IA open source: DeepSeek R1 sfida i mercati e gli equilibri globali

DeepSeek R1 testimonia l’evoluzione dell’intelligenza artificiale open source, mostrando vantaggi e insidie di un mercato globale in mutamento. La possibilità di modificare il modello apre a soluzioni innovative, ma richiede norme chiare sulla protezione dei dati e sulla responsabilità

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Governance AI: l’effetto Pechino rompe gli equilibri globali

L’AI non è solo una tecnologia di frontiera: è un campo di battaglia regolatorio e strategico:gli Stati Uniti vedono l’AI come la nuova corsa all’atomo,l’Unione Europea come il banco di prova per riaffermare i diritti fondamentali nell’era digitale,la Cina come un’infrastruttura utile a sostenere crescita, profitto e controllo sociale.In mezzo a queste visioni divergenti, il resto del mondo deve scegliere quale modello adottare, con conseguenze profonde per mercati, democrazie e società civili.Indice degli argomenti
Dalla California a Pechino: l’evoluzione degli standard globaliNel corso degli ultimi decenni, la competizione internazionale sulla regolazione economica ha prodotto concetti destinati a entrare nel lessico globale. L’effetto California descriveva come standard severi in un mercato competitivo potessero innescare una corsa verso l’alto, mentre l’effetto Bruxelles celebrava la capacità dell’Unione Europea di estendere le proprie regole oltre i confini comunitari, imponendole di fatto come standard mondiali.Oggi, la domanda che si impone è se stiamo assistendo alla nascita di un effetto Pechino, con la Cina pronta a definire un modello alternativo per la governance dell’intelligenza artificiale. Il momento simbolico di questa trasformazione è stato il rilascio di DeepSeek-R1, un modello linguistico avanzato sviluppato con risorse limitate rispetto ai giganti americani, ma capace di offrire prestazioni competitive. La sua comparsa ha incrinato la convinzione che le sanzioni e i vincoli imposti dagli Stati Uniti sui semiconduttori avanzati potessero rallentare in modo decisivo la corsa cinese. Come avevamo raccontato, DeepSeek-R1 è stato addestrato con una potenza di calcolo circa dieci volte inferiore a quella di GPT-4, ma con un’efficienza tale da avvicinarsi ai benchmark internazionali. La stampa americana ha parlato di un vero e proprio “Sputnik moment”, in grado di incrinare l’idea di un primato tecnologico americano inattaccabile. Ma la strategia di Pechino non è quella di primeggiare a ogni costo.L’approccio cinese è pragmatico: produrre tecnologie “abbastanza buone”, diffuse capillarmente e a costi contenuti, sfruttando l’accesso a elettricità economica e a una macchina propagandistica che promuove l’adozione rapida.Un’analisi del Carnegie Endowment The Other AI Race: An Export Promotion Strategy for the Global South | Carnegie Endowment for International Peace ha sottolineato come la Cina stia puntando soprattutto ai mercati emergenti, dove il fattore prezzo è decisivo. eepSeek-R1 è stato reso disponibile come modello completamente open-source sotto licenza MIT, permettendo a università, startup e governi con risorse limitate di utilizzare, modificare, derivare e distribuire il modello liberamente, favorendo così una democratizzazione dell’accesso all’AI avanzata. L’obiettivo non è necessariamente scalzare gli Stati Uniti dal vertice, ma occupare con tempestività lo spazio dei mercati emergenti e dei Paesi che cercano soluzioni a basso costo. In questo senso, la Cina propone una governance fondata non sulla tutela dei diritti, ma sulla convergenza tra profitto, convenienza e ordine sociale.DeepSeek e la strategia cinese dei mercati emergentiCome sottolinea Angela Huyue Zhang in uno studio della University of Southern California, le autorità combinano controlli rigidi sull’informazione con un’applicazione blanda delle regole su privacy e copyright. I tribunali stessi rivendicano sentenze volte a favorire l’accelerazione dell’AI nazionale, mentre i dataset governativi vengono messi a disposizione delle imprese per potenziare i sistemi di riconoscimento facciale o altre applicazioni strategiche. È un modello che si presenta come industrialmente efficiente, ma che solleva interrogativi profondi sulla direzione presa