Una mappa per l’idrogeno: Incertezze e rischi per la sicurezza energetica

L’energia è considerata la linfa vitale delle società moderne e il motore della crescita economica globale. In un’epoca caratterizzata da instabilità e profonde trasformazioni, la transizione energetica riveste un ruolo cruciale nel ridefinire il nostro futuro. Grazie a investimenti senza precedenti nelle energie rinnovabili e a politiche sempre più orientate alla riduzione delle emissioni di gas serra, si punta su fonti alternative come il solare e l’eolico, oltre a tecnologie innovative come l’idrogeno.

La necessità di nuove strategie energetiche

In questo contesto, i Paesi devono adottare nuove strategie per garantire un approvvigionamento energetico sicuro, sostenibile e razionale. Stabilire strategie adeguate per l’importazione di energia è essenziale per rafforzare la competitività economica di una nazione. La crescente domanda di risorse energetiche alternative, dalla produzione di batterie agli impianti per l’idrogeno, ha intensificato la competizione globale per l’accesso a materie prime come litio, cobalto, coltan e gas naturale.

La sfida è duplice: diversificare le fonti energetiche per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili e mantenere la stabilità economica e geopolitica. La politica commerciale gioca un ruolo fondamentale nell’assicurare l’accesso a risorse energetiche sufficienti e a costi competitivi.

La crisi energetica europea e il ruolo dell’idrogeno

La recente crisi energetica in Europa, scaturita dal conflitto russo-ucraino e dal sabotaggio dei gasdotti Nord Stream, ha evidenziato la precarietà delle forniture e le vulnerabilità delle infrastrutture globali. Questo ha accelerato la necessità di diversificare le fonti energetiche. L’idrogeno è emerso come una soluzione potenziale per rafforzare la sicurezza energetica, rendendo le strategie di importazione uno degli aspetti chiave per la sicurezza energetica di una nazione.

Tradizionalmente, la dottrina liberale del libero scambio era vista come la chiave per il successo economico. Tuttavia, i Policymaker stanno ora influenzando attivamente le politiche energetiche attraverso decisioni mirate che coinvolgono importazioni, infrastrutture e investimenti in nuove tecnologie.

L’ascesa delle potenze economiche e l’idrogeno

L’ascesa di nuove potenze economiche come Cina, Russia e India ha avuto un impatto significativo sulle strategie di approvvigionamento energetico globali. La Cina, in particolare, ha consolidato il suo predominio nei settori chiave delle energie rinnovabili e delle risorse energetiche a basso impatto carbonico, come l’idrogeno, il litio e il cobalto.

L’idrogeno è visto come uno strumento energetico promettente, capace di svolgere un ruolo chiave in vari settori, dall’industria ai trasporti, fino alla produzione di energia elettrica. La sua versatilità e la possibilità di essere prodotto tramite fonti rinnovabili, come l’idrogeno verde, lo rendono indispensabile per la decarbonizzazione. Tuttavia, la crescente domanda di idrogeno ha sollevato nuovi dilemmi ambientali e geopolitici.

Iniziative strategiche in Europa

L’Unione Europea si distingue per aver ideato iniziative strategiche come la Hydrogen Strategy for a Climate Neutral Europe, che riconosce l’idrogeno come fondamentale per la decarbonizzazione. Progetti come il NextGenerationEU hanno finanziato numerosi progetti nel settore dell’idrogeno, mentre il lancio della European Hydrogen Bank e l’Innovation Fund stimolano l’adozione su larga scala di questa risorsa.

Dopo aver affrontato le difficoltà legate alla dipendenza dal gas russo, l’Europa ha deciso di puntare sull’idrogeno come vettore energetico alternativo. Nel 2023, si è registrato un incrementato interesse per i progetti legati all’idrogeno verde, con investimenti stimati in 570 miliardi di dollari. Tuttavia, il settore affronta sfide legate all’aumento dei costi e a variabili esogene ed endogene.

