rivalutazione delle stesse, svolgendole in orario di servizio curriculare, o meglio: una docente lavora regolarmente in classe, mentre l’altra, in compresenza, programma e progetta confrontandosi con la prima. In questo modo le due ore vengono assolte in modo dinamico, in quanto i docenti sono liberi di fissare le ore da dedicare alla programmazione didattica quando lo ritengono più opportuno.

Con i docenti assegnati solo alle classi, è fondamentale che ogni unità di apprendimento sia progettata e programmata attentamente per valorizzare le competenze specialistiche di ciascun insegnante. Questo approccio permette di sfruttare le conoscenze e le passioni del personale docente, spesso acquisite in contesti sia formali sia informali, a vantaggio degli studenti. Consideriamo, ad esempio, un progetto interdisciplinare che integra scienza, matematica e arte, come la costruzione di un modello di ecosistema. Un insegnante con solide basi in biologia, potrebbe guidare gli studenti nella comprensione della biodiversità, mentre un altro, appassionato di matematica, potrebbe focalizzarsi sulle proporzioni e le quantità necessarie. Allo stesso modo, un docente con inclinazioni artistiche potrebbe aiutare gli studenti a realizzare gli elementi visivi del progetto.

Altri esempi includono lo sviluppo di competenze linguistiche e culturali attraverso l’esplorazione della cultura e della lingua di un altro paese, magari con un insegnante che ha vissuto all’estero e può offrire una prospettiva autentica. Ciò potrebbe tradursi in sessioni di cucina per insegnare piatti tipici o workshop di lingua per praticare dialoghi in scenari realistici. Inoltre, gli insegnanti appassionati di scrittura possono condurre workshop di scrittura creativa, mentre quelli con una formazione in scienze possono organizzare esperimenti pratici che rendono la materia più vivace e interessante.

Simili approcci non solo arricchiscono l’esperienza educativa degli studenti, ma creano anche un ambiente di apprendimento più dinamico e coinvolgente. Gli insegnanti lavorano in modo collaborativo, offrendo supporto mirato e efficace, il che si traduce in un’istruzione più adatta alle esigenze e agli interessi degli studenti. Implementando la progettazione e la programmazione didattica direttamente in classe, gli insegnanti possono adattare la programmazione delle unità di apprendimento in tempo reale, ottimizzando così le risorse e il tempo e potenziando l’efficacia pedagogica attraverso un approccio di squadra. Un siffatto tipo di programmazione non solo migliora l’interazione e la collaborazione tra gli insegnanti, ma aumenta anche l’engagement degli studenti, facendoli sentire più valorizzati e coinvolti nel loro percorso di apprendimento.

Avvio della sperimentazione con un Ciclo di Deming

Il Ciclo di Deming, noto anche come PDCA (Plan-Do-Check-Act), offre un metodo efficace per gestire l’implementazione e il miglioramento continuo di processi complessi, come la riforma scolastica. L’applicazione di questo modello alla riforma della scuola primaria italiana permette di sistematizzare il processo di cambiamento in modo gestibile e sostenibile. Comprende la pianificazione con obiettivi chiari e la formazione intensiva degli insegnanti, seguita dall’attuazione con l’avvio di classi pilota e l’adozione di orari flessibili. Successivamente, la fase di verifica attraverso la raccolta e l’analisi dei dati e, infine, l’azione, dove si attivano le modifiche necessarie per espandere la riforma a livello istituzionale.

Il modello di ricerca-azione si adatta perfettamente a questa sperimentazione educativa, facilitando un’interazione continua tra teoria e pratica. Gli insegnanti, agendo sia come educatori sia come ricercatori, possono adattare il loro approccio in base alle esigenze emergenti e ai risultati delle valutazioni. Questo processo non solo migliora l’efficacia della sperimentazione, ma professionalizza ulteriormente il ruolo dell’insegnante, rendendolo centrale nel processo di trasformazione educativa.

L’adozione del Ciclo di Deming potenzia la capacità del sistema educativo di rispondere dinamicamente alle sfide del XXI secolo. Attraverso un approccio sistemico e iterativo, la sperimentazione diventa non solo innovativa ma anche sostenibile e adattabile nel tempo. Gli insegnanti, essendo al centro di questo processo, diventano veri agenti di cambiamento, capaci di modellare un futuro educativo che valorizza complessità, interdisciplinarità e umanità. Tuttavia, resta critica la connessione con la scuola secondaria di primo grado, presso cui la struttura disciplinare è più rigida e specializzata. In attesa di una riforma di questo livello, è fondamentale progettare un curricolo verticale e avviare una didattica integrata per le classi parallele che coinvolga più discipline nella stessa unità di apprendimento. 

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