V. Andreoli, Lettera sull’amore (A tutte le età)

Di Andreoli o dell’amore

di Antonio Stanca

   È da poco comparsa, allegata al Corriere della Sera, nella serie Idee Solferino, Lettera sull’amore (A tutte le età), un ampio studio di Vittorino Andreoli riguardo al fenomeno dell’amore, alla sua importanza, al suo significato, al suo valore, al suo modo di manifestarsi, costituirsi, agire.

   Andreoli è nato a Verona nel 1940. Diplomato geometra, frequenta Medicina all’Università di Padova, si laurea e si dedica allo studio del cervello, dell’encefalo e della correlazione tra neurobiologia e comportamento animale e umano. Specialista in psichiatria, in farmacologia, ha lavorato presso l’Università di Cambridge e quella di Harvard negli Stati Uniti. È stato Direttore del Dipartimento di Psichiatria di Verona-Soave, è membro della New York Academy of Sciences. Molto ha scritto, molto ha pubblicato, spesso con Solferino, circa quanto studiato, le sue ricerche, le sue scoperte. Ai primi anni ’70 risalgono le prime pubblicazioni. Lo studio del cervello, la psichiatria, sono risultati i temi più trattati. Molta diffusione hanno avuto le sue opere, molto tradotte sono state, molti riconoscimenti e una fama internazionale gli hanno procurato. Ammirata è la sua maniera di far risultare semplici, chiari pure argomenti così complicati come quelli relativi alla psiche umana, apprezzato è il suo linguaggio che rimane sempre vicino a chi legge quasi cercasse la sua comprensione, la sua approvazione. Andreoli è lo scienziato che non si stanca di sapere, di scoprire e che di quanto viene a conoscenza vuol mettere al corrente gli altri quasi fosse un dovere al quale non si può sottrarre insieme all’altro di usare i modi più facili per svolgerlo. La sua indagine, la sua psichiatria va nel profondo, penetra all’interno del fenomeno analizzato e ne porta alla luce aspetti, risvolti, collegamenti che erano rimasti da parte, come esclusi. Completo, totale oltre che facilmente comprensibile risulta l’argomento, il problema quando è Andreoli ad esporlo. Così succede pure in Lettera sull’amore dove di un pensiero, di un sentimento tanto diffuso l’Andreoli, studioso del cervello, famoso psichiatra, svela quanto non si era mai detto o era stato appena accennato. Già all’inizio chiarisce il suo proposito di immaginare di scrivere una lettera e indirizzarla a persone di ogni età, di ogni ceto sociale, di ogni nazionalità. Lo ha fatto per poter procedere, come appunto in una lettera per persone diverse, in un modo che da tutti fosse capito e per poter usufruire di quella libertà, di quell’intimità nell’esposizione che sono proprie di una lettera. Ha rinunciato agli schemi, ai rigori del trattato scientifico e ha fatto di quella sull’amore un’opera di oltre cento pagine liberandolo dalla convinzione che si tratti di un evento occasionale, casuale e attribuendogli un processo, un movimento, assegnandogli una storia che inizia nella mente, nell’animo, che si sviluppa per l’intera vita e che con questa s’identifica. Un carattere, un aspetto, un elemento della persona è l’amore, è presente, agisce già prima che avvenga “l’incontro fatale” tra lui e lei, agirà anche dopo che saranno diventati marito e moglie poiché oltre ad aumentare tra loro sarà l’amore del padre e della madre, quindi quello del nonno e della nonna ed infine l’amore dei più giovani verso i più adulti. Continuerà dopo la morte di questi, nel ricordo, diventerà quello degli eredi e tornerà a ripetersi, a ricominciare tra questi e i loro figli. Un processo destinato a crescere, ad estendersi, a non finire, ad assumere un carattere sociale, a diventare costitutivo della vita, della storia: è questo l’amore, è tutto quanto c’è di buono, di bello, di utile, è aiuto, partecipazione, collaborazione, è attenzione, affetto, è un bene che non distingue, non si risparmia, non finisce. Sarebbe bastato, pensa Andreoli, conservare queste posizioni per evitare che si arrivasse all’attuale crisi di quei valori morali, di quelle convinzioni spirituali che erano state alla base di ogni virtù ed avevano tenuto lontano ogni vizio. Così non è stato e tormentato si mostra lo studioso per dover riconoscere la sconfitta di un sentimento tanto importante, tanto determinante come quello dell’amore. Solo nel suo recupero vede la possibilità della salvezza, solo tornando a credere nell’amore pensa che l’umanità possa riabilitarsi, ritrovarsi, riconoscersi. Non dovrebbe essere difficile, secondo lui, giacché si tratta di un sentimento proprio della specie umana, è soprattutto suo, la distingue da ogni altra, fa parte di ogni momento, di ogni fase della vita compresa quella passata e quella futura. A mostrare la ripetizione, la continuazione, l’eternità di una simile condizione umana è, infatti, impegnato l’Andreoli di quest’opera, a documentarla con riferimenti storici, letterari, a farne un principio, un ideale che ha attraversato i secoli, e che lui pensa possa tornare a valere, a vincere pur di fronte a quanto di negativo sta succedendo ai nostri giorni. È una concezione, però, tanto carica di fiducia nell’amore da trascurare i gravi sconvolgimenti che ultimamente sono sopravvenuti nella storia, nei costumi, da non valutare quanto di nuovo, di diverso, di contrario, di cattivo è successo e succede, da credere possibile una correzione, un recupero ad opera dell’amore quando inutili si sono dimostrati ormai da anni tanti tentativi pur se di altro genere.

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