Numero, genere e caso in greco antico

Nel sistema linguistico del greco antico, il sostantivo, l’aggettivo, il pronome e il participio si declinano secondo tre categorie fondamentali: genere, numero e caso. Questi tre elementi costituiscono la base della morfologia nominale e svolgono un ruolo cruciale nell’organizzazione della frase, nel determinare i rapporti sintattici tra le parole e nel conferire significato al discorso.

Il genere distingue i sostantivi in maschile, femminile e neutro, non sempre corrispondenti al sesso biologico, ma spesso legati a convenzioni linguistiche. Il numero comprende tre forme: singolare, duale (usato per indicare due entità) e plurale, peculiarità che arricchisce la precisione espressiva della lingua greca. Infine, il caso indica la funzione sintattica della parola nella frase: in greco antico si distinguono cinque casi principali – nominativo, genitivo, dativo, accusativo e vocativo – ciascuno con usi specifici e articolati.

All’interno di quest’articolo provvederemo a fornire un approfondimento circa queste tre peculiarità fondamentali della lingua greca antica, con molti esempi e definizioni.

Il numero

Il numero è una categoria grammaticale che indica la quantità degli elementi a cui si riferisce un nome, un aggettivo, un pronome o un participio. Serve dunque a distinguere quante persone, animali o cose sono coinvolti in un’azione o descritti in una determinata situazione.

La lingua greca conosce tre numeri grammaticali:

  1. Singolare (ἑνικός ἀριθμός) – Indica un solo elemento. È la forma più comune e rappresenta l’entità individuale.
    Esempio: λόγος = “il discorso”
  2. Plurale (πληθυντικός ἀριθμός) – Indica tre o più elementi, considerando l’esistenza del duale che ne indica solo due. È usato per parlare di gruppi, collezioni o insiemi.
    Esempio: λόγοι = “i discorsi”
  3. Duale (δυϊκός ἀριθμός) – Indica esattamente due elementi, spesso usato in testi più arcaici (come l’epica o il greco omerico). Nel greco classico tende a scomparire, ma resta presente in alcune forme soprattutto nei sostantivi e nei pronomi.
    Esempio: λόγω = “due discorsi”

Il numero influenza direttamente la forma delle desinenze, e si accorda in modo coerente tra nome, aggettivo, pronome e verbo. Questo accordo morfologico è uno dei tratti distintivi della sintassi greca: il corretto riconoscimento del numero è quindi essenziale per comprendere il significato di una frase e le relazioni tra i suoi costituenti.

Il genere

Il genere è una categoria grammaticale che serve a classificare i nomi, aggettivi, pronomi e participi in base a tre possibilità: maschile, femminile e neutro. Non va confuso con il genere biologico: in molti casi, infatti, il genere grammaticale segue logiche interne alla lingua, non sempre riconducibili al significato reale della parola.

Esistono ben tre generi:

  1. Maschile (ἄρρην o ἀρσενικός γένος)
    Comprende parole che indicano esseri di sesso maschile (παιδός = “ragazzo”) ma anche oggetti o concetti maschili per convenzione (λόγος = “discorso”).
  2. Femminile (θῆλυ o θηλυκόν γένος)
    Riguarda esseri femminili (γυνή = “donna”) e anche realtà grammaticalmente femminili (τιμή = “onore”).
  3. Neutro (οὐδέτερον γένος)
    Indica oggetti inanimati, concetti astratti o collettivi (τέκνον = “bambino”, δῶρον = “dono”). Una caratteristica particolare è che i neutri plurali richiedono il verbo al singolare.

Ogni sostantivo in greco ha un genere fisso, che influisce sull’accordo con aggettivi, pronomi e verbi. L’identificazione corretta del genere è fondamentale per la traduzione e per la comprensione delle strutture sintattiche.
Inoltre, il genere può essere indiziato dalla desinenza (es. -ος spesso maschile, -η e -α femminile, -ον neutro), ma non sempre: ci sono molte eccezioni e irregolarità, che lo studente deve imparare a riconoscere con l’esperienza.

