Alla ricerca del prompt perfetto: progettare attivita’ di verifica a prova di intelligenza …

Uno dei terrori di tanti colleghi è che gli studenti facciano svolgiere compiti di verifica all’Intelligenza Artificiale, utilizzando i mille modi con i quali possono connettersi ad un LLM.

E allora perchè non chiedere a ChatGPT o al vostro altro chatbot AI preferito, come progettare un’attività di valutazione resistente all’IA?

Ecco dunque uno schema di richiesta in cui dovrete sostituire semplicemente ogni parentesi con le informazioni per ogni sezione.

“Sei un insegnante esperto di [LIVELLO CLASSICO / AREA CONTENUTALE], con esperienza nella progettazione di attività di valutazione autentiche che misurano l’effettiva comprensione concettuale degli studenti. Aiutami a progettare una prova resistente all’IA per studenti di [LIVELLO CLASSICO] che affronti [ARGOMENTO O STANDARD] in modo pratico e coinvolgente. Le prove resistenti all’IA si concentrano sul processo piuttosto che sul prodotto, si concentrano su competenze durature come il pensiero critico, la creatività e la collaborazione e spesso includono una parte orale o di performance. Inizia identificando i contenuti critici che gli studenti devono apprendere per comprendere appieno il concetto. Quindi progetta una prova di valutazione che costringa gli studenti a interagire con i contenuti critici, consentendo al contempo adattamenti e modifiche agli aspetti non critici del compito.”

Ecco un esempio di richiesta:

“Sei un insegnante esperto di storia, con esperienza nella progettazione di attività di valutazione autentiche che misurano l’effettiva comprensione concettuale degli studenti. Aiutami a progettare una prova resistente all’IA per studenti di classe 3° di scuola secondaria di I grado che affronti La Rivoluzione francese in modo pratico e coinvolgente. Le prove resistenti all’IA si concentrano sul processo piuttosto che sul prodotto, si concentrano su competenze durature come il pensiero critico, la creatività e la collaborazione e spesso includono una parte orale o di performance. Inizia identificando i contenuti critici che gli studenti devono apprendere per comprendere appieno il concetto. Quindi progetta una prova di valutazione che costringa gli studenti a interagire con i contenuti critici, consentendo al contempo adattamenti e modifiche agli aspetti non critici del compito.”

Ecco cosa mi ha proposto ChatGPT.

Ulteriori richieste che potrete rivolgere al chatbot in questo topic:

  • Chiedi al chatbot di fornirti maggiori dettagli su come implementare alcune delle attività suggerite.
  • Utilizza il chatbot per creare una griglia di valutazione per la valutazione.
  • Allega un file con un piano di lezione o un compito esistente e chiedi al chatbot di riprogettarlo come un compito resistente all’intelligenza artificiale.
  • Chiedi al chatbot di generare una sequenza temporale suggerita o una guida al ritmo per la valutazione, individuando opportunità di valutazione formativa lungo il percorso.

Continua la lettura su: http://www.robertosconocchini.it/intelligenza-artificiale/9132-alla-ricerca-del-prompt-perfetto-progettare-attivita-di-verifica-a-prova-di-intelligenza-artificiale.html Autore del post: Maestro Roberto Fonte: https://www.robertosconocchini.it/

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La valutazione partecipativa o come apprendimento

La valutazione partecipativa o come apprendimento

di Pietro Boccia

Per quanto concerne la valutazione è da considerare che essa nella storia della scuola ha avuto connotazioni diverse, in base alla visione educativa della società. Sicuramente si è affermata, come modalità di monitoraggio e di controllo, quando lo Stato ha incominciato a erogare istruzione. Storicamente la scuola italiana, nel campo della valutazione, ha attraversato tre fasi, vale a dire: autoritaria e selettiva, democratica ed egualitaria, equa e inclusiva.

La prima (autoritaria e selettiva) è la fase nella quale la valutazione è stata misurazione delle conoscenze attraverso i voti. Il rapporto educativo è stato, in tal caso, un paradigma selettivo, impostato, a livello didattico, sui programmi ministeriali e a livello psicologico sullo stimolo/ risposta (comportamentismo). La seconda (democratica e egualitaria) è la fase che inizia negli anni Sessanta del Novecento e introduce il paradigma dell’uguaglianza delle opportunità educative all’interno della società. Non è più sufficiente valutare le conoscenze ma bisogna anche considerare le abilità, concentrando l’attenzione sugli allievi. A livello didattico ai programmi ministeriali si accompagna la programmazione, elaborata dai docenti sui bisogni degli studenti, e a livello psicopedagogico chi apprende acquisisce centralità e diventa attivo (cognitivismo-attivismo).

In tale fase già si ha la necessità di stabilire che l’apprendimento non può essere misurato con un voto ma deve essere descritto (Art. 4 della Legge n. 517/1977). L’ultima, quella equa e inclusiva, è la fase, nella quale ogni allievo deve essere costruttore della propria conoscenza (psicologia e pedagogia del costruttivismo) per diventare, attraverso l’acquisizione dei contenuti, delle abilità e delle competenze, autonomo e responsabile. A livello didattico, lo Stato, all’avvento del Regolamento dell’autonomia (DPR n. 275/1999 e della riforma costituzionale (Legge n. 3/2001), non può più imporre i programmi ministeriali con la relativa programmazione delle singole istituzioni scolastiche, ma stabilire soltanto i livelli essenziali di prestazione attraverso le Indicazioni nazionali e le Linee guida.

Con la terza fase, la valutazione non può più immaginare di poter misurare solo gli apprendimenti, ma deve anche promuovere l’autovalutazione, facendo acquisire ad ognuno la consapevolezza critica non solo della propria identità, dell’autonomia e delle competenze ma anche della cittadinanza attiva. La valutazione diventa, così, un processo dinamico e circolare, che implica la padronanza consapevole della progettazione educativa e didattica; essa precede, accompagna e segue tutto il percorso dell’acquisizione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze. L’atto valutativo, come processo, esplicita, in maniera permanente, una valenza formativa attraverso l’osservazione, il riconoscimento e la valorizzazione degli apprendimenti acquisiti, a livello formale, non formale e informale.

