A esser ragazzi, anche se si viene da Paesi differenti, ci si capisce

Come abbiamo già riferito sono in corso gli eventi pubblici di presentazione dei progetti che hanno avuti i finanziamenti. Finanziamenti piuttosto cospicui, peraltro e poiché si è determinato un residuo, è imminente la pubblicazione di un ulteriore avviso destinato alle Regioni che finora non hanno partecipato al Bando perché propongano ora propri progetti.
A margine della presentazione pubblica del Progetto umbro, abbiamo incontrato tre giovani che sono stati coinvolti nell’attività di accoglienza dei NAI, in modalità di peer education, presso l’Istituto Tecnico Tecnologico “Allievi Sangallo” di Terni. Esperienza successivamente formalizzata e presente ora all’interno del Progetto FAMI: ragazzi e ragazze con background migratorio sono diventati in prima persona mediatori e facilitatori dell’inserimento e dell’inclusione scolastica di altri ragazzi, neo arrivati in Italia.
Chiediamo come sono arrivati a questa esperienza. Nonostante siano solo tre, emerge subito la varietà dei percorsi biografici; quella pluralità che si perde nelle rilevazioni che utilizzano categorie come “studenti stranieri” o di “cittadinanza non italiana”, senza badare al fatto che più del 60% di loro sono nati e vissuti in Italia e che, tra i rimanenti ci sono i NAI, i nuovi arrivati, i minori non accompagnati (MSNA), che dietro a ogni ricongiungimento c’è una vicenda diversa, che le singole provenienze contano e determinano esperienze e vissuti diversi, che ogni storia è diversa e difficilmente categorizzabile. Ma tant’è.
“Io conosco bene la lingua spagnola – dice T. Mia madre viene dalla Repubblica Dominicana, quindi parla bene lo spagnolo. Ho accettato di
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