I possibili effetti penali della condotta dei privati nella procedura dell’affidamento diretto
I possibili effetti penali della condotta dei privati nella procedura dell’affidamento diretto (Prima parte)
di Anna Armone
Premessa
Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. 31 marzo 2023, n. 36) in continuità con i decreti “semplificazione” (D.L. n. 76/2020 e D.L. n. 77/2021), ha operato una significativa semplificazione dell’azione amministrativa, in attuazione del principio del risultato (art. 1, D.Lgs. n. 36/2023) e di un sostanziale intimazione ad “aggiudicare” rapidamente, nell’ottica di una corrispondenza tra celerità e buona amministrazione reso necessario, altresì, per far fronte agli impegni assunti in sede unionale ed ottenere la corresponsione dei fondi (Next Generation UE o Recovery Fund). Nonostante ciò, l’inserimento di criteri di scelta deve considerarsi come una pratica coerente e doverosa anche negli affidamenti diretti e, tra l’altro, costituisce l’applicazione pratica di quanto disposto nell’art. 12 della L. 241/90 secondo cui “La concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione da parte delle Amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le Amministrazioni stesse devono attenersi”.
Difatti, pur ribadendo l’importanza che il potere discrezionale riveste nell’attività quotidiana delle Amministrazioni, e dunque dell’istituzione scolastica, occorre comunque sottolineare che si tratta di un potere che soggiace a dei limiti nel relativo esercizio e in cui l’obbligo di motivazione del provvedimento assume un ruolo ancor più decisivo.
Le Amministrazioni, dunque, anche negli affidamenti diretti, devono predeterminare agli operatori economici i criteri e le modalità a cui vorranno autovincolarsi nella scelta dei relativi preventivi economici, in modo da salvaguardare l’imparzialità della decisione finale ed evitare l’utilizzo di un potere discrezionale eccessivamente ampio e sconfinato.
Infatti, la procedura di affidamento diretto può prendere avvio anche tramite il ricorso a un’indagine di mercato, anche informale, o tramite la consultazione degli elenchi di operatori economici a disposizione della stazione appaltante e costituiti presso la stessa, che vengono attuate ad opera del responsabile unico del procedimento, al fine di inquadrare il costo del bene, del servizio o del lavoro, ma anche per individuare già a monte della procedura un fornitore idoneo, evitando assidue ricerche.
Gli effetti penalistici
Il legislatore ha introdotto l’art. 353 bis nel codice penale al fine di prevedere e sanzionare la fase relativa al procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente, mentre l’art. 353 riguarda la turbativa della gara in corso.
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
La norma ha esteso la tutela penale ad un momento antecedente a quello di indizione della procedura di gara e sanzionare, in tal modo, anche condotte violative delle regole che disciplinano la procedura “a monte” dell’emanazione dell’atto con cui viene indetta a tutti gli effetti la procedura stessa. In pratica, viene sanzionata penalmente qualsiasi condotta atta a turbare la procedura di scelta del contraente, concernente la fase prodromica all’indizione di una determinata procedura .La norma tutela, pertanto, la libertà contrattuale della pubblica amministrazione.
Il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall’art. 353-bis cod. pen., è un reato di pericolo, posto a tutela dell’interesse della Pubblica Amministrazione di poter contrarre con il miglior offerente, per il cui perfezionamento è necessario che sia posta concretamente in pericolo la correttezza della procedura di predisposizione del bando di gara. Nell’istituzione scolastica, dirigente e direttore sga devono essere in grado di riconoscere comportamenti di soggetti privati tesi ad influenzare le scelte in modo velato o, addirittura, con false raccomandazioni su come procedere.
