J. Nesbø, Sangue e neve

Nesbø, un Natale da thriller
di Antonio Stanca
È comparsa di recente, per conto di Mondadori Libri su licenza Einaudi, una nuova edizione di Sangue e neve, thriller dello scrittore norvegese Jo Nesbø. La traduzione è di Eva Kampmann. Nesbø lo aveva pubblicato nel 2015, quando aveva cinquantacinque anni e molto tempo era trascorso da quel 1997 che con Il pipistrello era stato l’anno del suo esordio nella narrativa. Il pipistrello aveva avuto un successo immediato, lo avevano seguito altri romanzi gialli che pure erano riusciti bene. Fortunata era stata dopo anche la serie dei thriller della quale avevano fatto parte Sangue e neve e Sole di mezzanotte. Infine si era arrivati all’horror con La casa delle tenebre e a romanzi per ragazzi, racconti e saggi. Se si tiene conto che prima di dedicarsi a tanta scrittura Nesbø aveva svolto, fin da giovanissimo, molte attività, da quelle sportive ad altre in borsa, in televisione, al cinema, ai giornali, in ambito musicale, si deduce quanto impegno sia egli incline a profondere. Un impegno vario, di genere diverso. Anche la produzione narrativa lo conferma, è iniziata in modi che poi sono cambiati, hanno avuto sviluppi, esiti diversi. Non tanto, però, da non permettere di cogliere ovunque, in ogni opera, le tracce di un motivo che ritorna, si ripete. È quello di un autore che aspira a recuperare, salvare quanto di buono, di giusto, di vero, di sano sia ancora possibile in una vita, una società, un mondo come il moderno che sta assistendo alla sconfitta, alla perdita dei valori morali, spirituali. Sempre gli erano appartenuti, erano stati riferimenti fondamentali, unici. Sostituiti venivano ormai da esigenze, interessi concreti, materiali. Era il prezzo richiesto dai tempi, dal progresso, dalla nuova storia alla quale Nesbø, nato a Oslo nel 1960, era chiamato ad assistere e alla quale non riusciva a rassegnarsi. Dal bisogno di non vedere finiti, persi l’animo, lo spirito di sempre verrà nello scrittore la tendenza a cercarli in ogni opera, a qualunque periodo o genere appartenesse. Era una sua necessità, erano i temi che gli avrebbero procurato milioni di lettori, di traduzioni, che gli avrebbero fatto ottenere infiniti riconoscimenti. Anche in Sangue e neve sarebbe affiorata questa necessità, sarebbe avvenuto nella parte finale della narrazione quando, nella Oslo dei freddissimi giorni di poco precedenti uno dei Natali degli ultimi anni Settanta quell’Olav, che era stato il protagonista dell’opera, che era passato tra tante situazioni, tante persone, tanti frangenti, tanti pericoli, che aveva fatto il killer, il liquidatore per boss diversi, che in fin di vita era giunto più volte, è mostrato che si trascina gravemente ferito per le vie notturne, deserte di una città isolata dalla neve, che è in attesa della morte. Questa volta non ci sarebbe stato scampo, niente gliela poteva evitare. Non sarebbe stata, tuttavia, come l’aveva prevista, cioè una morte dolorosa, atroce, molto sofferta, molto lenta. Anche per lui ci sarebbe stato un rimedio, un aiuto. Sarebbe venuto da una vecchia amica con la quale non aveva smesso d’incontrarsi giacché tanto buoni erano sempre stati i pensieri, i sentimenti di lei che vi aveva trovato rifugio, conforto specie quando sconvolto si era sentito da quanto di cattivo, di oscuro gli succedeva. Due anime uguali erano state le loro e per questo si erano ritrovate, si erano aiutate, non si erano dimenticate nonostante fossero state lontane per qualche tempo. Il loro era quel bene che Nesbø non aveva cessato di perseguire nelle sue opere, quello che era convinto potesse salvare anche nelle situazioni estreme, potesse vincere anche sul male più efferato. Lo avrebbe fatto vedere pure stavolta, un’altra conferma sarebbe venuta a quella che era ormai una sua convinzione. Non si sentiva completamente solo di fronte ai pericoli sopravvenuti con i tempi, non vedeva scomparso ogni aiuto, non sapeva quale forma avrebbe assunto, in quale modo si sarebbe manifestato ma non aveva rinunciato ad attenderlo.
Un messaggio religioso diventa quello dello scrittore norvegese, tanta importanza gli attribuisce da crederlo capace di superare anche vicende cruente, anche scontri tra bande rivali che si contendono il mercato della droga in posti lontani, ai limiti del mondo conosciuto.
Solo una religione può non aver paura, può pensare di farcela in circostanze, in posti simili!
Solo uno spirito così acceso come quello di Nesbø può credere di riuscirci!
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