Sempre meno alunni iscritti nel Sud Italia. Causa? Politiche inadeguate, denatalità e spopolamento. I dati
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Un capitolo del rapporto Svimez 2024 è dedicato alla scuola e allo spopolamento del Sud Italia con delle conseguenze sul numero degli studenti iscritti. L’Italia è posizionata all’ultimo posto tra le grandi economie europee per investimenti nella scuola. Tra le principali cause c’è la denatalità a cui si aggiunge lo spopolamento del Sud Italia. Nel Meridione gli studenti sono diminuiti più del doppio rispetto al Centro-Nord.
Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Istruzione nell’anno scolastico 2022-23 gli alunni iscritti ai cicli di istruzione non terziaria erano poco più di 7 milioni. Di questi, circa quattro milioni e mezzo (il 62,6% del totale) in scuole delle regioni del Centro-Nord, i restanti due milioni e mezzo (37,4%) in scuole del Mezzogiorno. Tra gli anni scolastici 2017/18 e 2022/23 il numero di studenti si è ridotto da oltre sette milioni e mezzo a circa sette milioni (-6%). Negli stessi anni, il Centro-Nord è passato da 4.650.000 a 4.463.000 alunni nel 2022/23 (-4%) mentre il Sud da quasi tre milioni a 2.670.000 (-9%).
Nel 2035 la popolazione di 5-14 anni dovrebbe diminuire del 22%, passando dagli attuali 5,2 milioni a poco più di quattro milioni. Secondo i dati del rapporto Svimez 2024, senza interventi immediati e scelte politiche adeguate, gli effetti sulla tenuta del sistema scolastico saranno dirompenti, mettendo a rischio gli istituti scolastici che si trovano nelle aree marginali del Paese.
Per la scuola primaria, per esempio, il rischio è concreto per circa 3mila comuni italiani, il 38% del totale (con quote che oscillano tra il 27% del Nord-Est e il 46% del Mezzogiorno) localizzati nelle aree interne di tutto il Paese. In questi comuni si contano meno di 125 alunni della primaria, ossia un numero sufficiente solo per una “piccola scuola”.
I numeri sui docenti
Altro tema cruciale, oltre agli studenti, sono i docenti. Nell’anno scolastico 2022/23, il corpo docente di tutti i cicli di istruzione non terziaria si attesta su circa 709mila unità. Il rapporto insegnanti-studenti è, in media nazionale, di 1 a 10, contro rapporti medi Ocse e Ue a 25 paesi pari a circa 1 a 13 e 1 a 12, mostrando ancora una volta una carenza della scuola italiana.
Il numero degli insegnanti a disposizione presenta differenze territoriali interne: il rapporto è di 11 alunni per docente nel Centro-Nord, mentre nel Mezzogiorno il dato scende a 9. Le regioni con il numero più alto di alunni per docente sono Lombardia (12,6) Emilia-Romagna e Veneto (12,4). Quelle con il rapporto più basso sono Molise (7,5) Basilicata (8,2) e Sicilia (8,5).
Nella scuola l’offerta di servizi come la mensa è cruciale per garantire agli studenti una migliore offerta educativa. Anche in questo caso i dati mostrano un divario territoriale: nella scuola primaria nel Mezzogiorno gli edifici scolastici dotati di mensa sono appena il 26%, contro il 54% del Centro-Nord. La Sicilia è la maglia nera tra le regioni italiane, con appena il 18% degli edifici scolastici dotati di mensa, mentre la regione meglio attrezzata è la Toscana con il 78%.
Lo scenario non cambia se si prende in considerazione la percentuale delle palestre sempre nella scuola primaria: 34% al Mezzogiorno, 46% al Centro-Nord. Tra le regioni in fondo alla classifica la Calabria con solo il 19% di edifici dotati di palestra. La regione più virtuosa è la Puglia, con il 64%.
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