IL DOCENTE DI SOSTEGNO NON È UN MISSIONARIO

Il DM n. 32 del 26 febbraio 2025 avente ad oggetto la conferma del docente di sostegno, per garantire la continuità didattica dell’alunno con disabilità, è un provvedimento ipocritamente giustificato per aiutare gli alunni fragili, quando rappresenta, al contrario, un altro tassello del tentativo, da parte del Governo, di sacrificare la scuola pubblica agli interessi privati. Chi opera nella scuola secondaria di secondo grado quale docente di sostegno, conosce a menadito i meccanismi perversi che tale misura rischia di comportare. Uno per tutti: il clientelismo e il ricatto. Il Governo, con queste decisioni, dimostra di non riconoscere, per propria storia e cultura, l’importanza di questa figura, tranne che per aspetti di carattere prettamente assistenziali. Il docente di sostegno, invece, è una figura professionale di tutta la classe che svolge il proprio lavoro sulla base di scelte metodologiche e strategie didattiche che solo egli può conoscere, con riferimento al singolo alunno, abilitato alla propria disciplina, che ha superato concorsi e specializzazioni, inserito in una graduatoria, con un punteggio derivante dai titoli posseduti e dai servizi svolti. Questi ultimi consentono al docente di precedere un collega riguardo alla stipula di un contratto a tempo determinato, garantendogli un diritto alla nomina. Il decreto, capovolgendo i canoni giuridici costituzionali, ribalta in modo sconsiderato il principio della precedenza nelle graduatorie sulla base dei punteggi acquisiti e tenta di aprire un primo varco alla stipula di contratti a termine basati sulla discrezionalità, che, seppur limitata dal presupposto necessario di avere il diritto alla chiamata dalle Gps, pregiudica altri consequenziali diritti degli aspiranti docenti che hanno un punteggio maggiore di chi li segue. Il senso logico sottostante all’esistenza di una graduatoria sta proprio nel fatto di assegnare un determinato posto ad un docente che ne ha fatto richiesta sulla base di scelte soggettive, dettate da elementi oggettivi quali titoli e servizi posseduti, che incidono sul soddisfacimento di quelle scelte. L’esempio principe è rappresentato dalla volontà del docente (che non è un missionario), di lavorare vicino casa, o meno lontano, per esigenze familiari. Il diritto alla nomina, prima facie, sembrerebbe non essere pregiudicato dal decreto ministeriale, che ne fa previsione esplicita quale presupposto comunque necessario per poter essere confermati dalle famiglie dell’alunno diversamente abili. Ed infatti esso non viene pregiudicato con riferimento al docente confermato sul posto di sostegno, al contrario viene leso riguardo a chi precederebbe in graduatoria quel docente, proprio perché il diritto alla nomina assorbe delle corsie preferenziali (vedi scuola più vicino alla dimora) che, se non applicate, lo svuoterebbero di significato e valenza giuridica.Si immagini un docente precario che desidera vedere confermato il proprio posto in una determinata scuola, indotto da esigenze affettive o di studio, quale serenità di approccio operativo potrebbe avere nei confronti dell’alunno che segue, sottoposto alla lente d’ingrandimento dei genitori ?! Il rischio è quello di finire col captare la loro benevolenza o essere ricattabile, un discapito della professionalità. Soddisfare un’esigenza, come vivere vicino alla propria famiglia, non è egoismo, non è mancanza di sensibilità nei confronti di un alunno, è avere la serenità di poter operare in modo professionale. Basta osservare i movimenti degli insegnanti quando si rinnovano le GPS. Un insegnante soggetto al giudizio della famiglia come potrà garantire all’alunno, per il suo bene, un’attività didattica obiettiva e scevra dai desiderata di quella famiglia? Questo Governo dimentica che il genitore ha diritto ad essere ascoltato, ma, conferendo allo stesso la facoltà di chiedere la conferma del docente, finisce con l’indurlo ad intervenire su aspetti tecnici della didattica. Non tutti i genitori riescono a comprendere il lavoro di un insegnante che finirebbe con l’essere condizionato nel proprio operato, con conseguente danno per il proprio alunno. Veniamo ora alle
possibili violazioni normative che discendono dal decreto:
1. Principio di imparzialità e buon andamento della Pubblica Amministrazione (Art. 97 Costituzione):
La scelta del personale docente è tradizionalmente basata su criteri oggettivi e procedure concorsuali per garantire imparzialità. Consentire alle famiglie di influenzare tali decisioni potrebbe compromettere questo principio.
2. Accesso al pubblico impiego tramite concorso (Art. 97, comma 3, Costituzione):
La conferma dei docenti a tempo determinato su richiesta delle famiglie potrebbe essere vista come una deroga al principio del concorso pubblico, creando potenziali disparità tra docenti.
3. Rispetto delle graduatorie e delle procedure di assegnazione (DM 131/2007):
Le attuali normative prevedono l’assegnazione dei docenti basata su graduatorie e punteggi. L’intervento delle famiglie potrebbe alterare questo equilibrio, causando possibili contenziosi. Un esempio pratico: un docente lavora 4 anni a Milano nominato da Gps. Decide di fare domanda di inserimento nelle graduatorie della provincia di Napoli perché moglie e figli vivono in quella città. Nonostante abbia un punteggio più alto in graduatoria, rispetto a un collega, potrebbe trovarsi costretto a lavorare a molti chilometri distanti dalla sua città a favore del docente che ha un punteggio inferiore, magari giovane e senza carichi familiari, confermato sull’alunno, ed interessato anch’egli ad operare il più vicino possibile alla città di Napoli.
Infine: il principio di continuità perché non dovrebbe valere anche per gli studenti normodotati che ogni anno, a proprio discapito, vedono cambiare i docenti nelle varie discipline? È certamente comprensibile che le famiglie sostengano le scelte del ministro Valditara in un’ottica genitoriale/protettiva e non didattica, ciò che non è comprensibile è che si contravvenga ai più elementari principi dello Stato di diritto. E i sindacati? Quelli vivono sulle verze. Due più due fa quattro.
Prof. Giuseppe Racco (docente di sostegno e abilitato nelle discipline giuridiche ed economiche)
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