Il comma 4 dell’art. 2 del DPR. n. 249/1998 stabilisce che lo studente ha diritto alla partecipazione attiva e responsabile alla vita della scuola. I dirigenti scolastici e i docenti, con le modalità previste dal regolamento di istituto, attivano con gli studenti un dialogo costruttivo sulle scelte di loro competenza in tema di programmazione e definizione degli obiettivi didattici, di organizzazione della scuola, di criteri di valutazione, di scelta dei libri e del materiale didattico. Lo studente ha, inoltre, diritto a una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e di debolezza e a migliorare il proprio rendimento. Per tale motivo la valutazione, oltre ad essere diagnostica o iniziale, formativa o per l’apprendimento e sommativa o dell’apprendimento, deve essere partecipativa o come apprendimento, coinvolgendo l’intero gruppo o classe e gli allievi, soggetti a verifica su tutti gli argomenti progettati e svolti nel curricolo, al processo dell’attribuzione della valutazione del docente. Nell’attuare tale metodologia, ho dovuto personalmente constatare l’obiettività nell’attribuire la valutazione sia delle classi, interessate e attente durante la verifica, sia degli allievi coinvolti. Una valutazione, intesa in tal modo, nella sua articolazione:

attiva le azioni di progettazione da intraprendere per perseguire gli obiettivi di apprendimento e per sviluppare le competenze (valutazione iniziale o diagnostica);

orienta e regola le azioni per permettere di documentare a chi apprende lo sviluppodell’identità personale, concorrendo all’apprendimento permanente e al successo formativo (valutazione in itinere e formativa o per l’apprendimento). “La valutazione – è scritto nella Certificazione delle competenze della Nota ministeriale n. 312/2018 per il primo ciclo ma validissima anche per il secondo ciclo – diventa formativa quando si concentra sul processo e raccoglie un ventaglio di informazioni che, offerte all’allievo, contribuiscono a sviluppare in lui un’azione di autorientamento e di autovalutazione”;

promuove, in base all’art. 1 del D.lgs. n. 62/2017, al DPR n. 122/2009 e all’art. 4 del DPR n. 249/1998, riformato dal DPR n. 235/2007 con l’introduzione all’art. 5 bis del Patto educativo di corresponsabilità, l’autovalutazione, attraverso una valutazione autentica, e, pertanto, la partecipazione attiva di chi apprende, facendo assumere a ciascuno consapevolezza critica in relazione all’acquisizione del successo formativo (valutazione partecipativa o come apprendimento).

Gli allievi, supportati da chi insegna, devono gradualmente assumere, con un approccio metacognitivo, la competenza personale, sociale e la capacità di imparare a imparare dell’Unione europea (22 maggio 2018) per valutare con equilibrio gli altri e se stessi (autovalutazione);

– favorisce il bilancio critico sulle azioni operate e condotte a termine per regolare e migliorare l’apprendimento (valutazione sommativa o dell’apprendimento).

La valutazione sommativa o dell’apprendimento, nella sua dinamicità e nella circolarità, è, come processo, la base per un nuovo apprendimento e, quindi, è anch’essa formativa.

La valutazione diventa, in tal modo, un processo, che, nel coinvolgimento di tutti gli attori della comunità scolastica, sicuramente migliora gli apprendimenti e concorre al successo formativo. Il valutare esige, però, saper progettare.

 La progettazione è, oggi, uno strumento indispensabile nelle istituzioni scolastiche. Fino a poco tempo fa nella scuola superiore è mancata totalmente una cultura della progettazione. Alla fine degli anni Ottanta del Novecento l’insegnamento, in Italia, ha incominciato a subire un forte cambiamento, passando dalla logica dei programmi ministeriali a quella della progettazione organizzativa, educativa e didattica.

La legislazione scolastica già nel 1974 con i “Decreti delegati” aveva in ogni modo prospettato che:

la progettazione organizzativa deve essere varata, a ogni livello, dagli Organi collegiali,per agevolare il funzionamento delle scuole e per rendere più flessibile e più proficua l’attività d’insegnamento e quella di apprendimento (co. 1);

la progettazione educativa deve anche fissare le finalità e gli obiettivi del processo formativo.

A tal proposito, il d.P.R. n. 416 del 31 maggio 1974, all’art. 4, recita che il Collegio dei docenti deve elaborare e curare la progettazione “dell’azione educativa anche al fine di adeguare, nell’ambito degli ordinamenti della scuola stabiliti dallo Stato, i programmi d’insegnamento alle specifiche esigenze ambientali e di favorire così il coordinamento interdisciplinare. Esso esercita tale potere nel rispetto della libertà d’insegnamento garantita a ciascun insegnante” (co. 2).

La progettazione didattica riguarda, invece, le singole discipline nella loro peculiarità ed è elaborata e varata, per le sue implicazioni interdisciplinari, dal Consiglio di classe (co. 3).

Ogni forma di progettazione dovrebbe rendere protagonisti del processo educativo e formativo non solo gli insegnanti/docenti, ma anche gli allievi e il territorio. Essa dovrebbe, perciò, comportare che ogni insegnante/docente conosca il territorio in cui è inserito e opera l’allievo, sia per comprenderne la situazione delle condizioni di partenza sia per stabilire, da un lato, le finalità e gli obiettivi educativi e formativi e, dall’altro, le necessarie metodologie, i sussidi, le risorse e le disponibilità umane, psicologiche e intellettive; è, in tal modo, che si potrebbero rendere proficui ed efficaci l’insegnamento e l’apprendimento. La progettazione, elaborata e governata dagli Organi collegiali, implica, quindi, continui controlli e verifiche e, con opportune rettifiche, anche eventuali adattamenti. Bisogna, pertanto, scandirla in alcune fasi:

analisi della situazione di partenza;

scelta degli obiettivi di apprendimento per lo sviluppo delle competenze;

scelta e organizzazione delle conoscenze e delle abilità di apprendimento per lo sviluppodelle competenze;

scelta dei metodi per l’acquisizione degli obiettivi di apprendimento per lo sviluppo dellecompetenze;

verifica dei risultati, attribuzione dei punteggi nelle prove, valutazione degli apprendimentie certificazione delle competenze.