Il caso

Il caso è una categoria grammaticale fondamentale del greco antico che indica la funzione sintattica di un nome, aggettivo, pronome o participio all’interno della frase. Ogni parola variabile del gruppo nominale assume una desinenza diversa a seconda del suo ruolo logico, come soggetto, complemento, termine d’interesse o oggetto diretto.

Il greco antico distingue cinque casi principali, ciascuno con proprie funzioni specifiche:

1. Nominativo (ὀνομαστική)

  • Funzione principale: soggetto della frase o nome del predicato.
  • Esempio: ὁ λόγος καλός ἐστιν = “il discorso è bello”.

2. Genitivo (γενική)

  • Funzione: specificazione, possesso, origine, materia.
  • Esempio: ἡ σοφία τοῦ ἀνθρώπου = “la saggezza dell’uomo”.

3. Dativo (δοτική)

  • Funzione: complemento di termine, mezzo, causa, fine.
  • Esempio: δίδωμι τῷ παιδί = “do al bambino”.

4. Accusativo (αἰτιατική)

  • Funzione: complemento oggetto, moto a luogo, estensione nel tempo e nello spazio.
  • Esempio: βλέπω τὸν φίλον = “vedo l’amico”.

5. Vocativo (κλητική)

  • Funzione: invocazione diretta, chiamata.
  • Esempio: ὦ φίλε, τί ποιεῖς; = “o amico, che fai?”

In greco, l’ordine delle parole può essere relativamente libero proprio grazie alla presenza del sistema dei casi, che permette di riconoscere il ruolo di ogni elemento indipendentemente dalla posizione. Questo rende il caso uno strumento essenziale per decifrare la struttura logica della frase. Nel numero duale, esistono forme proprie per nominativo, accusativo e vocativo (che spesso coincidono), e una forma unica per genitivo e dativo.

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All’interno della grammatica greca antica, di cui puoi trovare vari approfondimenti all’interno del nostro blog, l’articolo riveste un ruolo di primaria importanza. Ben più ricco e sfaccettato rispetto a quello italiano, esso non si limita a introdurre il nome, ma ne specifica il genere, il numero e il caso, contribuendo in maniera decisiva alla costruzione del significato all’interno della frase.

Lo studio dell’articolo è quindi fondamentale per chiunque si approcci alla lingua greca, poiché consente di cogliere sfumature sintattiche e stilistiche spesso decisive nella comprensione del testo. In questo contributo, si offrirà una panoramica completa sull’articolo greco, analizzandone le forme, le funzioni principali e gli usi più caratteristici nella lingua dei classici.

Definizioni articoli

Articolo determinativo

L’articolo determinativo del greco antico è una parte variabile del discorso che precede il nome per determinarlo e individuarlo in modo preciso. Esso si declina in genere, numero e caso, concordando sempre con il sostantivo a cui si riferisce.

Articolo indeterminativo

A differenza dell’italiano, la lingua greca conosce soltanto l’articolo determinativo; l’assenza dell’articolo o l’uso del pronome indefinito τις, τι assume la funzione di rendere l’indeterminatezza. Anche quest’”articolo” ha un ruolo fondamentale sia nella struttura sintattica della frase sia nella resa stilistica del testo.

Usi degli articoli

Per comprendere in che modo gli articoli vengano utilizzati, è necessario considerare alcune frasi italiane in cui l’articolo fa la differenza nel determinare il significato:1a. Il poeta scrive versi1b. Un poeta scrive versi2a. La donna entra nella casa2b. Una donna entra in una casa

Nei primi due esempi (1a e 2a), l’articolo determinativo (“il”, “la”) indica che si sta parlando di un soggetto già noto o specifico. Nei secondi (2a e 2b), invece, l’articolo indeterminativo (“un”, “una”) introduce un soggetto generico o non identificato.

Se traduciamo queste frasi in greco antico, notiamo subito una differenza sostanziale: la lingua greca dispone esclusivamente dell’articolo determinativo. L’idea di indeterminatezza non è resa da un articolo specifico, bensì dall’assenza dell’articolo stesso o, talvolta, dall’uso del pronome indefinito τις, τι (che può essere reso in italiano con “un certo”, “qualche”, “un tale”).

