C. Venuti, Pensavo fosse amore invece era un caso umano
Claudia Venuti, una lezione di vita
di Antonio Stanca
Lo scorso Giugno c’è stata, per conto della Sperling & Kupfer nella collana “Romance”, la prima edizione di Pensavo fosse amore invece era un caso umano, romanzo di Claudia Venuti, scrittrice campana cresciuta e vissuta a Rimini dove lavora. L’opera risale al 2022 quando era stata pubblicata da Mondadori Libri e quando aveva fatto parte di quella serie di romanzi della Venuti comparsi dopo la sua laurea in Giurisprudenza. L’avevano resa famosa, aveva poco più di trent’anni e notata era stata la sua capacità di aderire alla verità dell’anima, dei sentimenti, a quella della vita, della storia. Facile le riesce, scrive come se stesse parlando. Non c’è differenza, vero è tutto, interno ed esterno.
Oltre agli studi giuridici si è diplomata alla Scuola Superiore Europea di Counseling Professionale, è una counselor, si occupa di relazioni di aiuto, svolge attività di ascolto, supporto e orientamento. In questo modo ha trovato piena espressione la tendenza principale della Venuti, il suo altruismo, la sua naturale inclinazione a partecipare dei problemi degli altri, ad offrirsi quale sostegno, riferimento, a prodigarsi pur di vedere risolto un problema, un caso difficile, un dramma. Mai, nella sua vita, si è risparmiata, si è rifiutata di prestare soccorso, aiutare, difendere, proteggere chi aveva bisogno, chi soffriva per un’ingiustizia, un’offesa, un insulto, una malattia. Anche la sua attività di scrittrice dà prova di questo modo di essere, di fare. Anche nei romanzi ritorna quella che si può dire la naturale disposizione del suo spirito. Avviene attraverso le loro trame, i loro personaggi e in Pensavo fosse amore invece era un caso umano è lei l’interprete dell’opera, la protagonista, il personaggio principale. È lei a dire dei dieci anni, dai ventitré ai trentatré, appena trascorsi nella sua vita e di quanto l’hanno fatta soffrire perché delusa, tradita è stata tante volte nelle aspettative, nelle aspirazioni, nella buona volontà.
Nell’opera si sofferma su quelle esperienze dove maggiore, più evidente era stato il senso di sconfitta, di perdita, più grave la condizione d’inganno, di tradimento nella quale era precipitata dopo aver tanto sperato, tanto fatto per gli altri. Erano state le sue esperienze amorose. Tante volte, in quegli anni, si era verificato un incontro, uno scambio, un rapporto con un ragazzo, un giovane del quale si era perdutamente innamorata, al quale aveva pienamente creduto e dal quale era stata ogni volta ingannata poiché non vero era risultato quanto le aveva detto, le aveva promesso. Erano stati molti questi casi, molti i fallimenti ma la sua inclinazione a capire, giustificare, perdonare, amare l’avrebbe portata a fidarsi ancora, a riprovare con altri rapporti, altri giovani. Nessuno avrebbe corrisposto alle sue volontà, ai suoi bisogni, sempre illusa, beffata sarebbe stata. In gravissime condizioni sarebbe giunta a sentirsi. Disperata, annullata era ormai da tante menzogne, tanti raggiri, tanti abusi. Ma anche maturata, cresciuta si sentiva dopo esperienze così dolorose. Convinta era diventata di doversi ricredere circa la sua propensione a prestare ascolto, aiutare, di dover ridurre lo spazio concesso agli altri e far posto a sé stessa, alle sue esigenze, quelle che sempre aveva trascurato. Era una posizione che voleva assumere, che si proponeva di perseguire come dichiara esplicitamente alla fine del romanzo quasi fosse l’esito positivo di tante disavventure. Aveva scritto di una serie di negatività ma aveva finito col trarne una lezione, col convincersi di quanto le serviva per ridurre i pericoli che la sua maniera di vivere comportava.
Una lezione di vita era diventata quella storia andata avanti tra tante avversità, tanti insuccessi, tante pene. Una lezione rivolta a tutti, destinata a raggiungere tutti anche perché facile da cogliere, da capire grazie al linguaggio molto chiaro, molto semplice di questa scrittrice. È un discorso che procede con una tale scioltezza il suo da risultare simile al parlato, da contenere tante considerazioni, da dire di tante verità, da sembrare una serie di confidenze. Fare un romanzo solo di quello che si vede, si sente, si dice, si pensa, si fa, solo di quello che è vero, non è opera da poco!
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