La valutazione dei dirigenti scolastici
La valutazione dei dirigenti scolastici, ovvero il rischio di mistificazioni
di Mario Maviglia
È iniziato il confronto tra il Ministero dell’Istruzione e del Merito e le organizzazioni sindacali riguardante il nuovo sistema di valutazione dei dirigenti scolastici in relazione a quanto previsto dall’art. 13 del decreto legge 71 del 31 maggio 2024, valutazione che – com’è noto – avrà anche un impatto sulla retribuzione di risultato dei singoli dirigenti. Dalle poche notizie filtrate da parte sindacale, appare chiara la volontà dell’Amministrazione di assimilare la valutazione dei dirigenti scolastici a quella dei dirigenti amministrativi, attraverso una procedura alquanto centralizzata e focalizzata su aspetti formali e burocratici.
Per circa 18 anni – quale dirigente di seconda fascia (ancorché tecnico) – ho “fruito” di questo tipo di valutazione e dunque sono in grado di spiegarne il meccanismo di funzionamento cui sembra ispirarsi il “nuovo” sistema di valutazione dei DS. In sostanza, la valutazione veniva allora effettuata (e tuttora viene effettuata) con riguardo a due macro-aree di valutazione (Direttiva 4072 del 12/05/2005):
• performance operativa, con riferimento: alle prestazioni che il dirigente tecnico doveva raggiungere sulla base degli obiettivi operativi contenuti nel proprio contratto individuale di lavoro e nelle direttive impartite dai capi degli uffici centrali e regionali; all’attività di sostegno alla progettazione e di supporto dei processi formativi, del processo di valutazione e autovalutazione e di supporto tecnico-didattico-pedagogico alla funzione ispettiva;
• comportamento organizzativo, relativamente alle capacità di: analisi dei fabbisogni formativi e individuazione delle strategie di intervento educativo; dominio delle dinamiche valutative del sistema istruzione e dei processi di autovalutazione delle istituzioni scolastiche; elaborazione e organizzazione di progetti concernenti gli esiti della ricerca scientifica, pedagogica e disciplinare; gestione dei processi di verifica e accertamento ispettivo.
Il tutto veniva condensato nella scheda SOR (Scheda Obiettivi e Risultati); in particolare la performance operativa veniva compilata direttamente dai singoli dirigenti sulla base degli obiettivi assegnati, del “peso”, in valore percentuale, assegnato ai singoli obiettivi (la cui somma complessiva era uguale a 100), dell’indicatore o parametro di riferimento di ciascun obiettivo, delle modalità di misurazione del risultato raggiunto per ciascun obiettivo e dell’autovalutazione per ogni obiettivo. Come detto, il punteggio massimo complessivo era 100 e ciò determinava – a seconda del punteggio che ogni dirigente si attribuiva – le seguenti posizioni: – di eccellenza, punti da 91 a 100; – medio-alta, punti da 51 a 90; – soddisfacente, punti da 31 a 50.
La valutazione del comportamento organizzativo era invece di competenza del Direttore Generale dell’USR di pertinenza, che aveva a disposizione fino a 10 punti da assegnare complessivamente a tre voci: Analisi e programmazione / Gestione e realizzazione / Relazione e coordinamento. Va comunque specificato che il DG, oltre ad attribuire fino questi 10 punti, poteva innalzare o abbassare i punteggi relativi alla performance operativa che il DS si era attribuito.
Pertanto, sulla base di quanto detto, la valutazione complessiva, in base ai punteggi attribuiti (100+10), classificava i dirigenti nel seguente modo:
1ᵃ fascia A: prestazione di eccellenza, punti da 91 a 110;
2ᵃ fascia B: prestazione più che soddisfacente, punti da 51 a 90;
3ᵃ fascia C: prestazione soddisfacente punti: da 31 a 50.
Per ogni fascia, ça va sans dire, corrispondeva una diversa retribuzione di risultato.
La prima volta che ho compilato la scheda SOR, per una sorta di ritegno professionale, mi sono dato un punteggio di 93, che comunque corrispondeva alla prima fascia (salvo “correzioni” al ribasso da parte del DG). Sentendo gli altri colleghi dirigenti, pressoché tutti si erano dati 100, anche perché il punteggio finale sarebbe stato comunque stabilito dal DG. Dalla seconda volta, obviously, non mi sono mai dato meno di 100.