Vediamo alcuni esempi:1a. Ὁ ποιητής γράφει στίχους – Il poeta scrive versi1b1. Tις ποιητής γράφει στίχους – Un poeta scrive versi2a. Ἡ γυνὴ εἰσέρχεται εἰς τὴν οἰκίαν – La donna entra nella casa2b. Tις γυνὴ εἰσέρχεται εἰς οἰκίαν – Una donna entra in una casa

Come si può notare, come riporta il libro Instant greco antico di Roberta Meneghel, in greco l’articolo determinativo precede sempre il sostantivo e concorda con esso in genere, numero e caso. La sua corretta declinazione è dunque essenziale per comprendere la struttura della frase e il ruolo sintattico dei vari elementi.

Declinazione articoli determinativi

Singolare

CasoMaschileFemminileNeutroNominativoὁἡτόGenitivoτοῦτῆςτοῦDativoτῷτῇτῷAccusativoτόντήντόVocativo–––

Duale

CasoMaschile / Neutro/FemminileNomin./Acc.τώGen./Dat.τοῖν

Plurale

CasoMaschileFemminileNeutroNominativoοἱαἱτάGenitivoτῶντῶντῶνDativoτοῖςταῖςτοῖςAccusativoτούςτάςτάVocativo–––

Considerazioni specifiche

Dall’analisi della tabella, emergono alcune osservazioni interessanti che aiutano a comprendere meglio il funzionamento dell’articolo greco antico:

Le forme del nominativo singolare e plurale maschile e femminile (ὁ, ἡ, οἱ, αἱ) non portano accento e sono definite proclitiche: si appoggiano foneticamente alla parola successiva, formando con essa un’unica unità prosodica. Anche in italiano, del resto, è raro separare l’articolo dal nome con una pausa: difficilmente, ad esempio, pronunciamo “il … soldato” come due entità distinte.

Nel genere neutro, il nominativo e l’accusativo presentano forme identiche, sia al singolare che al plurale. Inoltre, nei casi obliqui (genitivo e dativo), le forme neutre coincidono perfettamente con quelle maschili.

Un altro elemento degno di nota riguarda l’accentazione: nei casi diretti (nominativo e accusativo), le forme che non sono proclitiche portano sempre l’accento acuto; nei casi obliqui (genitivo e dativo), invece, l’articolo è accentato con il circonflesso.

Infine, è importante precisare che il vocativo in greco non ha un proprio articolo. Nella tabella, la presenza della forma ὦ ha solo valore illustrativo: si tratta in realtà di un’interiezione usata per richiamare l’attenzione della persona interpellata, non di un articolo vero e proprio.

Declinazione articoli indeterminativi

Singolare

CasoMasch./Femm.NeutroNominativoτιςτιGenitivoτινος (του)τινοςDativoτινιτινιAccusativoτινατι

Duale (maschile/femminile/neutro: identiche per entrambi i generi)

CasoFormaNominativo/AccusativoτινεGenitivo/Dativoτοιν

Plurale

CasoMasch./Femm.NeutroNominativoτινεςτιναGenitivoτινωντινωνDativoτισι(ν)τισι(ν)Accusativoτιναςτινα

Considerazioni specifiche

Le forme duali sono poco usate con il pronome τις/τι, ma seguono regole analoghe agli aggettivi della terza declinazione.

Questo pronome è enclitico nelle forme semplici (τις, τι), cioè si appoggia alla parola precedente e può perdere l’accento. Va distinto dal pronome interrogativo τίς, τί? (con accento), che significa “chi?”, “che cosa?”.

Usi dell’articolo greco determinativo dell’antico greco

Uso con nomi comuni

L’articolo determinativo greco precede sempre il sostantivo a cui si riferisce, e concorda con esso in genere, numero e caso.

Esempi:

ἡ εἰρήνη → la pace (nominativo singolare femminile, soggetto)

τοῦ λόγου → del discorso (genitivo singolare maschile)

τῇ τέχνῃ → all’arte (dativo singolare femminile)

τῶν μαθητῶν → dei discepoli (genitivo plurale maschile)

τοῖς νόμοις → alle leggi (dativo plurale maschile)

τὰ βιβλία → i libri (nominativo/accusativo plurale neutro)

ὦ πάτερ → o padre (vocativo singolare maschile, senza articolo vero e proprio: si usa ὦ come interiezione)

Uso con nomi propri e geografici

A differenza dell’italiano, in greco l’articolo si usa spesso davanti ai nomi propri, soprattutto se si tratta di personaggi celebri o già noti nel discorso.