 L’analisi della situazione di partenza consiste in un rigoroso accertamento dei prerequisiti (già in possesso o potenziali) degli allievi. Essa, perciò, è la fase che esige un sistematico impegno di organizzazione, di ricerca e di analisi dei dati riguardanti le condizioni e le variabili che concorrono, nella scuola, a individuare e a definire, in modo globale, la situazione educativa. Le condizioni e le variabili che intervengono nella situazione di partenza devono essere analizzate e classificate preliminarmente.

   Il Consiglio di classe e i singoli insegnanti dovrebbero conoscere, per fare una progettazione adeguata, i seguenti elementi:

Il territorio e l’ambiente extrascolastico in cui vive l’allievo.

L’ambiente familiare di ogni allievo, come i livelli di scolarità, la caratterizzazione socialee culturale, gli stili educativi dominanti (autoritarismo, permissivismo, rapporto dialogico) e l’atteggiamento d’interazione scuola-famiglia oppure di non partecipazione e di disinteresse.

L’ambiente educativo e l’organizzazione scolastica, ovvero la scuola dovrebbe diventareun ambiente educativo accogliente e rispondente alle esigenze formative della società attuale (aule adeguate, laboratori, biblioteche, cineteche, videoteche, ludoteche e così via).

Bisognerebbe conoscere anche i prerequisiti cognitivi e socio/affettivi di ogni singolo allievo, affinché si possa impostare una progettazione del curricolo che rispecchi pienamente la situazione. I prerequisiti cognitivi sono rappresentati non solo dalle conoscenze, già in possesso degli allievi (prerequisiti di apprendimento), e dalle abilità comunicative (codici linguistici), ma anche dalle modalità personali di acquisire conoscenze (stili cognitivi).

I prerequisiti socio/affettivi sono, invece, rappresentati sia dai livelli di aspirazione e d’interesse degli allievi nell’apprendimento, che dalla loro capacità di instaurare rapporti di relazione empatica con gli insegnanti e con gli altri elementi della classe. Solo dopo aver analizzato, con la somministrazione dei test d’ingresso, la situazione di partenza dei singoli allievi e dell’intera classe attraverso la valutazione diagnostica, si può, dunque, passare alla seconda fase: scelta degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze.

L’impianto del sistema degli istituti professionali è diretto alla promozione di un insieme di competenze descritte nel profilo educativo, culturale e professionale sia generale, sia relativo ai singoli indirizzi. Per quanto riguarda il biennio iniziale, vengono assunte, per la parte comune, le competenze incluse nell’impianto normativo riferibile all’obbligo di istruzione. Tale quadro di riferimento sollecita la progettazione e l’attuazione progressiva di una coerente pratica didattica. A questo fine vengono proposti alcuni criteri di riferimento. Una competenza si manifesta quando uno studente è in grado di affrontare un compito o realizzare un prodotto a lui assegnato, mettendo in gioco le sue risorse personali e quelle, se disponibili, esterne utili o necessarie. Naturalmente la natura del compito o del prodotto caratterizza la tipologia e il livello di competenza che si intende rilevare. Questo può essere più direttamente collegato con uno o più insegnamenti, oppure riferirsi più direttamente a un’attività tecnica e/o professionale. Comunque, esso deve poter sollecitare la valorizzazione delle conoscenze, delle abilità apprese e delle altre caratteristiche personali in maniera non ripetitiva e banale. Il livello di complessità e di novità del compito proposto rispetto alla pratica già consolidata determina poi la qualità e il livello della competenza posseduta.

 La scelta degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze è una fase di fondamentale importanza per la progettazione del curricolo. Bisogna individuare con essa, tenendo conto delle indicazioni ministeriali, quali risultati di apprendimento gli allievi dovrebbero, in modo misurabile, raggiungere. Gli obiettivi educativi s’intersecano anche con le finalità formative di un’intera comunità scolastica. Essi rappresentano l’orizzonte e la prospettiva entro cui l’istituzione scolastica intende muoversi e compiere le sue scelte.

 Gli obiettivi didattici rappresentano, invece, la concreta acquisizione di conoscenze, di abilità, di competenze e di comportamenti, che l’allievo, durante il percorso educativo, dovrebbe realizzare e raggiungere nell’ambito dell’area disciplinare. Essi dovrebbero non solo essere permanentemente osservabili e misurabili, ma, in base alla sequenza di apprendimenti, anche immediati, intermedi e terminali. È, così, che tali obiettivi potrebbero assolvere la funzione di orientamento delle scelte programmatiche e di predisposizione a favore di eventuali piani di interventi integrativi e di recupero. Potrebbero anche permettere di progettare i percorsi didattici in modo tale da adeguare a essi non solo contenuti e metodi, ma anche tecniche di verifica e di valutazione.

 L’articolazione dell’insegnamento in conoscenze e abilità deve essere determinata come orientamento per la progettazione didattica del docente in relazione alle scelte compiute nell’ambito della progettazione collegiale del Consiglio di classe. I contenuti, per realizzare gli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, dovrebbero essere scelti e organizzati, tenendo conto dell’analisi della situazione di partenza della scolaresca. Cercare di far acquisire i contenuti di una disciplina, complessivamente più elevati del livello delle capacità di apprendimento della classe, è antieconomico. I risultati, alla fine dell’anno scolastico, non verrebbero, in tal modo, raggiunti e il tempo sarebbe stato vanamente trascorso. Cercare di far apprendere, poi, i contenuti del curricolo che sono al di sotto del livello delle capacità e delle potenzialità della classe è antieducativo.

