A. Barbero, All’arme! All’arme! I priori fanno carne!

Alessandro Barbero, il Medioevo delle rivolte

di Antonio Stanca

   All’arme! All’arme! I priori fanno carne! è il titolo di uno dei più recenti tra i sedici libri di analisi storica di Alessandro Barbero che il Corriere della Sera ha programmato di pubblicare in allegato. Questo era comparso la prima volta nel 2023 per conto di Laterza e aveva confermato gli interessi particolari che il Barbero ha sempre nutrito per la storia medioevale e la storia militare.

    Nato a Torino nel 1959, ha studiato, si è laureato in questa città, qui ha iniziato a fare il ricercatore e poi a scrivere di narrativa. Ha sessantacinque anni, è professore ordinario di Storia Medioevale presso l’Università del Piemonte Orientale a Vercelli.  Ha scritto molte opere storiche. Collabora con giornali e riviste, fa parte di programmi televisivi, è autore di romanzi. Molto intensa è stata fin dall’inizio la sua attività in ambito culturale, storico, letterario, molti riconoscimenti ha ottenuto. Tra gli altri nel 1996 il Premio Strega col romanzo Bella vita e guerre altrui di mr. Pyle gentiluomo, nel 2005 la nomina a Cavaliere dell’Ordre des Arts et des Lettres. Un’autorità è considerato in ambito storico con particolare riguardo alla storia del Medioevo. Ogni volta che interviene a proposito di argomenti, problemi ad essa relativi vi apporta un contributo nuovo, diverso da quanto era generalmente noto, integra, modifica, corregge quel che si sapeva, aggiunge, completa quanto era rimasto privo di svolgimento, di conclusione. E questo avviene ovunque abbia luogo l’intervento, si tratti di un libro, di un giornale, in televisione. Apprezzato, ammirato risulta Barbero dai lettori e dagli spettatori per le novità che trasmette e per la facilità, la chiarezza con le quali lo fa. Facile, chiaro è pure in All’arme! All’arme! I priori fanno carne!  dove dice di quattro singolari momenti della storia medioevale, di quattro rivolte verificatesi alla fine del Trecento, la prima in Francia, la Jacquerie, nel 1358, la seconda in Italia, il Tumulto dei Ciompi, nel 1378, la terza in Inghilterra nel 1381, la quarta ancora in Italia, la rivolta dei Tuchini, nel 1386.

  Quattro insurrezioni che hanno avuto caratteri comuni anche se nessuna ha risentito dell’altra o ne è stata influenzata. Sono avvenute ognuna per proprio conto, ognuna nel proprio tempo, nel proprio luogo, con i propri protagonisti. Di comune c’è stato che ognuna è partita dal basso, dalle classi popolari, contadine, le quali, sottoposte ai signori, ai nobili, lavoravano nelle campagne, vivevano nei villaggi, nei borghi intorno ai castelli dei ricchi e ai ricchi pagavano le tasse e prestavano molti servizi. Ogni rivolta è iniziata da questa condizione di disparità che a lungo andare si è inasprita, aggravata fino a non poter essere più sopportata e ad esplodere in maniera violenta, a diffondersi, propagarsi rapidamente su un territorio sempre più vasto e far assistere a veri e propri scontri armati tra le due parti, i rivoltosi che aggredivano e i nobili che si difendevano tramite i loro soldati. Molti saccheggi, molte distruzioni, molte morti sul campo o per esecuzioni ci sarebbero state, a vere e proprie stragi si sarebbe giunti in certi casi ma col tempo sarebbe prevalso il buon senso e ci sarebbero stati degli accordi che appagavano entrambi, i contadini e i signori.

   Uguali erano state le cause, uguali le conclusioni senza che si possa parlare di un collegamento tra quegli eventi. Naturalmente oltre alla situazione iniziale e a quella finale c’erano state altre somiglianze come sempre succede tra fenomeni dello stesso genere. Tanti momenti, tanti risvolti di un’insurrezione si sarebbero ritrovati in un’altra o nelle altre non perché imitati ma perché era necessario che avvenissero.

    Ad ognuna delle rivolte Barbero, nel libro, dedica uno studio tanto attento, tanto preciso da non trascurare nessun particolare dell’avvenimento. Sono tante le cose che dice e delle quali non si era mai saputo. Meravigliati si rimane di come riesca a far rientrare tanto materiale nella sua scrittura, ad attirare il lettore fin dalle prime pagine, a coinvolgerlo, metterlo in uno stato di continua attesa. A permettergli tutto è il suo linguaggio così scorrevole, così compiuto da far sapere di avvenimenti tanto importanti senza il minimo sforzo, da far amare la storia come si amano le favole.

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