Educare alla gioia
Di Giuseppe Alesi
La scuola, pur parlando spesso dell’importanza di creare buone relazioni con gli alunni e della loro centralità, le ha frequentemente tradite e trascurate. In passato semplicisticamente perché si riteneva che comunque i bambini fossero bambini, biondi o bruni, alti o bassi, sempre bambini, da mettere in riga da subito e senza tante incertezze. Ogi per una accentuata indifferenza e mancanza di tempo da parte di adulti, in genere, estremamente indaffarati e affetti spesso da accentuato narcisismo. Le diversità un tempo non avevano alcuna rilevanza, tranne quelle troppo vistose che comunque la scuola non la frequentavano. Tutti dovevano, a prescindere, far propria una immagine di alunno ideale, buono, obbediente e rispettoso e anche studioso, più si era vicini a quell’alunno modello, maggiormente si ricevevano approvazioni, voti positivi e successo scolastico. Essere irrequieto, poco obbediente, non aver freni, significava essere maleducati, ricevere richiami, punizioni
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