Ostacoli e opportunità

Uno dei principali ostacoli è il costo: la produzione e il trasporto di idrogeno verde sono ancora troppo costosi. Inoltre, l’industria deve affrontare difficoltà nella costruzione di impianti di elettrolisi e nella conversione delle infrastrutture esistenti per il trasporto di gas naturale. Nonostante le previsioni di crescita, si stima che nel 2025 la produzione di idrogeno calerà del 10% a causa di queste difficoltà.

In Europa, le infrastrutture attuali per il trasporto di gas naturale dovranno essere adattate per gestire l’idrogeno. Paesi come la Germania stanno investendo massicciamente nella creazione di corridoi energetici, come il Nordic-Baltic Hydrogen Corridor, mentre l’Italia ha avviato la “Strategia Nazionale per l’Idrogeno” e il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC).

Disparità globali nella transizione energetica

La transizione energetica non avviene in modo uniforme nel mondo. Mentre l’Europa e altre economie avanzate spingono per una rapida decarbonizzazione, i Paesi in via di sviluppo affrontano enormi ostacoli. L’Africa, nonostante il suo potenziale, continua a rimanere energivora, con un consumo energetico pro capite tra i più bassi al mondo.

Attori internazionali come Cina, Russia e India stanno intensificando la loro influenza in Africa, offrendo supporto economico e infrastrutturale in cambio di accesso alle risorse naturali. Negli Stati Uniti, sono stati introdotti incentivi fiscali per la produzione di idrogeno, mentre in India la “National Green Hydrogen Mission” mira a far diventare il Paese un leader nel settore.

La strada da percorrere

Nonostante le iniziative positive, la domanda di idrogeno nell’Unione Europea rimane relativamente bassa, rappresentando meno del 2% del consumo energetico nel 2022. La sfida principale rimane quella di ridurre i costi di produzione e costruzione delle infrastrutture necessarie, poiché l’idrogeno è ancora troppo costoso per competere con il gas naturale e altre fonti di energia rinnovabile.

Tuttavia, con gli investimenti giusti, l’idrogeno potrebbe diventare un’alternativa per immagazzinare energia e alimentare veicoli a zero emissioni. La sua affermazione richiede di affrontare sfide economiche, tecnologiche e geopolitiche, ma anche di cogliere le opportunità offerte dalla cooperazione internazionale.

L’idrogeno rappresenta un’opportunità unica per affrancarsi dalle fonti fossili e raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica. Tuttavia, il settore necessita di un supporto politico e finanziario continuo, insieme a investimenti in infrastrutture e tecnologia. La mappa globale dell’idrogeno è ancora in fase di definizione, ma la sua realizzazione richiede azioni rapide e coordinate, unite a una visione comune per il futuro.

Gabriele Cicerchia

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Come funzionano le super batterie per le energie rinnovabili

La transizione energetica, che sostituirà la generazione di elettricità basata sui combustibili fossili con le rinnovabili, ridurrà drasticamente le emissioni di anidride carbonica. Ma il suo successo non dipenderà solo da quanti impianti fotovoltaici o eolici verranno realizzati nel mondo. La generazione di energia dal Sole è possibile solo di giorno, mentre il vento è per sua natura intermittente. Si tratta, insomma, di due fonti energetiche che non sono sempre disponibili nel momento in cui c’è domanda di energia da parte degli utenti della rete. Ecco perché, nello sviluppo delle rinnovabili, un ruolo chiave sarà ricoperto dai “sistemi di accumulo”.
Serbatoi di elettricità. Di che cosa si tratta? In sostanza di sistemi per l’accumulo di energia, come quella prodotta da fonti rinnovabili, che successivamente può essere immessa nella rete quando serve di più, nei momenti di picco dei consumi. Sono diverse le tecnologie che possono assolvere a questo compito, ma quelle al momento più efficienti e mature per l’utilizzo su vasta scala sono i Bess, acronimo di Battery Energy Storage Systems, cioè sistemi di accumulo di energia a batteria.
Tutti i Paesi impegnati nel percorso della transizione energetica stanno puntando sulla diffusione dei sistemi Bess, Italia compresa. Sono impianti indispensabili per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione, riducendo le emissioni che alterano il clima causate dalla produzione termoelettrica. Permettono infatti di utilizzare in maniera più costante e continua l’energia prodotta dalle rinnovabili, garantendo stabilità, flessibilità e resilienza del sistema elettrico.
Il piano europeo Fit for 55 fissa al 2030 l’obiettivo di ridurre del 55% le emissioni di gas serra, rispetto ai livelli del 1990. Secondo le stime ufficiali, per l’Italia questo renderà necessario lo sviluppo di impianti di accumulo per una capacità complessiva di 95 GWh. I primi cantieri sono già stati avviati tra aprile e giugno del 2023 in tutto il territorio nazionale, a seguito dell’ultima asta del Capacity Market 2024 indetta da Terna, la società che gestisce la rete di trasmissione elettrica nazionale.