Come riportava la sentenza della Cass. pen. n. 5536/2021, il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall’art. 353-bis cod. pen., in caso di affidamento diretto, è configurabile quando la trattativa privata, al di là del “nomen juris”, prevede, ai fini della scelta del contraente, una “gara”, sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale, mentre non è configurabile nelle ipotesi in cui il procedimento di scelta sia svincolato da ogni schema concorsuale ovvero quando la decisione di procedere all’affidamento diretto sia essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara. Ci si chiede cosa significhi “altro atto equipollente”. Secondo la Cassazione penale (sent. n. 44700/2021) in tema di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, costituiscono “atti equipollenti” al bando di gara l’avviso con il quale, nella procedura contrattuale di “pre-commercial procurement”, si dà inizio alla fase di ricerca e scelta del contraente, nonché l’allegato tecnico descrittivo del contenuto del futuro contratto. (Nella sentenza l’allegato tecnico era stato predisposto dalla società risultata aggiudicataria del contratto e modellato sulle competenze e sulle scelte gestionali di questa).
In merito, tuttavia, si è affermato, ormai costantemente, dal 2022, un orientamento giurisprudenziale che, in contrapposizione alle pregresse decisioni della stessa Suprema Corte, ha ridotto la portata applicativa dell’art. 353-bis c.p..
La sentenza n. 5536/2022 della VI Sez. Pen. della Corte di Cassazione, ha formulato la seguente massima: “in caso di affidamento diretto, il delitto previsto dall’art. 353- bis cod. pen.: a) è configurabile quando la trattativa privata, al di là del nomen juris, prevede, nell’ambito del procedimento amministrativo di scelta del contraente, una “gara”, sia pure informale, cioè un segmento valutativo concorrenziale; b) non è configurabile nelle ipotesi di contratti conclusi dalla pubblica amministrazione a mezzo di trattativa privata in cui il procedimento è svincolato da ogni schema concorsuale; c) non è configurabile quando la decisione di procedere all’affidamento diretto è essa stessa il risultato di condotte perturbatrici volte ad evitare la gara”.
Nel dettaglio, i Giudici di legittimità sono giunti a tale conclusione partendo dalla considerazione che l’art. 353-bis c.p., a differenza dell’art. 353 c.p., non prevede la sanzione di condotte che abbiano ad oggetto l’ “impedimento” della gara, ma solo la “turbativa” volta a stabilire il contenuto del bando di gara o di atto ad esso equipollente. Con riferimento a tale ultima nozione, la Suprema Corte ha chiarito che può essere definito “equipollente” un atto che, sebbene non obbligatoriamente “tipizzato”, assolva alle stesse funzioni del bando di gara e, dunque, contenga i requisiti e le modalità di partecipazione degli operatori economici alla competizione, con la conseguenza che “la condotta di turbamento, per assumere rilievo ai fini della sussistenza del reato previsto dall’art. 353-bis cod. pen., deve innestarsi ed intervenire in un procedimento amministrativo che contempli una qualsiasi procedura selettiva, la pubblicazione di un bando o di un atto che abbia la stessa funzione”. Infatti, nella sentenza viene chiarito che “torsioni interpretative volte a conformare il dato testuale per attribuirgli un significato ulteriore, distinto e più ampio, rispetto a quello desumibile dalla sua immediata lettura”, configurano una vera e propria interpretazione analogica in malam partem (come noto, vietata in diritto penale), cosicché “la condotta perturbatrice non finalizzata ad inquinare il contenuto del bando – o di un atto ad esso equipollente – ma volta ad impedire la gara attraverso l’affidamento illegittimo diretto dei lavori, è esterna rispetto al perimetro testuale della norma”. Ossia un atto che detti “regole, modalità di accesso, criteri di selezione” e “che disciplini il modo con cui compiere una comparazione valutativa tra più soggetti. Tale pronuncia è stata seguita, dopo meno di un mese, da un’ulteriore delibazione del medesimo consesso, la n. 7267/2022 Sez. VI Pen., che ha evidenziato come possano “ritenersi “equipollenti” al bando di gara sia l’avviso di indizione della gara che l’avviso di preinformazione (art. 59 d. Igs. n. 50 del 2016), ma non la mera determina di affidamento diretto dei lavori.
È bene, tuttavia, precisare che siffatta impostazione ermeneutica non intende affatto attribuire una patente di liceità ad eventuali manovre collusive che abbiano condizionato la scelta del contraente, ma solo escluderle dal perimetro applicativo della norma incriminatrice in esame (art. 353-bis c.p.), potendo eventualmente ravvisarsi gli estremi di altre fattispecie, ricorrendone gli altri elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, quale, ad esempio, il reato di abuso di ufficio.