Negli allievi si abbasserebbe il livello di motivazione allo studio. Il miglior modo per ottenere i risultati positivi e per raggiungere gli obiettivi didattici e educativi programmati, nonché i traguardi per lo sviluppo delle competenze, è, quindi, una scelta intelligente dei contenuti previsti dal curriculum della disciplina. I contenuti dovrebbero essere anche organizzati in una struttura connettiva, altrimenti con molta probabilità sarebbero dimenticati facilmente: una serie sconnessa di fatti e di informazioni ha una breve durata. Tali fatti e informazioni dovrebbero, per rendere più efficace la memorizzazione, essere organizzati in principi e in idee, da cui potrebbero, in un secondo momento, essere ripresi attraverso il processo di deduzione. Tutti gli argomenti del curriculum dovrebbero avere, dunque, una loro coerenza e una loro struttura. È, in tal modo, che si ha un feedback capace di conferire a tutti i contenuti trasparenza e semplicità.

 Scegliere e organizzare i metodi per l’acquisizione degli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo delle competenze, nella progettazione per il curricolo, dovrebbe significare una corretta impostazione nel saper individuare un procedimento metodologico; questo dovrebbe soprattutto tener conto, all’interno della classe, della diversità tra gli allievi

Non si può, comunque, tralasciare l’attività della didattica laboratoriale e prescindere dal metodo dell’apprendimento cooperativo. Dire metodo, quindi, vuole significare adeguamento. Tramite un metodo adeguato chi insegna, infatti, potrebbe interpretare correttamente i bisogni di un allievo o di una classe e commisurare, così, all’uno e all’altra i contenuti della disciplina che insegna.

 Siccome gli obiettivi di apprendimento e dei traguardi per lo sviluppo sono osservabili e misurabili, allora le verifiche dei risultati raggiunti in un percorso del curricolo educativo saranno fatte in itinere non solo per certificare le competenze ma anche per colmare eventuali criticità e per modificare, correggere e integrare, quando i risultati non sono adeguati alla progettazione, alcuni interventi didattici. Esse possono essere fatte per accertare gli obiettivi sia con le tradizionali interrogazioni sia con prove oggettive (test).

 La valutazione per l’attribuzione dei punteggi nei test di verifica è una prova pedagogica non solo per orientare ma anche per costruire in itinere la progettazione. Essa, poiché ha una valenza diagnostica e una funzione formativa, è uno degli strumenti fondamentali affinché possano essere messe a disposizione dell’allievo le risorse necessarie, che gli permetteranno di raggiungere pienamente gli obiettivi di apprendimento programmati nel curricolo. La valutazione, perciò, non dovrebbe essere considerata soltanto come un momento della progettazione, ma come un processo, scandito in tappe, che si concluderà, senza alcuna sorpresa per l’alunno, alla fine dell’anno scolastico, con la certificazione delle competenze e con un atto valutativo finale.

 Il docente, così, attraverso le quotidiane verifiche, potrebbe controllare il conseguimento degli obiettivi di apprendimento e intervenire, se necessario, in ogni momento, per recuperare eventuali carenze; anche l’alunno, poi, attraverso l’autovalutazione, potrebbe verificare continuamente il proprio andamento didattico e di apprendimento. Anzi, gli allievi non sarebbero costretti a vivere così la valutazione come un’operazione puramente fiscale, ma come un loro processo formativo. Nel processo valutativo è, infine, significativo, per rendere l’attività educativa qualitativamente migliore, il clima di fiducia nel rapporto interpersonale tra gli insegnanti/docenti e gli allievi. Per l’attribuzione, nelle prove, dei punteggi alle risposte non ci sono regole assolute, ma esistono, tuttavia, alcune indicazioni operative, che possono essere utilizzate.

La verifica e la valutazione del successo formativo (apprendimento formale, non formale e informale) conducono alla certificazione delle competenze e si conseguono con le prove semistrutturate (saggio breve, rapporto di ricerca, riassunto, simulazione di contesto, a domande strutturate, colloquio strutturato, compiti di realtà o autentici, osservazioni sistematiche e biografie cognitive), impiegando rubriche di valutazione.

La prova maggiormente impiegata, per certificare le competenze, è il compito di realtà o autentico; questo prevede che gli allievi costruiscano il loro sapere in modo attivo e in ambienti sia reali sia complessi, dimostrando di possedere autonomamente e responsabilmente una determinata competenza.

Nel percorso che ha come esito finale la certificazione delle competenze, i docenti tengono, come processi, presenti la verifica e la misurazione (calcolare gli errori ed esprimere un voto), la valutazione (esame della prova riepilogativa e conclusiva di uno studio e di una ricerca attiva – giudizio) e la certificazione, che è, invece, come risultato finale del processo, un attestare l’esito di un lungo periodo di osservazioni sistematiche (attestato).

Le competenze sono, perciò, significative (Ausubel parla di apprendimento significativo), persistenti (apprendimento stabile e reimpiegabile) e trasferibili (la conoscenza che non si riesce a convertire in strutture concettuali non è praticamente utilizzabile). L’apprendimento per competenze si attua, inoltre, con una didattica laboratoriale e attiva, in altre parole con un docente che “non faccia lezione”, ma che predisponga le attività di apprendimento.

Verificare i risultati raggiunti, dal momento che gli obiettivi sono osservabili e misurabili, è un atto basilare che viene svolto durante un’attività “in itinere”; deve avvenire con il coinvolgimento attivo, attraverso il lavoro di gruppo e la discussione partecipata, della classe o gruppo classe. Tale atto non solo permette di colmare eventuali lacune, ma anche di cambiare, migliorare e perfezionare, quando i risultati non sono adeguati agli obiettivi dell’attività progettata, alcuni interventi didattici.

Il raggiungimento dei requisiti viene documentato con prove oggettive (test di verifica e così via). Dopo aver corretto i test e stabilito una griglia oggettiva per la correzione, si passa, coinvolgendo gli allievi nella discussione partecipata sulle risposte corrette e su quelle sbagliate, alla valutazione, che viene espressa in decimi. Il valutare è una prova pedagogica, utile non solo per orientare ma anche per riformulare, se è necessario, la progettazione. Esso è un atto, che, poiché ha tanto una valenza diagnostica quanto una funzione formativa, diventa uno degli elementi fondamentali, affinché possano essere messe a disposizione dell’allievo le risorse necessarie, atte a far raggiungere gli obiettivi progettati.