I sistemi di accumulo Bess dell’impianto di Lily, in Texas, arrivano a conservare fino a 75 MWh di energia.
© Enel Green Power

Progetti da Nord a Sud. Le regioni italiane attualmente interessate dallo sviluppo dei Bess sono Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Lazio, Umbria, Toscana e Sardegna. In questi territori Enel Green Power, società del gruppo Enel impegnata nello sviluppo e gestione di impianti rinnovabili, già nel febbraio 2021 si è aggiudicata, proprio con l’asta Capacity Market 2024, i diritti per realizzare sistemi Bess per più di 1.600 MW, che saranno completati e operativi entro il 2024.

In particolare, circa la metà degli impianti sarà localizzata in Sardegna, cui è stata assegnata una capacità di accumulo in grado di garantire, con fonti rinnovabili, la gestione in sicurezza della rete elettrica anche dopo la dismissione degli impianti termoelettrici e con l’entrata in servizio del Tyrrhenian Link, il nuovo cavo elettrico sottomarino che la collegherà alla Sicilia e alla penisola italiana.
«I Bess che stiamo realizzando», spiegano gli esperti di Enel Green Power, «sono in gran parte collocati nei siti di impianti termoelettrici già dismessi o in procinto di esserlo, e sono quindi un esempio di riuso “circolare” delle infrastrutture e dei terreni già occupati da attività di produzione di energia elettrica».
Nel video sotto, il progetto Bess La Casella a Castel San Giovanni (Pc). Grazie all’innovativo sistema di accumulo a batterie sviluppato in questo sito e alla sua capacità installata di 70 MW è possibile immagazzinare una grande quantità di energia elettrica da distribuire a tutto il territorio garantendo alti standard di sicurezza. (L’articolo prosegue sotto il video)

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Semplici ma complessi. Ma come sono fatti i sistemi di accumulo Bess? Alcune soluzioni, esternamente, si presentano come semplici container, collocati su basamenti di cemento e all’interno dei quali trovano posto armadiature (rack), che contengono i moduli (box), in cui sono a loro volta alloggiate le batterie vere e proprie (celle), vedi infografica sotto. Completano l’installazione i cablaggi che collegano le varie unità, i sistemi di raffreddamento e antincendio, le interfacce per i sistemi di controllo e gli inverter, che trasformano la corrente elettrica continua in uscita dalle batterie in corrente alternata, con le giuste caratteristiche di intensità, tensione e frequenza per l’immissione nella rete.
Ma perché i Bess si integrano così bene con gli impianti solari ed eolici? «In funzione delle necessità del sistema elettrico», spiegano i tecnici di Enel Green Power, «possono essere dimensionati sia per accumulare energia “a breve termine”, resa poi disponibile per controllare la frequenza di rete e per coprire i picchi di domanda, sia per un utilizzo di più lunga durata, accumulando l’energia prodotta in eccesso dalle rinnovabili durante il giorno per restituirla di notte. A differenza degli impianti termoelettrici tradizionali, poi, sono in grado di attivarsi istantaneamente ai comandi degli operatori e del gestore di rete, variando altrettanto rapidamente, quando necessario il proprio profilo di produzione».

