Un doppio ritratto prismatico: la “tabula scalata”

Tra l’invasione di immagini generate con l’IA, dipinti caserecci in vendita online e capolavori del passato onnipresenti fino alla nausea, ogni tanto succede ancora di imbattermi in rete in piccole chicche che non conoscevo e che penso meritino un po’ di diffusione.

Stavolta è capitato a un dipinto con un doppio ritratto di Maria e di Gesù realizzato su una superficie percorsa da prismi verticali in legno, attribuito alla cerchia di Guido Reni .

Guardando il dipinto dai due lati compaiono i volti separati mentre nella vista frontale appaiono fusi in un’alternanza di fascette.

Quando l’ho visto mi sono venute in mente certe figurine animate di quando ero piccola che sfruttavano lo stesso principio a livello microscopico per creare un effetto di movimento.

Un giochino da precinema su cui si era cimentato anche il mitico Jacovitti

Ma torniamo alla pittura. Documentandomi sul doppio ritratto di Maria e Gesù ho scoperto che appartiene a una tipologia chiamata con il termine latino di tabula scalata, un genere che ha avuto un breve momento di gloria a partire dal Cinquecento – il secolo delle Wunderkammer e delle curiosità visive – per espandersi poi nel Seicento, l’epoca del Barocco e dell’illusionismo prospettico, come conseguenza degli studi sulle anamorfosi ottiche e catottriche. Il termine sarebbe stato introdotto nel 1646 dallo studioso Athanasius Kircher per indicare immagini “a forma di scala”.

Questo, per esempio, è uno dei tanti studi teorici sulla tabula scalata ad opera del matematico Jean-François Niceron riportato nel suo La perspective curieuse del 1638.

Niceron tratta questo argomento subito dopo la teoria dell’anamorfosi perché, anche in questo caso, esistono dei punti di vista precisi – previsti dall’artista – per poter vedere bene le immagini, sebbene queste non subiscano deformazioni.

L’immagine tipica è un doppio volto a tema sacro, come in questo pezzo di Matteo Rosselli (1578-1650) del 1640, conservato al Museo d’arte sacra di San Gimignano, che raffigura Cristo e Maddalena.

Un’altra opera dello stesso autore raffigura invece San Francesco e Santa Chiara.

La tabula scalata, però, non è solo un semplice esperimento ottico, ma nella sua duplice unicità allude alla complementarità delle due figure. Il significato si fa più evidente nell’esemplare del 1580 di autore ignoto conservato alle National Galleries of Scotland. Le due immagini infatti raffigurano una giovane donna (ritenuta per lungo tempo Maria Stuarda) e un teschio, le cui viste intersecate (ma che passano dal volto della ragazza al volto della morte muovendosi da sinistra verso destra) costituiscono un evidente memento mori. 

C’erano tuttavia anche dipinti meno moraleggianti, soprattutto ad opera del francese Gaspar Antoine de Bois-Clair (1654-1704) che ha usato questo genere per ritratti di coppia.
Questo è quello che raffigura il re Federico IV e la regina Luisa di Meclemburgo-Güstrow, reali di Danimarca nei primi del Settecento. Lui è ritratto in armatura, con la veste di incoronazione foderata di ermellino, lei è drappeggiata in abiti cremisi in seta e pizzo. Il dipinto, creato su piccoli prismi di legno, era un prova di virtuosismo oltre che una manifestazione di devozione verso i regnanti.

Lo stesso artista è autore di diversi ritratti doppi “lenticolari” di tipo non religioso, come quello sottostante.

Oltre a questi esempi, tutti con prismature verticali, ne esiste anche qualche rara versione con prismi orizzontali, come nel disegno di Niceron. Uno dei pochi esemplari conosciuti, ad opera di Ludovico Buti  e conservato all’Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze, era posto sopra una porta, in modo da permettere la vista dal basso dell’effigie di Carlo II e, attraverso uno specchio posto sulla sommità, il volto della figlia Cristina di Lorena. Per consentire una visione più ravvicinata, oggi il dipinto è esposto in orizzontale dentro un apposito telaio.

Nell’Ottocento la tabula scalata divenne un prodotto più a buon mercato perché creata con stampe piegate a zig zag invece della pittura a olio su una superficie in legno. Questo, per esempio, è un doppio ritratto di Napoleone e di suo figlio basata su due incisioni intersecate.

Nello stesso periodo si diffuse anche una versione a “trittico”, detta trisceneorama, nella quale le due immagini laterali sono dipinte sui due lati di listelli verticali perpendicolari al fondo, sul quale viene dipinta una terza immagine. Ma qui cominciamo ad avvicinarci pericolosamente al kitsch

Oggi il processo della tabula scalata è stato soppiantato dalla stampa lenticolare con particolari prismature che consentono effetti tridimensionali dinamici come nell’immagine qui sottto.


Tuttavia ci sono artisti che continuano a utilizzare ampie superfici a zig zag per creare dipinti a doppia immagine, come la pittrice canadese Carol Cooper.

Allo stesso tempo ho scoperto che lo street artist ROA ha usato questo sistema per un’opera creata sopra una chiusura a soffietto: una prismatura perfetta per una doppia immagine!

Quella della tabula scalata potrebbe essere un simpatico esercizio per unire fantasia e manualità. Sopra un foglio di cartoncino piegato a zig zag si possono applicare due ritratti tagliati in strisce oppure si può pensare di intersecare due fotografie o qualsiasi altra immagine.

Io ho fatto un piccolo esperimento con il doppio ritratto per eccellenza, quello dei duchi di Montefeltro di Piero della Francesca.

Usando un programma di grafica ho diviso ciascuna immagine in dieci strisce della stessa larghezza.

Poi le ho affiancate alternandole per creare una sola immagine.

Ho stampato questa “fusione” dei due dipinti e l’ho pazientemente piegata a fisarmonica.

A questo punto basta guardare da un lato e dall’altro per rivedere i due ritratti separatamente.

Certo, si tratta giusto di un giochino. Ma come tutti i giochi che sovvertono le nostre abitudini visive, è un buon punto di partenza per imparare a guardare consapevolmente e per scoprire che gran parte delle nostre “visioni” (nel senso di convinzioni) dipendono più che altro dal punto di vista che abbiamo scelto. Ma di sicuro ce n’è sempre almeno un altro!

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