Di fatto, dunque, la Suprema Corte, all’esito di un complesso e articolato ragionamento, ha cercato di chiarire in modo dirimente – assumendo un conseguente, coerente orientamento – come eventuali condotte turbative (violenza, minaccia, collusioni, doni, promesse o altri atti fraudolenti), finalizzate a far sì che l’amministrazione pubblica opti per l’aggiudicazione di un contratto con affidamento diretto, indipendentemente dal fatto che tale condotta sia o meno conforme alla legge (es. nel caso di affidamento diretto c.d. “sopra-soglia”), non sempre siano idonee a configurare la fattispecie criminosa sanzionata dall’art. 353-bis c.p. (né, ovviamente, quella di cui all’art. 353 c.p.) potendo, diversamente, dare luogo a fattispecie diverse rilevanti, evidentemente, ai sensi dell’art. 323 c.p.. Infatti, nei frequenti casi che si registrano nella prassi, la finalità perseguita è proprio quella di favorire persone colluse o, comunque, in accordo con il pubblico ufficiale/incaricato di pubblico servizio che emana l’atto amministrativo di aggiudicazione e, quindi, possono agevolmente ritenersi configurati – e dimostrabili – gli elementi tipici del reato di abuso d’ufficio. Alla luce di quanto precede, dunque, appare del tutto evidente che, de iure condito, un’abrogazione del reato di abuso d’ufficio lascerà sguarnito di tutela penale il settore della contrattualistica pubblica in uno dei suoi momenti essenziali, ossia quello della fase di scelta del contraente, che gioca un ruolo fondamentale nel perseguimento degli interessi della P.A. alla ricerca ed individuazione della migliore soluzione per i cittadini e, al contempo, che garantisce agli operatori economici la possibilità di agire, a parità di condizioni, in un sistema concorrenziale. Di conseguenza, appare auspicabile che una scelta legislativa quale quella in argomento venga seguita da correttivi in grado di trovare una soluzione al vuoto normativo che essa causerà, a meno che essa non risponda ad una precisa e consapevole scelta del legislatore, nella convinzione che determinate condotte non siano meritevoli di tutela penale.
Conclusioni
Per comprendere se rimangono margini per identificare il reato ex art. 353 bis cod. pen. occorre definire se le modalità utilizzate dall’istituzione scolastica per addivenire all’affidamento diretto, costituiscono quell’”atto equipollente” di cui alla giurisprudenza. La procedura di affidamento diretto può prendere avvio anche tramite il ricorso a un’indagine di mercato, anche informale, o tramite la consultazione degli elenchi di operatori economici a disposizione della stazione appaltante e costituiti presso la stessa, che vengono attuate ad opera del responsabile unico del procedimento, al fine di inquadrare il costo del bene, del servizio o del lavoro, ma anche per individuare già a monte della procedura un fornitore idoneo, evitando assidue ricerche. L’affidamento diretto, pur con interpello, non sostanzia una procedura di selezione e/o una procedura di aggiudicazione ma un procedimento amministrativo di affidamento che può avvenire anche con un confronto tra più operatori – normalmente fondata sul solo dato economico o al massimo su elementi quanti/qualitativi ma ad attribuzione automatica di eventuale “punteggio” senza un giudizio valutativo (che competerebbe alla commissione di gara).
Pertanto, al fine di mantenere l’azione amministrativa dell’istituzione scolastica nell’alveo della legittimità e legalità dell’azione amministrativa, dirigente e direttore sga dovrebbero processualizzare l’affidamento diretto facendo ricorso a quegli elementi che mettono in evidenza un segmento valutativo concorrenziale. In tal modo eventuali azioni di influenzamento da parte di privati, mossi da interessi particolari, potranno essere evidenziati e censurati.
Continua la lettura su: https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=173366 Autore del post: EdScuola Fonte: http://www.edscuola.it/