Referendum 8 e 9 giugno 2025

Scuola Lavoro e Libertà intende esprimere il proprio deciso disappunto sull’atteggiamento assunto dalle forze politiche di maggioranza relativamente alla questione del Referendum che si terrà nelle date dell’8 e 9 giugno 2025.

Il referendum in questione propone 5 quesiti abrogativi di cui uno relativo al periodo di residenza regolare in Italia necessario per poter acquisire la cittadinanza, mentre gli altri 4 vertono sul tema del lavoro, trattando rispettivamente i problemi dei licenziamenti illegittimi e del reintegro sul posto di lavoro, dell’indennità relativa ai licenziamenti illegittimi nelle aziende con meno di 15 dipendenti, del precariato e rinnovo dei contratti a termine e, in ultimo, della responsabilità solidale di committente, appaltatore e subappaltatore relativa agli infortuni sul lavoro.

Ora, al di là della materia trattata dai referendum in questione, che naturalmente può interessare o meno a seconda della sensibilità personale su determinati argomenti, anche se in particolare il tema del lavoro dovrebbe interessare praticamente a tutti, non si riesce proprio a capire come, davanti a una chiamata alle urne per un referendum che per definizione costituisce la massima espressione di un sistema democratico, i politici facenti parte della maggioranza possano invitare i cittadini all’astensionismo.

Non è infatti ammissibile che i massimi rappresentanti delle istituzioni del nostro Paese ritengano che i cittadini non debbano esprimere, nella direzione del SI o del NO, il proprio parere su temi scottanti come quelli delle tutele e dei diritti sul lavoro, oltre che su quello dell’immigrazione. L’art. 48 della Costituzione afferma infatti che il voto è personale, eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico, e la legge stabilisce requisiti e modalità per l’esercizio. 

Si ritiene quindi che invitare gli elettori a non votare sia profondamente immorale oltre che anticostituzionale, soprattutto se a spingere in questa direzione sia proprio chi invece dovrebbe essere il primo punto di riferimento per la tutela di una sana democrazia, in quanto delegato dagli stessi elettori (anche se proprio grazie all’astensionismo).

Ma veniamo ora al quesito sul precariato e sul rinnovo dei contratti a termine.

Il quesito referendario n. 3 sul precariato riguarda anche il settore pubblico e la Scuola. Questo quesito si concentra su una serie di norme riguardanti il lavoro precario, in particolare per quanto riguarda i contratti a termine e la stabilizzazione dei lavoratori precari, in cui sono inclusi anche i lavoratori del settore pubblico, tra cui gli insegnanti.

Il quesito propone di eliminare alcune disposizioni che rendono difficile la stabilizzazione dei lavoratori precari, specialmente quelli che operano nel settore pubblico e nella scuola, e si cerca di favorire l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori che ricoprono posti a lungo termine con contratti temporanei.

Pertanto, l’abrogazione della norma specifica, anche se da sola non risolverebbe tutti i problemi dei lavoratori della Scuola, avrebbe impatti significativi anche sulla situazione degli insegnanti precari e dei lavoratori nel settore pubblico in generale.

Ora, pur essendo ormai tutti consapevoli che chi ha fatto la campagna elettorale nel 2022, promettendo la stabilizzazione dei docenti precari, ha chiaramente disatteso tutte le promesse fatte agli elettori, si nota che i politici al governo non solo dimostrano di non interessarsi assolutamente ai problemi dei lavoratori precari storici ma, addirittura, cercano di boicottare qualunque iniziativa che porterebbe a un miglioramento della situazione. Si rende cosi chiara l’intenzione, da parte delle forze politiche di maggioranza, di voler tagliare definitivamente fuori dal mercato del lavoro tutti quei docenti che per almeno un decennio hanno tenuto in piedi la Scuola e, inoltre, di voler basare strutturalmente e definitivamente il sistema di Istruzione Pubblica sullo sfruttamento del lavoro precario che, ad oggi, interessa circa un quarto di tutti gli insegnanti. È altresì cristallino che qualche provvedimento sporadico a vantaggio di pochi eletti appartenenti a qualche micro categoria, sia solo fumo negli occhi.

Si invitano pertanto tutti i docenti, precari e non, a recarsi alle urne per esprimersi sui quesiti referendari, così come Costituzione prevede, al fine di esercitare i propri diritti democratici e di non sottrarsi ai propri doveri previsti dalla Legge Fondamentale dello Stato. Tutti dovrebbero inoltre impegnarsi a sensibilizzare sull’importanza di questo e di tutti i referendum, invitando a loro volta a recarsi alle urne in nome della democrazia.

Qualunque decisione personale presa in una direzione diversa da questa, che ovviamente tende solo al raggiungimento di obiettivi personali ottenibili per vie traverse, è indiscutibilmente nemica della democrazia, ostile ai lavoratori e sprezzante dei diritti umani.

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