La scuola è sempre più in mano a DS incapaci di garantire il benessere lavorativo, ma abili ad imporre attività per tornaconto personale, la lettera

Alla cortese attenzione della Redazione,

scrivo per esprimere una riflessione, purtroppo amara, sul ruolo di alcuni dirigenti scolastici che sembrano aver smarrito la missione educativa per seguire logiche di tornaconto personale.

Sempre più frequentemente si assiste a una gestione scolastica improntata non alla crescita della comunità educante, ma alla moltiplicazione dei progetti, spesso finalizzati più a garantire una percentuale fissa di guadagno al dirigente (il noto 10% previsto dalla normativa per la direzione dei progetti), che a rispondere ai reali bisogni formativi degli studenti o al miglioramento dell’ambiente lavorativo per docenti e personale ATA.

Questo approccio ha ricadute evidenti e dannose: scuole trasformate in cantieri di iniziative frammentarie, spesso scollegate tra loro e poco efficaci, docenti coinvolti loro malgrado in progettazioni forzate e carichi di lavoro non riconosciuti, personale ATA dimenticato o trattato con sufficienza, e un clima organizzativo segnato da tensioni, individualismi e scarsa inclusività.

Il dirigente scolastico dovrebbe essere una guida, un punto di riferimento etico e professionale, capace di costruire coesione, valorizzare le risorse umane, ascoltare, mediare. Invece, in troppe realtà, ci troviamo di fronte a figure distanti, chiuse nel loro ufficio, attendente solo alla propria carriera o alle “rendite da progetto”.

Non si può continuare a ignorare questo problema, che mina la qualità dell’istruzione e il benessere di chi ogni giorno lavora nelle scuole. È tempo che si apra una riflessione seria sul ruolo e sulla selezione della dirigenza scolastica, affinché torni ad essere quello che dovrebbe: al servizio della scuola, e non di sé stessa.

Stefania L.

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