La valutazione non va, perciò, pensata soltanto come un momento della progettazione educativa e didattica, elaborata all’inizio dell’anno, ma anche come un processo “in itinere” (formativo e per l’apprendimento), scandito in tappe, che possa concludersi, senza alcuna sorpresa per gli allievi, alla fine dell’anno scolastico, con un atto valutativo finale (sommativo o dell’apprendimento). Con la verifica e la valutazione, viene accertato e avvalorato il conseguimento degli obiettivi didattici progettati; nello stesso tempo, l’una e l’altra offrono la possibilità d’intervenire, se necessario, in ogni momento delle attività scolastiche, per recuperare eventuali carenze; gli allievi poi, attraverso la valutazione, verificano continuamente il loro andamento didattico e si autovalutano. Anzi, ognuno non sarebbe, in tal modo, costretto a vivere la valutazione come un’operazione solamente fiscale, ma come un processo formativo.

Nel processo della valutazione diventa anche sintomatico, per rendere l’attività educativa qualitativamente migliore, il clima di fiducia, che s’instaura in un rapporto interpersonale tra il docente e il discente. In sintesi, la verifica, la valutazione e la certificazione delle competenze (Legge n. 169/2008, DPR n. 122/2009, D.lgs. n. 62/2017, O.M. n. 172/2020) sono tappe diverse, ma interconnesse. Il certificare le competenze implica saperle valutare; il valutare implica la capacità di verificare adeguatamente gli apprendimenti; la verifica degli apprendimenti implica una corretta e adeguata progettazione.

Il verificare significa, infatti, accertare in che misura sono stati raggiunti gli obiettivi degli apprendimenti progettati. La valutazione è, invece, un processo dinamico, che precede, accompagna e segue tutto il percorso di apprendimento. Essa attiva le azioni da intraprendere (valutazione iniziale o diagnostica), regola le azioni avviate (valutazione formativa o per l’apprendimento), promuove il bilancio critico sulle azioni condotte a termine (valutazione sommativa o dell’apprendimento), fa assumere consapevolezza critica e responsabilità sulle proprie azioni (autovalutazione o valutazione come apprendimento).

La verifica e la valutazione del successo scolastico (apprendimento formale) si realizzano con prove strutturate (Vero/falso, corrispondenza, completamento, a scelta multipla, a risposta multipla, sequenza logica), utilizzando griglie. Bisogna, poi, avvalersi di griglie di osservazione per valutare l’impegno, l’interesse, la partecipazione e la collaborazione. La griglia deve essere perfezionata e aggiornata con un feedback costante dal docente.

Prova strutturata

                                                     Risposta esatta   Astensione      Risposta errata 

         Vero/falso o Sì/No                      + 2                      0                        – 1 

         Risposta strutturata                     + 3                       0                       – 1

         Risposta aperta                 + 5 Risposta sufficiente               – 1 Risposta insufficiente  

Griglia di valutazione, relativa a prove strutturate

La verifica e la valutazione del successo formativo (apprendimento formale, non formale e informale) conducono alla certificazione delle competenze e si conseguono con le prove semistrutturate (saggio breve, rapporto di ricerca, riassunto, simulazione di contesto, a domande strutturate, colloquio strutturato, compiti di realtà o autentici, osservazioni sistematiche e biografie cognitive), impiegando rubriche di valutazione.

La prova maggiormente impiegata, per certificare le competenze, è il compito di realtà o autentico; questo prevede che gli allievi costruiscano il loro sapere in modo attivo e in ambienti sia reali sia complessi, dimostrando di possedere autonomamente e responsabilmente una determinata competenza.

Rubrica di valutazione analitica, relativa alle prove semistrutturate

                           Livello iniziale          Livello base    Livello intermedio  Livello avanzato

         Metodo di studio        1                             2                              2                             3

Correttezza:                         2                             2                             2                             4

Coerenza logica                   1                             2                             3                             3      

RUBRICA di Valutazione sintetica o olistica

I livelli per certificare le competenze, secondo la C.M. n. 3 del 13 febbraio del 2015, sono descritti nel seguente modo:

Iniziale: L’allievo/a, se opportunamente guidato/a, svolge compiti semplici in situazioni note.

Base: L’allievo/a svolge compiti semplici anche in situazioni nuove, mostrando di possedere conoscenze e abilità fondamentali e di saper applicare basilari regole e procedure apprese.

Intermedio: L’allievo/a svolge compiti e risolve problemi in situazioni nuove, compie scelte consapevoli, mostrando di saper utilizzare le conoscenze e le abilità.

Avanzato: L’allievo/a svolge compiti e risolve problemi complessi, mostrando padronanza nell’uso delle conoscenze e delle abilità; propone e sostiene le proprie opinioni e assume in modo responsabile decisioni consapevoli.

La Legge n. 92/2019 e il D.M. n. 35/2020 dispongono che l’insegnamento trasversale dell’Educazione civica (Costituzione, sviluppo sostenibile e cittadinanza digitale) sia oggetto delle valutazioni periodiche e finali previste dal D.Lgs. 13 aprile 2017, n. 62 per il primo ciclo e dal DPR 22 giugno 2009, n. 122 per il secondo ciclo.

I criteri di valutazione deliberati dal collegio dei docenti per le singole discipline e già inseriti nel PTOF dovranno essere integrati in modo da ricomprendere anche la valutazione dell’insegnamento dell’educazione civica.

Il docente coordinatore dell’insegnamento, in sede di scrutinio formula la proposta di valutazione, espressa ai sensi della normativa vigente, da inserire nel documento di valutazione, acquisendo elementi conoscitivi dai docenti del gruppo o del Consiglio di classe cui è affidato l’insegnamento dell’educazione civica. Tali elementi conoscitivi sono raccolti dall’intero gruppo e dal Consiglio di classe nella realizzazione di percorsi interdisciplinari.