Esempi:

ὁ Πλάτων → (il) Platone

ἡ Ἀφροδίτη → (la) Afrodite

Anche i nomi geografici – comprese le città – richiedono l’articolo:

ἡ Ἑλλὰς → la Grecia

ἡ Θῆβαι → Tebe

τῆς Κορίνθου → di Corinto

Funzione sostantivante dell’articolo

In greco, l’articolo può precedere altre parti del discorso, trasformandole in sostantivi. Questo fenomeno si chiama sostantivazione e si ritrova anche in italiano (il bello, i buoni, il sapere…).

▸ Con aggettivi:

ὁ σοφὸς → il saggio

οἱ δυνατοί → i potenti

τὸ καλόν → il bello

▸ Con verbi (infinito o participio):

τὸ μαθεῖν → l’imparare

ὁ γράφων → colui che scrive / lo scrivente

▸ Con avverbi:

οἱ νῦν → quelli di adesso, i contemporanei

οἱ πάλαι → gli antichi

Funzione pronominale residua

Nel greco classico, l’articolo conserva in alcuni casi una funzione pronominale, ereditata dalla lingua omerica. Questo avviene in costruzioni con particelle correlative oppure in particolari espressioni fisse.

▸ Con μέν… δέ:

οἱ μὲν… οἱ δὲ → gli uni… gli altri

τοῦ μὲν… τοῦ δὲ → dell’uno… dell’altro

Esempio illustrativo (adattato):Un tale aveva due cavalli: l’uno lo addestrava alla guerra, l’altro lo utilizzava per le parate.

τις ἔχων δύο ἵππους, τὸν μὲν εἰς πόλεμον ἐπαίδευεν, τὸν δὲ εἰς ἐορτὴν ἐκόσμει.

▸ Con articolo a inizio frase (senza sostantivo espresso):

ὁ δὲ ἔλεγε… → Egli allora disse…

▸ Con avverbi e sintagmi preposizionali:

L’articolo può introdurre avverbi di tempo, luogo o intere espressioni preposizionali, trasformandoli in gruppi sostantivati.

οἱ ἄνω → coloro che stanno sopra (gli dei celesti)

οἱ κάτω → quelli che stanno sotto (i morti, gli inferi)

οἱ σύν ἐμοί → coloro che sono con me (i miei compagni)

οἱ ἐν τῇ ἀγορᾷ → quelli nella piazza (i cittadini, o chi frequenta il mercato)

La morfologia greca

La morfologia greca è la branca della linguistica che studia la struttura e le variazioni delle parole nella lingua greca antica. Essa comprende sia la morfologia flessionale, che analizza le modifiche delle parole per indicare categorie grammaticali, sia la morfologia derivazionale, che spiega la formazione di nuove parole attraverso prefissi e suffissi.

Il greco antico è difatti una lingua flessiva e sintetica, in quanto utilizza molte desinenze e modificazioni interne per esprimere le relazioni grammaticali tra le parole. Questo lo distingue dalle lingue più analitiche, come l’italiano moderno, dove il significato dipende maggiormente dall’ordine delle parole e dall’uso di preposizioni e ausiliari.

All’interno di questo articolo osserveremo insieme il concetto di morfologia, aiutandoti nella comprensione di quest’argomento, fornendoti numerose definizioni ed esempi. Presenteremo in modo generico i concetti di genere, numero, caso, persona e declinazione. Pertanto, qualora tu voglia approfondire in modo dettagliato ogni concetto qui presente ti invitiamo a restare attivo all’interno del nostro blog e attendere che vengano pubblicati i successivi.

Definizione

Come afferma il libro Nuovi itinerari alla scoperta del greco di Francesco Michelazzo, la morfologia è lo studio delle forme linguistiche e, in senso ampio, potrebbe riferirsi a qualsiasi aspetto del linguaggio, poiché esso stesso è un sistema di segni che trasmettono significati. Tuttavia, in ambito linguistico, il termine si concentra sull’aspetto delle parole, sulla loro classificazione in categorie grammaticali (come sostantivi, aggettivi, verbi, avverbi) e sui meccanismi che ne regolano le variazioni, come declinazioni e coniugazioni.