La modularità e la flessibilità di utilizzo li rendono quindi perfettamente complementari al fabbisogno di un sistema elettrico in transizione: quando la quota di energia rinnovabile nel sistema è bassa vengono utilizzati per bilanciare istanta­neamente immissioni e prelievi di energia dalla rete, e garantire una riserva per la domanda di picco. Quando invece la produzione rinnovabile eccede il consumo, possono accumulare l’energia in eccesso, che altrimenti verrebbe sprecata, per restituirla al sistema quando le rinnovabili non producono (di notte o quando non soffia il vento).

Viaggio al centro di una batteria Bess.
© Enel Green Power

Una tecnologia matura. Sebbene siano disponibili anche altre tecnologie per realizzare sistemi di accumulo su scala industriale, come i sistemi a piombo-acido, sodio-zolfo, nichel-cadmio e altri ancora, la tecnologia più matura e più diffusa a livello industriale è quella agli ioni di litio, oggi già dominante nel mercato dei piccoli dispositivi domestici o delle auto elettriche.
Nel caso dei Bess parliamo però di applicazioni completamente diverse, in cui l’affidabilità, la scalabilità e le prestazioni istantanee, oltre che le dimensioni (potenza e capacità erogabili), sono al centro della progettazione e dell’ingegnerizzazione. Tutto questo per assicurare a questi sistemi di accumulo prestazioni eccezionali: capacità di stoccaggio maggiore, vita d’esercizio più lunga ed efficienza prolungata nel tempo, anche dopo un gran numero di cicli di carica e scarica.
La tecnologia delle batterie agli ioni di litio, del resto, è ad oggi la più conveniente, con costi di produzione che si sono ridotti di molto negli ultimi anni, grazie anche alla relativa abbondanza di questo elemento in tutto il Pianeta, e al fatto che per realizzarle non occorrono le meno accessibili terre rare, un gruppo di elementi chimici che, anche se utilizzati altrove nell’industria elettrica, non sono necessari per la realizzazione dei Bess. Ce lo confermano gli esperti di Enel Green Power. «In realtà litio e terre rare», spiegano, «non hanno tra loro nulla a che vedere: innanzitutto perché il primo è largamente disponibile in concentrazioni adeguate, al contrario delle seconde. E soprattutto perché le terre rare, a differenza del litio, non sono utilizzate nei Bess».

Il litio, materiale strategico. Quel che è sicuro è che all’Europa servirà molto litio nel prossimo futuro: secondo le stime della società di analisi Benchmark Mineral Intelligence, il fabbisogno di questo materiale per la produzione di batterie crescerà del 300% da oggi al 2030.

Considerando che nel nostro continente si produce meno dell’1% del litio globale, ecco perché la Commissione Europea sta promuovendo l’apertura di nuove miniere, con ben 28 progetti in fase di valutazione, sempre secondo Benchmark Mineral Intelligence, e attivando accordi commerciali con fornitori come Cile, Cina, Australia e altri Paesi africani e dell’America Latina.

Soluzione ecosostenibile. I Bess, poi, hanno molto da dire anche dal punto di vista ambientale e della sostenibilità. Innanzitutto, perché possono favorire la diffusione delle fonti rinnovabili, con un’occupazione di suolo minima: tutti i Bess richiesti per raggiungere i 95 Gigawattora di capacità necessari all’Italia non richiederanno infatti più di 400 ettari, equivalenti a poco più di tre volte l’estensione del parco della Reggia di Caserta.
Inoltre, queste batterie già oggi sono in gran parte riciclabili, e lo saranno ancora di più in futuro, ci assicurano gli esperti di Enel Green Power, grazie all’intenso lavoro di ricerca condotto in tutto il mondo sulle tecnologie e sui materiali utilizzati. «È quindi chiaro che», aggiungono, «i Bess, insieme alle fonti rinnovabili, già oggi la tecnologia di generazione più sostenibile ed economica, potranno garantire una produzione affidabile e continua di energia verde, stabilizzando e mantenendo sicura la nostra rete elettrica grazie alla loro rapidità di intervento e capillarità sul territorio».

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