La valutazione deve essere coerente con le competenze, abilità e conoscenze indicate nella programmazione per l’insegnamento dell’educazione civica e affrontate durante l’attività didattica.

I docenti e il Consiglio di classe possono avvalersi di strumenti condivisi, quali rubriche e griglie di osservazione, che possono essere applicati ai percorsi interdisciplinari, finalizzati a rendere conto del conseguimento da parte degli allievi delle conoscenze, delle abilità e del progressivo sviluppo delle competenze, previste nella sezione del curricolo dedicata all’educazione civica.

Scrivere per apprendere

Scrivere per apprendere

Prompt generativi e intelligenza artificiale nella didattica riflessiva

di Bruno Lorenzo Castrovinci

Scrivere non è un semplice esercizio tecnico, né un momento accessorio della vita scolastica. È, piuttosto, un gesto cognitivo ed emotivo che permette allo studente di entrare in relazione con sé stesso e con il mondo. La scrittura è il luogo in cui il pensiero prende forma, si chiarisce, si approfondisce, diventa materia viva, plasmabile, capace di restituire una visione del reale arricchito dalla soggettività.

Ogni parola scelta, ogni frase articolata è il risultato di un processo interiore che trasforma l’implicito in esplicito, il confuso in ordinato, l’informe in consapevole. Questo processo non è mai neutro, perchè chi scrive impara a conoscersi, a dare un nome alle emozioni, a collegare fatti, idee, esperienze. In una società in cui la velocità tende a sacrificare la profondità e l’immediatezza prevale sull’elaborazione, educare alla scrittura significa educare alla lentezza, alla riflessione, alla costruzione di significati personali.

Non si tratta di un atto isolato ma di un percorso, che si rinnova ogni volta che si scrive e che può essere potenziato dall’uso consapevole di strumenti come l’intelligenza artificiale. Quando la scrittura è usata come pratica quotidiana, articolata su diversi registri e forme testuali, essa diventa uno strumento di metacognizione, capace di rendere visibile il pensiero, di attivare la consapevolezza del proprio modo di apprendere e di stimolare una riflessione costante su ciò che si è, che si pensa e che si impara.

Il significato dei prompt nella scrittura scolastica

I prompt sono stimoli iniziali, suggestioni o input che attivano il processo di scrittura, innescando il pensiero, suscitando immagini mentali, richiamando emozioni o esperienze. La loro forza risiede nella capacità di non fornire risposte, ma di aprire domande, di lasciare spazio alla complessità, di generare percorsi diversi per ciascuno studente. Possono assumere molteplici forme: una frase da completare, una situazione immaginaria, una citazione letteraria o filosofica, una fotografia, una domanda aperta, una condizione ipotetica. La varietà dei prompt consente di attivare differenti aree cognitive, favorendo l’elaborazione personale, la rielaborazione creativa e la connessione tra le discipline.

Nel contesto scolastico, i prompt diventano strumenti pedagogici potenti, perché sollecitano la partecipazione attiva dello studente, stimolano la riflessione, favoriscono l’espressione di vissuti personali e l’elaborazione critica delle conoscenze. Sono ponti tra ciò che si studia e ciò che si vive, tra il sapere formale e la soggettività. Quando integrati con l’intelligenza artificiale, i prompt possono essere personalizzati in tempo reale, adattati ai diversi livelli cognitivi, emotivi e linguistici, diventando dispositivi inclusivi e dinamici. L’IA può suggerire varianti, ampliare i riferimenti, proporre collegamenti intertestuali o interdisciplinari, stimolando una scrittura dialogica e profonda.

Un prompt ben formulato non guida lo studente verso una risposta predefinita, ma lo invita ad abitare il proprio pensiero, ad esercitare la propria voce, a costruire un testo autentico. Rende la scrittura un laboratorio di ricerca, in cui l’alunno diventa autore e non semplice esecutore, esploratore e non ripetitore. In questo modo, il prompt non è più solo uno strumento didattico, ma un dispositivo formativo che stimola il pensiero divergente, il confronto critico e la capacità di dare senso al mondo attraverso le parole.

Scuola dell’infanzia: dare forma alle emozioni con le parole

Nella scuola dell’infanzia, i bambini sono ancora alle prime esperienze con il linguaggio simbolico, ma possiedono una straordinaria capacità di immaginare, di raccontare, di giocare con le parole e con le immagini mentali. In questa fase, l’obiettivo educativo prioritario non è tanto quello di produrre testi strutturati, quanto di stimolare la verbalizzazione, la narrazione, la capacità di rappresentare il mondo interiore attraverso simboli, suoni, colori, parole. I prompt, in questa fase, possono essere veicolati attraverso immagini evocative, racconti orali, oggetti della quotidianità o esperienze sensoriali.

Un esempio pratico potrebbe essere l’osservazione condivisa di un disegno che rappresenta un prato fiorito, accompagnata dalla domanda aperta: “Cosa succede se i fiori iniziano a parlare tra loro?”. Da questa semplice suggestione, possono nascere storie collettive o individuali, che il bambino racconta a voce, drammatizza con il corpo, costruisce con il disegno o modella con il materiale manipolativo. Il ruolo dell’insegnante è centrale nell’ascolto, nella valorizzazione della risposta, nella riformulazione e nel rilancio creativo. L’intelligenza artificiale educativa può affiancare l’adulto proponendo nuove domande, suggerendo immagini o suoni coerenti con l’universo simbolico del bambino, stimolando narrazioni interattive e personalizzate.

Questa forma di pre-scrittura è fondamentale per lo sviluppo del linguaggio, dell’immaginazione e della consapevolezza di sé. Raccontare ciò che si pensa o si sogna, dare voce a oggetti animati o a personaggi fantastici, aiuta il bambino a costruire il senso di identità, a esplorare emozioni complesse, a riconoscersi come soggetto comunicante. Ogni prompt diventa, così, una finestra sull’universo interiore del bambino, uno strumento per avviare un processo di alfabetizzazione emotiva e narrativa, una prima forma di accesso alla parola come luogo di significato e relazione.