Ogni lingua deve affrontare il problema di rappresentare una realtà complessa e in continua evoluzione, fatta di eventi, concetti e situazioni potenzialmente infiniti. In teoria, esistono due modi per farlo:

creare una parola completamente diversa per ogni singolo elemento della realtà, ad esempio utilizzando termini distinti per cavallo, cavalli, cavalla, cavallino, cavalcare senza alcun legame tra loro.

utilizzare un sistema più flessibile, in cui un numero limitato di elementi di base viene combinato attraverso suffissi, desinenze e altre modifiche, permettendo di esprimere un’ampia gamma di significati a partire da una radice comune (come cavall- per le varianti precedenti).

La seconda soluzione è l’unica praticabile ed è proprio qui che entra in gioco la morfologia, che sarebbe superflua se ogni parola fosse completamente slegata dalle altre.

La modularità

L’organizzazione modulare, ossia quel principio strutturale secondo cui un sistema complesso è suddiviso in moduli indipendenti, ognuno dei quali svolge una funzione specifica e può essere combinato con altri per formare un’unità più ampia e flessibile, può avvenire in modi diversi. Nel greco antico, i principali meccanismi sono:

formazione di famiglie di parole attorno a una radice comune, che può subire variazioni fonetiche (fenomeno noto come apofonia o alternanza vocalica). Ad esempio, dalla radice leg/log derivano il verbo λέγω (“dire”) e il sostantivo λόγος (“parola, discorso”). A volte, la radice si amplia con l’aggiunta di suffissi, come nel caso di λέξις (“espressione, stile”), ottenuto dalla stessa base con il suffisso -σις;

sistema di flessione nominale e verbale, in cui un elemento stabile (tema) si combina con desinenze variabili per indicare categorie grammaticali come genere, numero e caso nei nomi (declinazione) o tempo, modo e persona nei verbi (coniugazione);

esistenza di forme espressive ridondanti, che vanno contro la tendenza all’economicità. Un esempio è la presenza di verbi politematici, che usano radici diverse per esprimere lo stesso concetto.

Mentre il sistema basato sulle radici influisce principalmente sulla morfologia e sul significato delle parole, la flessione ha un impatto più diretto sulla sintassi e sull’uso delle parole nel contesto comunicativo. Sono proprio questi gli aspetti su cui ci soffermeremo nei prossimi paragrafi.

La flessione nominale

Nello studio delle lingue classiche, un elemento centrale è la flessione nominale, un fenomeno che, a differenza della flessione verbale, è oggi molto meno sviluppato nelle lingue moderne. In greco e latino, i nomi non si distinguono solo per numero (singolare, duale, plurale) e genere (maschile, femminile, neutro), ma anche per caso, ovvero diverse forme che indicano la funzione sintattica all’interno della frase (soggetto, complemento oggetto, ecc.).

Per i parlanti moderni, questa caratteristica rappresenta una difficoltà significativa. Oltre alla necessità di memorizzare numerose forme e di riconoscere desinenze che possono corrispondere a più casi, il vero ostacolo è dato dalla grande libertà nell’ordine delle parole. Nelle lingue classiche, l’uso dei casi permette di disporre gli elementi della frase in modo molto flessibile, mentre nelle lingue moderne l’ordine delle parole è spesso fisso e strettamente legato al significato.

Le strategie

Le lingue prive di casi sviluppano due strategie principali:

Un ordine rigido delle parole, come in inglese, dove la sequenza soggetto-verbo-oggetto (SVO) è quasi obbligatoria (John loves Mary non equivale a Mary loves John).

Un ordine più flessibile, ma con variazioni che possono alterare il significato, come in italiano o francese (Giovanni ha offeso Stefano ≠ Stefano ha offeso Giovanni).

Le relazioni

Questa relazione tra ordine e significato si manifesta su due livelli:

Relazioni sintattiche → In italiano, la struttura SVO è quella più comune e variazioni invertono i ruoli logici all’interno della frase.

