Scarpellino accusa: Cambiare terminologia non risolve i problemi dei nostri alunni con disabilità

Nuova terminologia in materia di disabilità: Un cambio di linguaggio che nasconde i veri problemi.

Roma, 2024 – Il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ha comunicato l’aggiornamento della terminologia in materia di disabilità a seguito dell’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 62 del 2024, in vigore dal 30 giugno 2024. Questo aggiornamento punta a rispettare i diritti e la dignità delle persone con disabilità, adeguando il linguaggio utilizzato sia nella comunicazione che nell’attività amministrativa.

Le nuove terminologie

L’Art. 4 co. 1 del D.lgs. 62/2024 stabilisce quanto segue:

Sostituzione della parola “handicap”: Ovunque essa ricorre, viene sostituita da “condizione di disabilità”.

Sostituzione di termini riferiti alle persone: Le espressioni “persona handicappata”, “portatore di handicap”, “persona affetta da disabilità”, “disabile” e “diversamente abile” vengono sostituite da “persona con disabilità”.

Riferimenti alla gravità: Le frasi “con connotazione di gravità” e “in situazione di gravità” vengono aggiornate a “con necessità di sostegno elevato o molto elevato”.

Terminologia per disabilità grave: “Disabile grave” è ora sostituito da “persona con necessità di sostegno intensivo”.

Conformità e diffusione

Il MIM sottolinea la necessità di conformarsi a queste nuove terminologie nella comunicazione ufficiale (comunicati stampa, siti internet) e nelle attività amministrative (decretazione, provvedimenti, modulistica).

Antonio Scarpellino, Segretario Generale FederIstruzione, ha dichiarato: “Mentre la “politica” si concentra su quale sia la terminologia più corretta da usare per non ledere la dignità delle persone disabili, nelle scuole italiane ci sono ancora centinaia di alunni senza docente di sostegno, OEPAC (ex AEC), Mediatore Specializzato (Interprete LIS o Braille per le disabilità sensoriali), Educatore (Operatore Socio-Educativo) e addirittura senza il giusto numero di collaboratori scolastici. I genitori sono costretti a rivolgersi ai tribunali amministrativi per far riconoscere il giusto numero di ore per i propri figli, con conseguente esborso economico, per chi se lo può permettere ovviamente. Però cosa importa se poi si usa il “corretto” termine, individuato dagli esperti per nominare le persone con disabilità. Tutto sommato, non viviamo una società protesa solo all’apparenza, rispetto alla sostanza, alla concretezza? Mi raccomando non sbagliate a parlare, tanto alla sostanza nessuno ci bada!”.

Un cambio di terminologia non risolve i problemi

Scarpellino continua: “Mentre i politici pensano a quale termine utilizzare, nelle scuole italiane i problemi veri restano irrisolti. L’importanza di garantire il personale necessario nelle scuole non può essere ignorata. È necessario agire concretamente per migliorare la situazione degli alunni con disabilità e garantire loro il supporto adeguato”.

Questo aggiornamento, seppur importante dal punto di vista linguistico, non deve distogliere l’attenzione dai problemi reali e urgenti che affliggono il sistema educativo italiano. Le parole contano, ma i fatti ancora di più.

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