Scuola primaria: scrivere per conoscersi e raccontarsi

Nella scuola primaria, la scrittura non rappresenta soltanto una competenza linguistica da acquisire progressivamente, ma si configura come un mezzo potente per esprimere sé stessi, per consolidare l’identità in formazione e per esplorare la realtà circostante con sguardo critico e creativo. A partire dai primi anni del percorso scolastico, bambini e bambine cominciano a padroneggiare le strutture del racconto, a distinguere le descrizioni dagli eventi, a dare forma scritta a ciò che immaginano o provano. La scrittura, dunque, diventa non solo un esercizio tecnico, ma una palestra emozionale e cognitiva.

Un efficace orientamento in questa direzione può venire dall’introduzione di prompt generativi, ovvero spunti di scrittura che coniughino esperienza personale, immaginazione e riflessione. Un esempio significativo è il celebre “Scrivi una lettera a te stesso tra dieci anni”, un invito che stimola il bambino a proiettarsi nel futuro, esercitando sia la fantasia sia la capacità introspettiva. Attraverso questo tipo di attività, i piccoli scrittori possono dare voce ai propri sogni, paure, desideri, maturando una prima consapevolezza di sé e delle proprie aspirazioni.

L’intelligenza artificiale può offrire un supporto creativo e personalizzato in questo processo, arricchendo l’esperienza di scrittura con domande guidate, che aiutano a focalizzare il pensiero: “Che lavoro ti piacerebbe fare? Dove vivresti? Chi vorresti accanto?”. Questi stimoli, calibrati sull’età e sul livello di maturazione emotiva, favoriscono l’autonarrazione e incoraggiano la costruzione di un dialogo interiore, spesso difficile da attivare nei contesti scolastici tradizionali.

Non meno importante è il ruolo della scrittura nella formazione della coscienza civica. In questo ambito, prompt come “Immagina di essere il sindaco della tua città per un giorno: cosa cambieresti?” attivano nei bambini una riflessione concreta sul proprio ambiente di vita e sulle dinamiche sociali che lo regolano. Scrivere da un punto di vista civico, anche se simulato, significa assumere una prospettiva di responsabilità, immedesimarsi negli altri, pensare in termini di bene comune e imparare a dare forma alle proprie idee su giustizia, equità, ambiente, convivenza.

La scrittura, in questo senso, si fa palestra di cittadinanza attiva, luogo dove si esercita la possibilità di pensare soluzioni, proporre cambiamenti, riconoscere diritti e doveri. Attraverso la parola scritta, il bambino può cominciare a sentirsi parte di una comunità, con il diritto di esprimere opinioni e il dovere di ascoltare e rispettare quelle altrui. Si sviluppa così non solo il pensiero critico, ma anche l’empatia, intesa come capacità di comprendere i punti di vista differenti dal proprio.

L’approccio narrativo riflessivo, sostenuto da una guida sensibile del docente e da strumenti innovativi come l’intelligenza artificiale, consente alla scrittura di diventare un vero e proprio strumento pedagogico trasversale, capace di favorire competenze linguistiche, emotive, cognitive e sociali. Si costruisce così uno spazio educativo in cui l’alunno non è solo un esecutore, ma un autore del proprio percorso, capace di narrare il mondo e di immaginarne uno migliore.

Scuola secondaria di primo grado: dal racconto alla riflessione

Durante la preadolescenza, la scrittura diventa uno spazio privilegiato per l’elaborazione del sé, dei cambiamenti emotivi, delle relazioni e del confronto con il mondo esterno. Gli studenti di questa fascia d’età iniziano a vivere trasformazioni profonde, che coinvolgono la percezione di sé, il rapporto con i pari, la gestione delle emozioni e la definizione dell’identità. La scrittura, in questo contesto, rappresenta un canale espressivo e formativo fondamentale, perché consente di dare voce a pensieri spesso non detti, a insicurezze, a desideri inespressi.

I prompt possono assumere una forma più complessa e stimolante, adeguata allo sviluppo cognitivo e affettivo di questa età. Un esempio è: “Racconta un momento in cui ti sei sentito diverso dagli altri”. Questo tipo di stimolo permette allo studente di esplorare la propria identità, di affrontare vissuti delicati, di sviluppare empatia verso sé stesso e gli altri. L’intelligenza artificiale può suggerire strutture narrative, parole chiave per ampliare il vocabolario emotivo, oppure offrire esempi tratti da testi letterari o autobiografici vicini alla sensibilità adolescenziale, come i romanzi di formazione o i racconti in prima persona.

Anche in ambito disciplinare i prompt possono essere utilizzati per favorire una comprensione più profonda dei contenuti attraverso l’immedesimazione. Ad esempio: “Scrivi il diario di un gladiatore romano prima della battaglia” aiuta a esplorare il contesto storico con uno sguardo emotivo; “Immagina di essere una molecola d’acqua nel suo viaggio attraverso il ciclo naturale” stimola la comprensione dei processi scientifici attraverso la narrazione. L’IA può fornire spunti narrativi, accompagnare l’organizzazione testuale e offrire feedback costruttivi durante la scrittura. Questi stimoli, ben calibrati, favoriscono un apprendimento integrato, in cui emozione, sapere e immaginazione si intrecciano per produrre testi autentici, sentiti e cognitivamente significativi.

Scuola secondaria di secondo grado: la scrittura come laboratorio del pensiero

Nel percorso delle scuole superiori, la scrittura si configura come una vera e propria palestra intellettuale, uno spazio in cui il pensiero si affina e si mette alla prova. Gli studenti, ormai capaci di affrontare temi complessi con maggiore autonomia, trovano nei prompt generativi l’occasione per sviluppare testi argomentativi, riflessivi, creativi e interdisciplinari. I prompt proposti possono stimolare riflessioni filosofiche, etiche, scientifiche, civiche e letterarie, innescando un dialogo tra la conoscenza disciplinare e la sensibilità individuale.