Relazioni pragmatiche e contestuali → La posizione degli elementi può cambiare il focus della frase. Ad esempio, L’anno scorso sono stato in Giappone risponde a Cosa hai fatto l’anno scorso?, mentre In Giappone sono stato l’anno scorso risponde a Quando sei stato in Giappone?.

Chi parla una lingua moderna è naturalmente portato a interpretare il significato di una frase in base all’ordine delle parole. Questo approccio, però, non è valido per le lingue classiche, dove la sintassi non è guidata da una struttura rigida, ma dalla flessione nominale. Per questo, comprendere una frase in greco o latino richiede un’analisi attenta della funzione di ogni parola, senza poter contare su un ordine prevedibile.

Campi della flessione nominale

Numero e persona

Sia nella morfologia nominale che in quella verbale ritroviamo le categorie di numero e persona.

Per quanto riguarda il numero, il greco, oltre alla classica distinzione singolare/plurale, possiede anche il duale, una forma particolare utilizzata – sebbene con alcune irregolarità – per indicare coppie di elementi strettamente legati tra loro. Tra gli esempi più comuni troviamo parti del corpo come gambe e orecchie, coppie mitologiche come Apollo e Artemide o espressioni che indicano il numero due (δύο) o entrambi (ἀμφότεροι).

Passando alla persona, un aspetto distintivo della lingua greca è l’assenza di un pronome personale specifico per la terza persona al nominativo e la scarsa frequenza di quelli riferiti agli altri casi.

Genere e caso

Caratteristiche singolari alla flessione nominali sono invece il genere e il caso.

Il genere, invece, si divide in maschile, femminile e neutro, con una distinzione tendenziale tra esseri animati (uomini, donne, animali) e cose (oggetti, idee, elementi astratti). Tuttavia, ci sono numerose eccezioni a questa regola, che vedremo pian piano nel corso degli articoli.

Il caso, in conclusione, è una delle caratteristiche più rilevanti del greco antico. La lingua presenta cinque casi principali: nominativo, genitivo, dativo, accusativo e vocativo. Questi sono il risultato di un processo di fusione (detto sincretismo) di funzioni casuali più antiche appartenenti alla lingua indoeuropea.

Distinzione dei casi

Nella morfologia nominale del greco antico, si distingue comunemente tra casi retti e casi obliqui.

Casi retti

I casi retti comprendono il nominativo, l’accusativo e il vocativo. Si definiscono così perché esprimono un legame più diretto con il verbo della frase. Il nominativo è tipicamente usato per il soggetto, mentre l’accusativo per il complemento oggetto. Il vocativo, invece, ha una funzione indipendente ed è usato per rivolgersi direttamente a qualcuno.

Casi obliqui

I casi obliqui includono il genitivo e il dativo. Questi sono considerati meno direttamente connessi con il verbo reggente e spesso introducono complementi indiretti. Il genitivo indica generalmente possesso, origine o relazione, mentre il dativo esprime destinatario, mezzo o vantaggio.

Sebbene questa distinzione possa avere una certa validità dal punto di vista morfologico, non deve influenzare eccessivamente l’analisi sintattica. Esistono infatti numerosi casi in cui anche un complemento retto in genitivo o dativo risulta strettamente legato al verbo, come avviene nei verbi reggenti il genitivo o il dativo (es. ἐπιμελοῦμαι “mi prendo cura di” con il genitivo).

Declinazioni

Il sistema della flessione nominale greca si articola in tre declinazioni principali, che raggruppano i nomi in base alla loro terminazione e alla modalità con cui subiscono le variazioni di caso e numero. In particolare riconosciamo:

prima declinazione: propria dei temi in -α;

seconda declinazione: propria dei temi in -o;

terza declinazione: propria dei temi in consonante, vocale debole o dittongo.

Parole eteroclite

Non tutti i nomi seguono un modello fisso: vi sono parole eteroclite, ovvero termini che presentano forme appartenenti a più declinazioni. Questi nomi irregolari derivano da evoluzioni linguistiche che hanno portato a una mescolanza di caratteristiche declinazionali, rendendo necessario studiarli singolarmente. Un esempio è il nome πατήρ (padre), che pur appartenendo alla terza declinazione, mostra alcune caratteristiche proprie della seconda declinazione.

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