P. Angela, Dieci cose che ho imparato

Piero Angela, l’Italia dei problemi

 di Antonio Stanca

   Allegata a la Repubblica è comparsa ultimamente un’edizione speciale di Dieci cose che ho imparato di Piero Angela. È il penultimo dei suoi lavori. Nel 2022, anno della sua morte, era stato pubblicato da Mondadori Libri. Come è sua maniera Angela si mostra molto chiaro, molto facile nel presentare, spiegare gli argomenti dei suoi saggi e stavolta lo è ancor più giacché vicino a chi legge vuole stare, insieme vuole cercare la soluzione dei problemi trattati. Ne deriva, per l’opera, un tono familiare, intimo che stimola la lettura, attira, coinvolge. Vuole istruire Angela ma vuole anche farsi amare.

   Nato a Torino nel 1928, è morto a Cagliari nel 2022. Aveva novantaquattro anni, il simbolo era diventato di un’operazione didattica iniziata tra giornali, radio, televisione nel lontano 1952, continuata fino ai giorni nostri, diventata immensa per gli argomenti, i lettori, gli ascoltatori, gli spettatori, e rivolta ad informarli, istruirli riguardo a quanto avveniva nel mondo della scienza, della tecnologia, dell’economia, della biologia, della psicologia, dell’astronomia, della telematica, dell’anatomia, dell’energia, dell’ecologia. Un’opera di divulgazione della cultura scientifica ha soprattutto svolto Angela e così anche con le famose rubriche televisive “Quark” e “Superquark”. Ma pure una guida è risultato tramite le moltissime pubblicazioni sui più vari aspetti e problemi della modernità, una guida a sapersi regolare, muovere tra le tante situazioni che i tempi moderni hanno comportato. Un informatore e un educatore è stato, ha istruito, formato un pubblico televisivo che è diventato sempre più numeroso, milioni di telespettatori, che si è composto di persone di ogni età. Un segno dei tempi, una figura storica è risultato, un personaggio noto in ambito internazionale. Non è stato un compito facile il suo se si pensa a quanto è complesso oggi il contesto umano, sociale, storico, geografico, a come sia difficile orientarsi tra gli infiniti aspetti che i tempi hanno fatto assumere alla vita, alla cultura, alla politica, all’ambiente, al costume, a come ci si debba impegnare per conoscere una simile vastità, spiegarla e fornire indicazioni utili a starci dentro. Una mente illuminata si può dire di quella di Piero Angela, una mente capace di rimanere all’altezza della situazione, di possedere, controllare tante conoscenze, di non essere mai presa dal timore del dubbio. Dodici lauree “honoris causa” gli sono state conferite a conferma della vastità dei suoi interessi e dell’abilità a diffonderne la conoscenza. Anche in Dieci cose che ho imparato ritorna e con maggiore convinzione il modo proprio di Angela, quello di chiarire il problema trattato e cercare la soluzione con l’aiuto di chi sta leggendo. In verità di problemi stavolta ce ne sono molti anche perché si tratta di un’opera conclusiva nella vasta produzione dello studioso. Si va dall’ancora difficile comprensione, specie in Italia, della funzione della scienza e della tecnologia allo scarso sostegno economico per la ricerca in questi settori, dall’illusione che la ricchezza possa venire da una manovra politica alla crisi demografica, dal clamore di un’informazione televisiva, giornalistica o altra ai problemi climatici, dal mancato apprezzamento del merito al basso livello di produttività, alle fonti alternative di energia, ai tanti altri problemi soprattutto italiani che negli ultimi tempi hanno fatto precipitare la nazione, l’hanno relegata agli ultimi posti delle classifiche internazionali. Un’Italia in crisi in ogni settore è quella attuale: nella politica, nella scuola, nel comportamento, nella famiglia, nella società, ovunque ci sono problemi ma quel che più preoccupa Angela è la scarsa attenzione prestata a questi da parte degli organi competenti, la tendenza, assunta ormai da tempo, a non affrontarli, a rinviarli, trasferirli in un futuro immaginato sempre come lontano quando invece è vicino e carico di pericoli. In tal modo è successo che in Italia si formassero, circolassero, si diffondessero idee sbagliate a livello di opinione pubblica, convinzioni che hanno fatto continuare nell’errore, che hanno giustificato la negligenza, la mancata soluzione dei problemi. Operando, invece, per risolverli si diffonderebbe una maggiore fiducia nelle istituzioni, si capirebbe che è possibile star meglio, ottenere di più, si crederebbe nei valori dell’impegno, dell’azione, della partecipazione, della giustizia, della verità, della lealtà, della correttezza, in quei valori ideali che sono la vera anima di un paese, della sua popolazione, che l’hanno sorretta in ogni circostanza, specie in quelle gravi, e che lo farebbero ancora anche se difficile riesce immaginare come sia possibile un simile recupero dopo uno stato di abbandono durato tanto a lungo!

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