dall’innovazione.Censura algoritmica e controllo sociale nell’AI cineseIl lato oscuro di questa traiettoria è evidente.Come documentato in un’inchiesta di aprile 2025, la Cina sta sfruttando modelli linguistici non solo per alimentare l’innovazione, ma anche per rafforzare la propria macchina censoria. I dataset trapelati mostrano oltre 133.000 esempi di contenuti classificati come “sensibili”, dalla corruzione alla povertà rurale, fino a Taiwan e all’ironia politica, che alimentano modelli capaci di intercettare e neutralizzare preventivamente il dissenso. DeepSeek incorpora filtri a livello di addestramento, tanto da evitare deliberatamente riferimenti alla Rivoluzione Culturale o a Piazza Tiananmen, pur discutendo senza problemi eventi come la strage di Kent State negli Stati Uniti. Qui l’AI non è solo infrastruttura economica, ma strumento di governo autoritario, un apparato predittivo che sostituisce al filtro reattivo un controllo proattivo e invisibile.Il divario degli investimenti tra le tre potenzeIl confronto con gli altri poli globali rende ancora più chiaro il quadro. Negli Stati Uniti, l’amministrazione Trump ha scelto una linea di competizione frontale, trasformando l’AI in un nuovo terreno di supremazia strategica e minacciando dazi contro chiunque tenti di regolamentare le big tech americane.In Europa, l’AI Act rappresenta l’ambizione di costruire un modello alternativo, centrato sui diritti fondamentali e sulla trasparenza degli algoritmi, ma rischia di apparire lento e marginale rispetto alla velocità con cui si muovono gli altri attori. Diversi studi hanno evidenziato come il divario di investimenti sia già significativo.Secondo il CSIS, nel 2024 gli investimenti privati statunitensi nell’AI hanno raggiunto i 109 miliardi di dollari, mentre la Cina si è fermata attorno ai 9-10 miliardi e l’Europa a circa 14-15 miliardi. L’Osservatorio CPI dell’Università Cattolica conferma queste cifre, sottolineando un rapporto di oltre dieci a uno tra USA ed Europa. ICT Security Magazine ha evidenziato lo stesso squilibrio, con un divario di circa dodici volte tra gli Stati Uniti e la Cina.Nel complesso, il quadro mostra una supremazia americana negli investimenti, un’Europa ancora marginale e una Cina che, pur con meno risorse private, compensa con un impegno diretto e crescente dello Stato, stimato in decine di miliardi di dollari a supporto della strategia nazionale sull’AI.Tre scenari per il futuro della governance dell’AIL’egemonia americana. Gli Stati Uniti riescono a mantenere un vantaggio tecnologico decisivo grazie agli investimenti massicci, alla leadership delle big tech e a una politica aggressiva di contenimento. L’AI diventa un’estensione del potere geopolitico americano, con standard imposti attraverso il soft power tecnologico e commerciale. In questo scenario, l’Europa resta ai margini, mentre la Cina fatica a superare le barriere politiche e di fiducia dei mercati occidentali.L’effetto Pechino. La Cina riesce a consolidare la sua strategia di diffusione rapida e a basso costo, conquistando i mercati emergenti e offrendo pacchetti integrati di tecnologie AI. La logica del “good enough” si impone come standard globale, anche perché più accessibile per la maggioranza dei Paesi. In questo scenario, l’AI diventa una utility diffusa, ma al prezzo di una crescente erosione dei diritti individuali e di un consolidamento dei regimi autoritari.La frammentazione regolatoria. Nessun modello prevale in modo assoluto. Il mondo si divide in tre blocchi: l’America con il suo approccio competitivo, l’Europa con il suo modello normativo e la Cina con la sua governance autoritaria ed efficiente. I Paesi terzi oscillano tra le diverse influenze, adottando soluzioni ibride. In questo scenario, la governance dell’AI diventa lo specchio della geopolitica multipolare del XXI secolo, con tutte le incertezze e i rischi di conflitto che ne derivano.La domanda finale non è più soltanto chi guiderà l’innovazione tecnologica, ma quale modello di governance dell’AI verrà adottato su scala globale. La posta in gioco non riguarda solo il futuro dei mercati, ma la qualità della democrazia, la libertà dei cittadini e l’architettura stessa del discorso pubblico nel XXI secolo.

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