Un esempio particolarmente attuale è: “L’intelligenza artificiale migliora o impoverisce il pensiero umano?”. Una domanda del genere consente allo studente di esercitare la propria capacità argomentativa, di confrontare prospettive teoriche, di formulare ipotesi fondate e di elaborare contro-argomentazioni. L’IA stessa, se integrata nel processo, può suggerire domande guida, raffinare lo stile, offrire citazioni filosofiche, dati scientifici o riferimenti storici che arricchiscono il contenuto. L’obiettivo non è quello di ottenere una risposta giusta, ma di strutturare un pensiero solido, articolato e personale.

Accanto ai prompt argomentativi, un ruolo significativo lo svolgono anche quelli creativi, capaci di rinnovare l’approccio ai testi letterari. Il suggerimento “Scrivi una pagina di diario dal punto di vista di Antigone prima della condanna” consente allo studente di immergersi nei conflitti etici e umani del personaggio, sviluppando empatia e capacità di immedesimazione. Questo tipo di scrittura trasforma l’analisi letteraria in esperienza vissuta, facilitando la comprensione profonda dell’opera.

Anche in ambito scientifico, l’uso dei prompt è strategico per stimolare il pensiero sistemico e la capacità progettuale. Un esempio è: “Immagina un mondo senza energia elettrica: come cambierebbero le nostre vite?”. A partire da questa suggestione, lo studente può analizzare le interconnessioni tra scienza, ambiente, economia, tecnologia e società, sviluppando una visione critica e integrata dei problemi contemporanei. La scrittura, in questi casi, diventa luogo di connessione tra sapere, etica e responsabilità, contribuendo a formare cittadini consapevoli, capaci di orientarsi con autonomia nel pensiero e nell’azione.

Scrittura metacognitiva: pensare a ciò che si è scritto

Oltre alla produzione del testo, è fondamentale promuovere la riflessione sul processo stesso della scrittura, affinché essa non sia percepita come un semplice compito da svolgere, ma come un percorso di consapevolezza in cui lo studente diventa protagonista attivo del proprio apprendimento. La scrittura, infatti, non è solo un prodotto, ma anche e soprattutto un processo  fatto di scelte, revisioni, tentativi, dubbi, intuizioni. In quest’ottica, assumono un ruolo centrale i prompt metacognitivi, ovvero quegli stimoli che invitano a pensare su come si è pensato, su ciò che si è fatto e sulle ragioni di certe decisioni compositive.

Domande come “Cosa hai imparato scrivendo questo testo?”, “Quali parti ti hanno messo in difficoltà?”, “Cosa ti è piaciuto scrivere di più?”, “In che modo potresti migliorarlo?” aprono uno spazio riflessivo che accompagna la scrittura verso una dimensione più profonda e duratura. L’obiettivo non è semplicemente correggere, ma comprendere: comprendere il proprio stile, le strategie che funzionano, gli ostacoli incontrati e i passi compiuti per superarli. In questo modo, l’errore non è più un fallimento da nascondere, ma un’opportunità di crescita, un indicatore prezioso per orientare il cammino.

L’intelligenza artificiale può giocare un ruolo cruciale anche in questa fase, generando domande metacognitive in modo adattivo, calibrate sul contenuto del testo, sul registro linguistico utilizzato, sulle emozioni espresse o sulle strutture narrative impiegate. Questo consente un’interazione più personalizzata e dinamica, capace di valorizzare le unicità di ogni studente e di stimolare un dialogo interiore autentico. La scrittura, così, si trasforma in una forma di autoconoscenza, in un diario di bordo che accompagna il percorso cognitivo e affettivo dell’alunno.

Secondo le neuroscienze educative, la metacognizione è uno dei fattori più rilevanti per consolidare gli apprendimenti a lungo termine. Essa attiva le funzioni esecutive del cervello, rafforza i circuiti della memoria e potenzia la capacità di problem solving. Sviluppare la capacità di riflettere sul proprio pensiero significa potenziare l’autoefficacia, cioè la fiducia nelle proprie risorse, e sviluppare l’autonomia nell’apprendere. Scrivere per riflettere su come si scrive non è un’attività accessoria, ma un passaggio fondamentale per la crescita personale e scolastica, spesso trascurato nella pratica quotidiana.

Favorire spazi di metacognizione nella scuola primaria significa seminare precocemente il gusto per l’esplorazione interiore, il senso critico, la capacità di auto-valutarsi in modo costruttivo. In un mondo sempre più veloce e frammentato, educare i bambini a rallentare, a rileggersi, a interrogarsi su ciò che sentono e pensano, rappresenta una scelta pedagogica coraggiosa e necessaria. È proprio in questa prospettiva che la scrittura torna a essere ciò che dovrebbe essere: un atto formativo integrale, in cui linguaggio, pensiero ed emozione si intrecciano per costruire conoscenza e consapevolezza di sé.

Conclusione: una nuova grammatica del pensiero

L’intelligenza artificiale non sostituisce l’atto di scrivere, né può rimpiazzare la complessità dell’esperienza umana che si riflette nei testi. Tuttavia, se integrata in modo critico e consapevole, può diventare un potente alleato pedagogico, capace di accompagnare e arricchire il processo di scrittura. I prompt generativi, quando progettati con competenza e sensibilità didattica, diventano ponti tra sapere e immaginazione, tra disciplina e interiorità, tra scuola e vita. Offrono stimoli dinamici, personalizzabili e inclusivi, che permettono allo studente di attivare la propria voce e di sviluppare una scrittura autentica, capace di connettere emozione, riflessione e conoscenza.

Scrivere per apprendere, con l’aiuto dell’IA, significa riconoscere nella parola scritta non soltanto un prodotto, ma un processo in divenire, una forma di pensiero e un atto di consapevolezza. Significa restituire centralità al pensiero lento, alla capacità di fermarsi, di osservare, di riformulare. Significa anche educare allo spirito critico, alla responsabilità etica e alla profondità creativa, in un’epoca dominata dall’immediatezza e dalla superficialità. La scrittura resta, oggi più che mai, un atto profondamente umano, capace di costruire senso, identità e visione del mondo. E grazie ai nuovi strumenti digitali, può diventare anche un atto ancora più inclusivo, dialogico e trasformativo.

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