Il Ministero sembra voler estendere questo sistema di valutazione anche ai DS, abbandonando l’impostazione della sperimentazione che è stata fatta in anni recenti e che era basata su un forte coinvolgimento del DS nel processo valutativo, attraverso la compilazione del Portfolio professionale, e soprattutto su una valutazione collegiale affidata a nuclei di valutazione incaricati di fare visite presso l’istituzione scolastica del DS interessato e di interloquire con i vari attori del servizio scolastico, oltre che raccogliere evidenze empiriche a supporto della valutazione finale da consegnare al DG competente.
Dalla mia quasi ventennale esperienza di “valutato” secondo il modello che il Ministero sta portando avanti nel confronto con i sindacati, ho tratto le seguenti convinzioni:
- tutta l’operazione appare una sorta di teatrino, o gioco delle parti, se si preferisce, in cui i vari protagonisti recitano – in modo più o meno consapevole – il loro copione. I dirigenti fanno finta di valutarsi con coscienza sapendo che la valutazione vera e propria verrà fatta in fin dei conti dal DG. E d’altro canto quest’ultimo fa finta di lasciare spazio all’autovalutazione dei DS sapendo già, in linea di massima, a chi attribuirà la 1ᵃ, 2ᵃ o 3ᵃ fascia di valutazione. In questa situazione da “commedia dell’arte” perché un dirigente dovrebbe darsi meno di 100 come punteggio di sua pertinenza? Sarebbe solo masochismo…
- Quand’anche il DG volesse condurre una valutazione “oggettiva” (ammesso che questo termine abbia senso in campo valutativo) agganciata a dati sostanziali e non solo formali, quali strumenti avrebbe per conoscere nello specifico le competenze e le prestazioni dei suoi DS? Questo forse è possibile in una regione come la Basilicata che conta complessivamente 30 istituzioni scolastiche (dati 2023/2024), ma non è pensabile che ciò sia possibile in una regione come la Lombardia che di istituzioni scolastiche ne conta 1115 (dati 2024/2025)? Peraltro non vi sono strutture intermedie (come i vecchi Provveditorati) che potrebbero fornire informazioni più attendibili al DG per la valutazione dei DS, non avendo gli attuali ambiti territoriali (UST) alcuna competenza in merito.
- Questa procedura, pensata ed elaborata da organi amministrativi, necessariamente avrà una declinazione amministrativa (leggasi: burocratica), confermando la tendenza sempre più evidente dell’attuale gestione politica del Ministero a confinare i DS in una dimensione esecutiva di norme e disposizioni calate dall’alto (basti esaminare il bando di concorso per il reclutamento dei DS e alla composizione delle commissioni d’esame, fortemente sbilanciati l’uno e le altre in senso giuridico-amministrativo). Fa comodo dimenticare che il DS è a capo di una scuola autonoma e che il suo compito principale è quello di porsi come garante di un servizio finalizzato a far conseguire il successo formativo agli studenti e alle studentesse, creando le condizioni per assicurare la qualità dei processi di insegnamento-apprendimento, un effettivo processo di inclusione e di attuazione del diritto allo studio, attraverso il coinvolgimento delle varie componenti scolastiche (leadership educativa). Quali competenze tecniche ha un DG, di formazione amministrativa, per valutare in modo soddisfacente questi aspetti che costituiscono la vera ragion d’essere di un DS all’interno di una istituzione scolastica autonoma?
- Questo “nuovo” sistema di valutazione, nella caratterizzazione verticistica che sembra assumere, lascia trasparire il vero obiettivo della valutazione dei DS, ossia quello di tenerli sotto controllo, senza dissonanze rispetto a quanto deciso dall’alto. Certo, è una procedura meno complessa di quella avviata nel corso della sperimentazione e anche più economica (i nuclei di valutazione costano sicuramente di più della valutazione effettuata direttamente dal DG). Ma queste sono scelte politiche: nei prossimi due-tre anni le spese militari in Italia saranno raddoppiate a comprova del fatto che i fondi pubblici ci sono, ma vengono utilizzati per altri scopi.
- Nella sperimentazione condotta negli scorsi anni, la valutazione dei DS cercava di assumere anche una valenza “formativa”, ossia finalizzata al miglioramento delle prestazioni professionali dei DS a supporto dell’autonomia delle scuole. Questa dimensione sembra del tutto trascurata in questo nuovo approccio, impostato secondo il consolidato ma inefficace paradigma dell’adempimento burocratico.
La valutazione dei DS non può essere trattata come una delle tante routine burocratiche dell’Amministrazione, ma richiede una visione e delle competenze che non sembrano albergare nell’apparato amministrativo. È un’operazione troppo seria e complessa per essere lasciata in mano a soggetti che non la sanno maneggiare.
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