Barbiana, fare scuola produce strade. Le lettere di Don Milani

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Era il marzo del ’55 e don Lorenzo, che da poco più di tre mesi viveva a Barbiana, scrisse una lettera all’amico Gian Paolo Meucci, poi magistrato e protagonista della cultura cattolica fiorentina di quegli anni. Quattrocentosettantacinque metri sul mare e praticamente isolata dal resto del mondo, Barbiana. Freddo tagliente e neve d’inverno, senza posta, luce, acqua. Centotrenta anime, una ventina di famiglie che vivevano in altrettante case coloniche, isolate e nascoste, qua e là nel bosco. Case del padrone, come la terra che coltivavano 10-12 ore al giorno per ricavarne solo la metà del raccolto. La metà peggiore, al netto di qualche sottrazione debita. Si, perché i barbianesi erano tutti mezzadri, figli di mezzadri, nipoti e bisnipoti di mezzadri. Servi della gleba e analfabeti. Chiusi in quella montagna dura del Mugello. L’unica strada in qualche modo transitabile si fermava alcuni

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